Il Who's Who degli errori di Carlo Rossella

Il Who's Who degli errori L'AMERICA SI CHIEDE DOVE HA SBAGUATO NEUA CAM Il Who's Who degli errori Tutti sotto accusa, laAlbright in testa Carlo Rossella successi hanno mille padri. I (ili emiri nemmeno uno. Ma a ■ volte hanno una madre. La madre di lutti gli (irrori di questa guerra in Kosovo rischia di diventare Madelcine Albright, segretario di Stato americano. Tuonano i media, primo fra tutti la Washington Post, so siamo coinvolti nei Balcani, se la guerra si sta prolungando, so sono stati fatti calcoli sbagliati e troppo ottimistici sulla tenuta di Milosevic, lo dobbiamo a lei, alla sua dottrina di intervento umanitario-militare. Le accuso sono documentate basandosi su errori precisi della signora: George Tenet, capo della Cia, aveva viit icinato che i sorbi non avrebbero ceduto dopo i primi bombardamenti, e che avrebbero approfittato della guerra per Iure «pulizia etnica» in Kosovo, ma lu Albright, o Clinton, non gli hanno dato uscolto. Alcuni generali dello stato maggiore avevano avvertito che senza un forte spiegamento di forzo in cielo, in mare od in terra la Serbia non sarebbe stata messa subito in ginocchio, ma la signora ha convinto tutti che Milosevic, dopo i primi missili, avrebbe alzato le braccia. Tutto ciò è bastato per far accusare l'Albright di duo colpo imperdonabili in politica e in strategia: Miscalculation, e undorostimation, calcoli sbagliati e valutazione errata dell'avversario. «Lei è la principale responsabile di tutto ciò», ha confidato al Los Angeles Times Michael Dobbs, biografo della Albright. La caccia all'errore, uno sport molto praticato in queste ore, coinvolge a Washington i principali protagonisti dell'operazione Kosovo. A cominciare da Clinton. Accusa Usa Today: la sua principale colpa è di non aver preparato gli americani al conflitto. E' vero che dopo lo scoppio delie ostilità il Presidente sta sempre alla tv, con e senza carta geografica. Ma nei soi mesi precedenti, secondo l'indagine di Usa Today, ha dedicato ben poco tempo al Kosovo: un solo discorso, un solo messaggio radiofonico, brevi dichiarazioni. In tre conferenze stam¬ pa, sette accenni in incontri pubblici. «Non si prepara così un Paese alla guerra», tuona lo storico Michael Beschloss. L'errore di Clinton, secondo The Wall Street Journal, è di essere troppo influenzato dai sondaggi e quindi poco deciso e coerente nella fase di preparazione della battaglia, quando il comandante in capo deve mettere in campo una forza preponderante, magari spaventando la pubblica opinione. E' questa una colpa che il senatore repubblicano John McCain, il falco dei falchi, non vuole perdonare a Clinton. Ex prigioniero di guerra in Vietnam, probabile concorrente alla nomination repubblicana per le presidenziali del 2000, McCain, che sin dall'inizio sostiene l'uso delle forze di terra, è diventato molto popolale per gli attacchi continui olla condotta del conflitto. McCain guarda alle colpe dei politici ma anche a quella degli alti vertici militari. 11 Pentagono, principale vittima delle incertezze e degli errori della amministrazione, «ha fatto del suo meglio», come dice il ministro della Difesa Cohen, ma è finito lo stesso nel tritacarne degli accusatori. Ad esempio per aver sbaglialo le previsioni sul costo della guerra. L'operazione unti serba, olla fine, costerà ai contribuenti americani ben oltre i due miliardi di dollari. Le previsioni del Pentagono erano soltanto di 456 milioni di dollari, come accusano al Center for strategie and budgetary assessments. «Coi dollari contati non si combina nulla di buono. Nel Golfo c'erano colossali disponibilità», ricorda Leisl Heeter, analista di bilanci militari. Ai generali, e allo stesso ministro della Difesa, viene attribuito un altro errore: avere puntato troppo negli anni scorsi (44 miliardi di dollari) sulla flotta dei bombardieri ed avere trascurato il munizionamento sofisticato (solo 1,3 miliardi di dollari). Da qui l'inevitabile crisi nei rifornimenti di missili Cruise oggi, di Tomhawak e di altri ordigni teleguidati domani se la azioni in Jugoslavia continueranno con questo ritmo. Vanno invece ben oltre il bilancio e la logistica gli errori «tettici» denunciati da un esercito di generali e colonnelli in pensione che bombar¬ dano Clinton e compagni dalle tv e dai somali. Si tratta di baldanzosi ufficiali, vincitori della guerra del Golfo e nostalgici della strategia vincente di Desert Storni. Tutti accusano gli altri Paesi della Nato (Inghilterra esclusa) di aver rallentato le decisioni operative. Ma non mancano di mettere in risalto i presunti errori di Wesley Clark, il comandante in capo delle forze dell'Alleanza. «Ha messo in campo, all'inizio, troppo pochi aerei, insufficienti per mettere subito Milosevic a terra» spiega l'ex colonnello dell'Air Force John Warden. E aggiunge: «Contro Saddam impiegammo 1000 aerei sin dal primo giorno. Qui ne ho visti solo un quinto». L'errore più clamoroso di Clark, secondo Arold Kanter, ex consiglie- re di Bush, che spara dalle colonne del Washington Times, giornale legato alla Cia e al Pentagono, «è stato di concentratisi nella prima settimana solo sull'antiaerea serba, lasciando invece mano libera a polizia e a paramilitari in Kosovo. Così Milosevic ha potuto vincere il primo round», dice Kanter. L'amministrazione risponde a tutte le critiche: Clinton, Albright, Cohen e anche Clark, lo fanno personalmente o attraverso i portavoce. Ma gli espin doctors» sono accusati anche loro di tanti errori, primo fra tutti quello di non essere abbastanza informati per rispondere in modo esauriente alle domande dei giornalisti. «Siamo in guerra, non si può dire tutto», ha detto con una certa stizza Joe Lockart, portavoce della Casa Bianca.