Il referendum spacca Forza Italia di Guido Tiberga

Il referendum spacca Forza Italia Gli azzurri: Berlusconi faccia qualcosa. Baget Bozzo: voto nullo prima di partire Il referendum spacca Forza Italia E Bossi invita a disertare le urne: meglio ilproporzionale Guido Tiberga ROMA «Il referendum è nullo prima ancora di essere celebrato». Il provocatore, nella giornata in cui Umberto Bossi mvita i suoi a non presentarsi alle urne «italiane», è Gianni Baget Bozzo. Mentre a Montecitorio i liberali di Forza Italia chiedono a Berlusconi di dire qualcosa di referendario, il consigliere del capo gela gli entusiasmi: «Berlusconi è stato l'inventore dello spirito maggioritario spiega da Genova -. Ma l'Ulivo ha violato il patto, la sinistra ha moltiplicato i partiti. Bisogna smitizzare il referendum: non è vero che siamo a una svolta senza ritorno. Come fanno a dirlo, quando hanno già pronta la legge Amato? Questo Berlusconi lo sa, ecco perché tace...». Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini insistono nei loro appelli al voto - «E' un'occasione imperdibile», dice il presidente di An al Maurizio Costanzo Show - ma per Baget Bozzo non ci saranno scricchiolii al vertice del Polo: «Alleanza nazionale e Ccd pensano di trovare vantaggi dal maggioritario e dal partito unico che ne verrà fuori. Ma sbagliano, perché l'elettore del Polo è attento alle sfumature...». Lo scontro tra gU azzurri è ormai netto. Messo nero su bianco da uno scambio di dichiarazioni incrociate piuttosto raro per le abitudini del partito. «Facciamo appello a Berlusconi perché prenda subito iniziative concrete che colmino il vuoto sin qui registrato», dice un comunicato diffuso ieri alla Camera. Sette le firme: Alfredo Biondi, che già martedì sera aveva chiesto al leader di rompere il silenzio, Lucio Colletti, Marco Taradash, Peppino Calderisi, Antonio Martino, Gualberto Niccolini e Giuseppe Rossetto. «Non c'è stata una sola conferenza stampa per esporre le ragioni del Sì e la necessità di parteci¬ pare al voto - continuano i setto -. Non una sola manifestazione, un solo manifesto, un volantino, uno spot. Soltanto una serie di sconcertanti dichiarazioni...». Non ultima quella relativa ai «mille miliardi spesi per il referendum», che si potrebbero meglio impiegare per aiutare i profughi del Kosovo. Un argomento ripreso ieri da altri sette deputati di Forza Italia, guidati da Giuliano Urbani, antireferendario della prima ora. Gli azzurri del No accusano Segni e Di Pietro di voler «condurre l'Italia verso esiti politicamente barbarici, opposti agli ideali per i quali nacque Forza Italia». La loro è un'arringa breve, dichiaratamente «in cufesa» del leader, ricca di toni polemici contro «i toni da crociata che sono stati infelicemente usati nei confronti di Berlusconi per indurlo ad accedere alle tesi più radicali di tutti i "fanatismi" di turno». Berlusconi, per il momento, non parla. Anche se i sette del Sì minacciano nuove iniziati¬ ve. Quali? «Ci penseremo se non avremo risposte», dice Calderisi, apparentemente ottimista di maniera: «Ma perché non dovremo averle? Vi pare possibile che si schieri dalla parte di Bossi?». Ieri, poco prima che un sondaggio di Datamedia fissasse al 50,2 per cento la percentuale di italiani intenzionata ad andare alle urne il 18 aprile, il leader della Lega era stato il primo a schierarsi apertamente per l'astensionismo: «Noi siamo europei e democratici, non americani - taglia corto -. Il maggioritario è il sistema che caratterizza la società americana multirazziale: è una soluzione che interessa alle corporation mondialiste e ai loro monopoli, ma che fa morire la democrazie e la libertà, valori che hanno bisogno di numerose istituzioni e di radicamento territoriale. Solo il proporzionale con lo sbarramento, non obbligando alla fusione dei partiti, evita che i valori del radicamento vengano assorbiti dalla logica del valore unico dell'economia...». Di qui l'appello al non voto, e le accuse di Segni: «La lotta non è più tra il Sì e il No, ma tra il Sì e l'astensionismo - dice un comuni cato diffuso ieri sera dal Coordinamento referendario -. Bossi appro fitta cinicamente dei drammatici fatti di questi giorni per ottenere un risultato che gli italiani non vorrebbero mai: il ritorno al peggiore proporzionale piuttosto che il completamento del cammino verso bipolarismo e alternanza» Umberto Bossi

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