«600 marchi per Lamerica»

«600 marchi per Lamerica» IA CONFESSIONE DI SGAFISTA; NON SONO UN CRIMINALE «600 marchi per Lamerica» «I controlli italiani? Non sono opprimenti» reportage VALONA ANCHE questa notte l'ha passata in mare. Cinque ore, andata e ritorno, con trenta stivati nel gommone di sette metri. Tutti kosovari, garantisce, «quelli che non si fanno registrare perché vogliono andare via. Dove? Non faccio domande, io li porto in Puglia, fra Bari e Brindisi». L'appuntamento è per mezzogiorno, davanti al bar ristorante Aligjoni, a Ujet e Ftohte, che vuol dire acqua fredda, a destra del golfo, poco prima della penisola di Karaburun, un tempo base dei sommergibili sovietici. Venticinque anni, scafista da cinque, dice di chiamarsi Altin Arifi. Volto affilato, zi- f;omi alti, occhi grandi, capeli corti e scuri, indossa una tuta grigia e blu. Dice di non amare pubblicità, nessuno di loro la ama, ma sono state dette «cose inesatte. Noi non siamo dei criminali», Sbadiglia, perdio ancht' la notte prima l'ha passata sul gommone. «E' un flusso continuo di gente, dobbiamo darci da fare: è il nostro lavoro». Che rende bene. Ogni koso¬ varo paga seicento marchi per quelle tre ore di traversata, alla velocità di sessanta miglia, sui cento chilometri, con lo scafo che ti sbatte e ti tortura. «Ma io non potevo fare altro, qui su dieci persone otto sono disoccupate. E allora ho accettato il primo imbarco, come marinaio». I padroni pagavano mezzo milione ogni volta, oggi anche Altin è uno di loro; con un amico ha acquistato un primo gommone, tre anni fa, con motori Yamaha da 200 Cv. «Ma non andava bene, si fermava in mezzo al mare». E tu,avevi paura? «Se avessi paura, non farei questo lavoro». E quelli che portavi? «Loro sì. Poi un giorno il motore ha ceduto, là in Puglia. L'abbiamo dovuto lasciare lì. Ne ho comprato un altro, con due motori Evinrude da 225 Cv. L'ho preso a Milano, pagamento cash, sessanta milioni, e nessuno ti chiede niente. L'ho portato di qua con l'auto e il carrello, con il traghetto. Ora non $ fanno jpiù salire sulle névi, e così si parte dalla costa italiana. Ma non ci sono problemi». Neppure i controlli italiani? «Ci sono, anche ieri ho incrociato le vedette della Finanza. Ci vengono dietro, ma non sono opprimenti. Son riuscito a far sbarcare tutti». Se è necessario anche tu ti fai scudo dei bambini? O scaraventi la gente in mare perché non ti inseguano? «No, queste cose io non le faccio. Sì, lo so che ci sono anche quelli che le fanno, ma io ho moglie e un figlio di due anni e so che cosa voglia dire avere un bimbo». Ma se ti prendono? «Mi arrestano, è un,rischio del,ra% stiere. Due anni émezzo o tre, e poi tòmo qui. Prima era più facile, prima c'erano gli avvocati italiani ad assisterci». E ora? «Beh!, con i soldi...». Che cosa non si farebbe, per i soldi, vero Altin? La droga, per esempio, i pacchi di hashish... «Io non ne porto. Ma c'è chi lo fa, anche eroina o cocaina, tanto è lo stesso. A me basta la gente». E dove li imbarchi? Lui si volta e guarda la spiaggia della Skela, che è vicina allo stadio e al palazzo dell'università. «Proprio lì, intorno a mezzanotte». Ma la polizia? «Non sta molto all'erta. E poi, se arriva, cj spostiamo,, da unlaJitoja parte». Che cosa ti piacerebbe fare, nella vita? «Non lo so. Quando non sono in mare, mi piace passeggiare, seguo il calcio. Tifo Juventus». E allora, stasera? «Mi perdo la partita, ma che cosa posso farci?...». Iv. tess.l «L'arresto è un rischio del mestiere. Due anni o tre, poi torno qui»

Persone citate: Altin Arifi, Skela

Luoghi citati: Bari, Brindisi, Milano, Puglia