MATVEJEVIC: CHE SORPRESA
MATVEJEVIC: CHE SORPRESA MATVEJEVIC: CHE SORPRESA JIAMO rimasti sorpresi quando nel 1998 è stato pubblicato, in francese e poco tempo dopo in italiano, un'opera postuma di Fernand Braudel, intitolata- Memorie del Mediterraneo (Bompiani, pp. 380, L. 40.000). Scritta nel 1969 per l'editore svizzero Skira, fu poi lasciata da parte, inedita, dimenticata. La nostra sorpresa è aumentata a mano a mano che affrontavamo quel libro inatteso, voluminoso, accompagnato da illustrazioni; lo storico del Mediterraneo s'impegnava nella considerazione della preistoria del Mare Interno, l'autore di tante opere celebri, tradotte in molte lingue (citiamo soltanto tra le traduzioni italiane Civiltà e impe ri del Mediterraneo nell'età di Filippo II, L'Europa e gli Europei, conosciuto per la sua concezione della «longue durée» e la sua opposizione alla «histoire événemensielle» ha cercato nel passato preistorico una «durée» ancora più lunga, quasi illimitata, disseminata di «événements» difficili da circoscrivere, spesso indecifrabili! Nella breve introduzione Braudel stesso fornisce una risposta sul suo «voyage fantastique à travers la longue durée», la «tentation» e la «joie» che esso gli ha offerto. Il percorso di questo storico geniale e generoso è segnato, da una parte, dalla sua erudizione straordinaria e, dall'altra, dal dono di una narrazione sufficientemente saggia da rendersi conto che «la saggezza non è divertente». Per giunta ci rilascia una confessione: «La testimonianza più bella sull'immenso passato del Mediterraneo è quella che ci fornisce il mare stesso. Bisogna vedere il mare è rivederlo». In un dibattito in cui l'esposizione non è mai perentoria e l'interrogazione conta più dell'affermazione, interviene in certi momenti la riflessione apodittica: «Governare significa suscitare malcontento». Ci fa tuffare in «una umanità meticcia, mescolata» da tempi immemorabili, fa rivivere una volta di più «ù* mistero etrusco ancora irrisolto» o d'insolvibile problema dei popoli del mare», quelli che suscitavano paura nella Bibbia, o le popolazioni delle isole - Sardegna, Sicilia, Creta - di quelle isole che sempre l'hanno ossessionato (Durrel chiama quell'ossessione «insulomania»). Alcuni gli rimprovereranno di insistere troppo sui Fenici o sugli Etruschi, sui Greci o sui Romani e di trascurare nel contempo gli Iberi, i Celti o i Liguri. Secondo la scienza dei suoi tempi, è più portato a vedere «mn popolo che arriva'», piuttosto che «un popolo che sta nascendo». Si interessa contemporaneamente ai «montanari che scendono dalle zone alte» sulle sponde e ai «marinai che abbandonano la costa». Rimprovera a Roma di «essersi dispersa oltre ai confini del Mediterraneo» e ciò le sareb¬ be costato più di ogni altra cosa, rendendola vulnerabile. Nell'Archeologia di un passato senza scrittura e privato di memoria, l'utilizzazione del Carbonio 14 ha permesso di correggere molte datazioni e cronologie; le nuove ricerche hanno completato parecchie scoperte e confermato diverse affermazioni. Senza nulla modificare del testo originale, l'edizione di questa opera postuma di Braudel è stata corredata da una prefazione e dalle note dei curatori Jean Guilaine e Pierre Rouillard. La loro collaborazione, discreta e pertinente, offre al libro un apporto apprezzabilissimo. E' un testo che si legge con passione mista e gratitudine. Nella pletora di opere banali dedicate al Mediterraneo, questa di Fernand Braudel non cessa di istruirci e di sorprenderci. Predrag Matvejevic (traduzione di Egi Volterrani)
Persone citate: Braudel, Durrel, Egi Volterrani, Fernand Braudel, Greci, Jean Guilaine, Pierre Rouillard, Predrag Matvejevic
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