La figlia mori in un incidente Il padre si uccide
La figlia mori in un incidente Il padre si uccide Dramma a Latina La figlia mori in un incidente Il padre si uccide LATINA. Si è ucciso per il dolore, sconvolto dalla decisione del pretore di Latina che aveva stabilito che non c'era nessun colpevole per la morte della sua unica figlia, Paola, di 16 anni, avvenuta nel giugno '97 in un incidente provocato dall'auto di scorta di un magistrato dell'Antimafia. E Vittorio Guratti, 46 anni, ieri si è ucciso, impiccandosi nel capannone retrostante la sua abitazione. E' la seconda volta che tentava il suicidio. La giovane Paola era stata travolta mentre era alla guida del proprio ciclomotore al centro di Latina; a fermare la corsa del motorino della ragazza, che non indossava il casco, era stata l'eccessiva velocità di un'Alfa 75, auto civetta della scorta del giudice Antonio Marini; l'auto stava andando a fare rifornimento di carburante in questura. Il 9 marzo l'autista dell auto, Orlando Speranza, era stato assolto dal reato di omicidio colposo. [c. pi affollati di «buchi neri». Molti spostamenti non sarebbero documentati perché le relazioni di servizio degli agenti sono «largamente incompleto e lacunose». 0 pm è stato molto critico, inoltre, sullo testimonianze degli uomini che hanno fatto la scorta ad Andreotti, definendole non sempre «attendibili». Insomma, socondo i pm, le «bugie» di Andreotti (la conoscenza coi cugini Salvo o i tentativi di «depistare» sugli spostamenti) sarebbero una delle prove che danno credibilità ai racconti dei collaboratori Di Maggio, Siine e Mannoia, sui presunti incontri del senatore con Riina o col boss Stefano Hont ade. Dopo lo richieste dei pm, la parola passerà agli avvocati di parte civile, cho rappresentano il Comuno. Poi cominceranno i difensori e si provede un'arringa lunga almeno quanto la requisitoria. Il processo, quindi, potrà considerarsi cliiuso perché ci sarà una pausa c la camera di consiglio. La sentenza è prevista tra fine giugno e la prima metà di luglio. E non mancheranno scontri e polemiche. L'argomento è di quelli cho scatenano dibattiti passionali. Ieri, per esempio, si è registrato un fatto davvero insolito. L'editoriale di prima pagina di «Tam-Tam», periodico culturale di formazione sociale a cura della casa circondariale di Erma, è stato scrit to da un gruppo di detenuti mafiosi in regime di carcere differenziato (cioè sottoposti al «41 bis»). Per la prima volta, dunque, mafiosi acclarati hanno potuto esprimersi sui problemi della giustizia, sposando la tesi della via giudiziaria alla se conda Repubblica attraverso i processi di Milano e di Palermo. «Mani pulite - scrivono i detenuti - non ha portato a niente... il processo Andreotti, nei suoi tre gradi eventuali, finirà quando il senatore a vita sarà S'à morto, por cui finirà con un nitidi fatto. Non si può condannare o meglio processare la storia». Il dibattito è aperto.
Persone citate: Andreotti, Antonio Marini, Di Maggio, Mannoia, Orlando Speranza, Riina
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