I «cento» dissidenti che turbano il premier

I «cento» dissidenti che turbano il premier I «cento» dissidenti che turbano il premier Maria Teresa Meli ROMA I turbamenti che l'attacco Nato sta provocando nel centro sinistra tengono la maggioranza e il governo in uno stato di perenne affanno. E anche ieri la coalizione ha dato segni di forte malessere, sin dalla mattinata, quando ha dovuto far fronte, poco coesa com'è in questo momento, all'offensiva della Lega e di Rifondazione che hanno fatto mancare più volte il numero legale alla Camera. Una forma di protesta, questa, che si prefiggeva lo scopo di ottenere un nuovo dibattito con D'Alema (il quale, infatti, martedì andrà prima in Senato e poi alla Camera, mentre domani Dini e Scognamiglio saranno ascoltati dalle commissioni Esteri e Difesa di entrambi i rami del Parlamento). Il presidente del Consiglio che sperava in qualche giorno di tregua interna, essendo Cossutta impegnato in un tour diplomatico tra Parigi, Mosca e Belgrado, si è dovuto ricredere. La spina nel fianco sinistro del capo del governo, ieri, è stata quella dei verdi. A pungolare D'Alema ci hanno pensato anche i deputati del suo partito, che hanno dato vita a una sorta di comitato di crisi permanente insieme ad altri colleghi del centro sinistra (verdi, popolari, cossuttiani, un centinaio in tutto) e che si vedranno oggi per chiedere all'esecutivo di mantenere fede alla parola data, tentando un'iniziativa diplomatica di pace. Ma è stata la nuova impennata dei verdi a giungere inattesa. La settimana scorsa, infatti, l'asse Ronchi-Pieroni sembrava aver vinto la battaglia interna: niente crisi, niente dimissioni dei ministri. Poi ieri le parole di Manconi hanno fatto capire che qualcosa era cambiato. 11 portavoce del Sole che ride ha definito un «grave errore» la dichiarazione di D'Alema sulla tregua offerta da Milosevic e ha aggiunto: «Quello che ha detto il presidente del Consiglio contraddice la mozione di maggioranza votata dal Parlamento, per questo chiederò ai segretari della coalizione di protestare contro il governo». Questa nuova presa di posizione era il frutto di una riunione tesa e difficile, introdotta da Manconi con questa affermazione: «Dal basso giunge una pressione fortissima perché la base è inquieta: ci arrivano migliaia di fax». In quel consesso e in quell'atmosfera, persino un personaggio mite come il sottosegretario Gianni Mattioli si è la sciato andare: «A questo punto - hmdD ha osservato - non si può non mettere nel conto la possibilità di una rottura con il governo». Durissimi anche Semenzato, Carla Rocchi e Tamino, mentre il capogruppo alla Camera Mauro Paissan ha censurato l'atteggiamento di Manconi e di Ronchi che hanno disertato la manifestazione di sabato scorso. Il portavoce del Sole che ride, benché cauto, ha preso atto del malessere interno e ha rinviato ogni decisione al consiglio federale di sabato (al quale sarà invitata anche la base del movimento). In questo quadro, i difficili rapporti con il gruppo parlamentare della Quercia non aiutano D'Alema. Lo stesso Fabio Mussi è perplesso e preoccupato per la gestione dell'attacco. Ma d suo timore più grande è che si arrivi a un intervento di terra: «A quel punto - ha confidato ad alcuni parlamentari amici - Cossutta non potrà più stare nel governo, i verdi nemmeno, e io non so se il mio gruppo reggerà». E buona parte del suo gruppo, intanto, sta studiando forme di pressione sull'esecutivo, tra cui quella promossa dai «100» che hanno deciso di indire una serie di incontri a livello europeo con altri esponenti politici della sinistra per iniziative comuni. Un analogo malessere anche al Senato, dove cinquanta parlamentari hanno lanciato un appello al governo perché si impegni a favore della pace. Ma sia a Palazzo Chigi che ai piani alti del Bottegone si stanno preparando le contromisure. Veltroni ha chiesto e ottenuto un vertice dei socialisti europei (che si terrà il 14 a Bruxelles) per discutere del Kosovo, mentre lunedi ci sarà l'auspicata (da D'Alema) riunione dei ministri degli Esteri Nato. L'obiettivo del segretario della Quercia è di dare maggior ruolo e autonomia all'Europa. L'intento del presidente del Consiglio è quello di stringere un asse con francesi e tedeschi per arginare il duo BlairClinton. A questo si riferivano le parole pronunciate ieri da Sergio Mattarella: «Lavoriamo per aprire spiragli di trattativa». Ma se le mosse di Veltroni e D'Alema non bastassero, se gli attacchi contro la Serbia dovessero andare avanti comunque, la maggioranza ce la farebbe a superare un'altra prova? Per ora a Palazzo Chigi e a Botteghe Oscure traggono qualche soddisfazione almeno dai sondaggi, per cui la maggior parte degù italiani e degli elettori Ds è favorevole all'intervento, in Parlamento, però, votano deputati e senatori, e 11 la situazione è assai diversa. Una fetta del centro sinistra ha creato una sorta di comitato di crisi permanente per insistere sulla «soluzione diplomatica» I verdi scalpitano Manconi: «Dal basso giunge una pressione fortissima perché la base è inquieta: ci arrivano migliaia di fax»

Luoghi citati: Belgrado, Bruxelles, Europa, Kosovo, Mosca, Parigi, Roma, Serbia