D'Alenici a Eltsin: prima via le milizie di Maurizio Molinari

D'Alenici a Eltsin: prima via le milizie Missione di pace a Belgrado della Comunità di Sant'Egidio per rilanciare il «corridoio umanitario» D'Alenici a Eltsin: prima via le milizie Sì al vertice del Consiglio Atlantico chiesto dall'Italia Maurizio Molinari ROMA L'Italia declina la richiesta giunta dal presidente russo, Boris Eltsin, di accettare l'offerta serba di tregua e rilancia a Belgrado le «condizioni irrinunciabili» della Nato. Sul fronte della mediazione diplomatica, anche la Quercia e Sant'Egidio fanno il loro ingresso negli sforzi tesi ad offrire a Milosevic un'alternativa alla resa incondizionata. Il presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, ha risposto alla lettera inviata da Eltsin a tutti i leader del G-8 facendo presente che «arrivare alla pace» non richiede solo la «cessazione della violenza» offerta da Milosevic ma anche «la creazione di condizioni di sicurezza capaci di ricreare la fiducia nella popolazione» perché «non è possibile pensare che queste popolazioni si sentiranno sicure finché rimarranno le forze militari, le forze speciali di polizia e le milizie del governo di Belgrado». «Deve quindi avere inizio il ritiro di tutte queste forze» conclude D'Alema. La linea del capo del governo è quella concordata in sede Nato sulle «cinque condizioni» confermate da un comunicato dei Paesi occidentali membri del Gruppo di Contatto sulla ex Jugoslavia (Usa, Gran Breta- gna, Francia, Germania e Italia): fine delle azioni armate; ritiro delle truppe militari e paramilitari dal Kosovo; ritorno dei profughi; spiegamento di una forza multinazionale di pace; accordo sul futuro del Kosovo sulla base dell'intesa di Rambouillet. «Si tratta di condizioni irrinunciabili», ha sottolineato il portavoce della Nato, Jamie Shea, citando D'Alema fra i leader che hanno contribuito a definire questa posizione. Il patto fra gli alleati è quello di unire in questo momento una forte copertura politica della fase più intensa della campagna aerea contro la Fe- derazione Jugoslavia alla cauta preparazione di un'offerta di resa per Slobodan Milosevic. Ferme restando le condizioni poste dalla Nato, i segnali non mancano. Il ministro degli Esteri francese, Hubert Vedrine, suggerisce di pensare a «qualche modifica» per l'accordo di Rambouillet sull'autonomia del Kosovo e fa riferimento ad un possibile ruolo delle Nazioni Unite. Il presidente americano, Bill Clinton, accenna a soluzioni «multilaterali» per il dopo-conflitto. E alla Farnesina c'è chi vedrebbe con favore un coinvolgimento di Mosca nel contingente internazionale di pace da inviare in Kosovo per proteggere il ritorno di quasi un milione di profughi nonostante la conclusione «senza risultati» della riunione di ieri del Gruppo di Contatto. L'accettazione da parte degli alleati della proposta avan- zata martedì da Palazzo Chigi di convocare il Consiglio Atlantico a livello di ministri degli Esteri conferma che la Nato si sta avviando ad una valutazione politica dei risultati ottenuti con l'offensiva aerea. Dalla riunione che si svolgerà lunedì a Bruxelles potrebbero arrivare delle novità sulla formulazione delle cinque condizioni poste a Belgrado. Il Consiglio Atlantico è la sede deputata a questo tipo di decisioni e il foro politico da cui, in ultima istanza, dipen¬ dono le operazioni militari. «Sarà in quella sede che l'Italia farà sapere come la pensa», anticipano fonti diplomatiche. A sostegno dell'azione diplomatica si muovono anche Botteghe Oscure e la Comunità di Sant'Egidio. Il leader della Quercia Walter Veltroni ha ottenuto la convocazione di un vertice del Partito socialista europeo - il 14 aprile a Bruxelles - sul modello di quello che si tenne sul caso di Abdullah Ocalan. Sant'Egidio invece ha inviato a Belgrado una delegazione guidata da monsignor Vincenzo Paglia che promette «incontri con le autorità civili» e non esclude di recarsi poi a Pristina per un faccia a faccia con Ibrahim Rugova, considerato dalla Comunità di Trastevere «uno dei due poli del negoziato». La missione di don Paglia segue la traccia di quella svolta la corsa settimana dal «ministro degli Esteri» vaticano JeanLouis Tauran. «Il nostro tentativo è di rilanciare la soluzione del corridoio umanitario e di intensificare i rapporti ecumenici con il patriarcato ortodosso», spiega Mario Marezziti, portavoce della Comunità già promotrice dell'unico accordo (sull'Università) firmato fra Belgrado e i kosovari e che riscosse grande attenzione al Dipartimento di Stato. E anche Bill Clinton accenna a soluzioni «multilaterali» per il dopo-conflitto Massimo D'Alema: «Deve iniziare il ritiro di tutte le truppe serbe dal Kosovo»