Belgrado mina la frontiera con l'Albania

Belgrado mina la frontiera con l'Albania Milosevic scopre la «catastrofe umanitaria» e ordina agii sfollati: «Tornate nelle vostre case» Belgrado mina la frontiera con l'Albania Bombe sulla capitale, disperso aereo spia senza pilota SKOPJE La strada che dalla Macedonia conduce in direzione di Urosevac oggi non è molto frequentata. Chi poteva scappare l'ha già fatto, dicono che in tre giorni seimila persone (il 40 per cento serbe) si sia già allontanata, gli ultimi gruppi di profughi s'incontrano solo all'inizio del cammino. Poi il panorama umano si dirada. Chi è ancora qui - e sono pochissimi - resta chiuso in casa per il terrore dei bombardamenti. Gli albanesi si muovono su vecchie auto e a bordo di qualche trattore, i serbi su auto altrettanto vecchie oppure in pullman. Un vecchio arnese rosso si ferma per un attimo, non è possibile scambiare qualche parola con la gente che lo affolla. Vengono dai villaggi più a Sud, Zegra, Belograce, Gnjlane, sono ortodossi, vogliono riparare a Belgrado: «L'altra notte una bomba della Nato ha sconvolto perfino il cimitero serbo di Pristina», dice una donna che sta cercando di raggiungere lontani parenti nella Serbia centralo. Muoversi nella direzione di Urosevac è molto pericoloso: dopo una qualsiasi curva ci si potrebbe imbattere in pattuglie di polizia 0, peggio, nella lunga e disperata colonna di profughi che ancora invade la strada principale, quella che raggiunge la frontiera di Jankovic. Ma soprattutto, ad incutere terrore sono le incursioni della Nato, che continuano senza tregua dalla notte scorsa e non erano mai state così intense. Le esplosioni sono continue, giungono in massima parte dalla Cicavica, il massiccio montuoso un tempo considerato santuario dell'Uck e oggi occupato dalle forze serbe, che si nascondono ed aspettano. Nei villaggi non si vede un'anima: tutti fuggiti o sepolti nelle cantine, in attesa che anche questa tempesta passi. Almeno su questo versante del Kosovo non ci sono tracce visibili di razzie: le case di Sodovima, Pazaranje, Klokot - ad un passo da Microvica, che oggi sembra particolarmente presa di mira dalla Nato - mostrano un aspetto quasi normale, non fosse per il fatto che ad abitarle paiono essere rimasti soltanto gli spettri. Spettri che ora rischiano di dover tornare, perché la Jugoslavia ha chiuso la frontiera con l'Albania e la Macedonia e zelanti funzionari serbi stanno cercando di fare rientrare i recalcitranti profughi, non si sa con quale lusinga o minaccia. Poco dopo l'esercito minava l'area intorno alla frontiera con l'Albania. Negli ultimi giorni, circa 280 mila profughi avevano attraversato il posto di confine di Morine per rifugiarsi a Kukes, nell'Albania nordorientale. Ora Belgrado scopre la «catastrofe umanitaria», sono parole di Milosevic, anche se continua ad attribuirne le colpe alla Nato. Per questo il governo ha diffuso un comunicato ufficiale a conferma della disponibilità jugoslava ad autorizzare il rientro delle organizzazione umanitarie nel Kosovo per tutta la durata della tregua unilaterale. «Vi è piena libertà di movimento, soprattutto per gli operatori dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati e della Croce rossa». Un comunicato del corpo d'armata jugoslava a Pristina assicura che le forze armate hanno cessato tutte le attività militari nella provincia. Certo la presenza delle organizzazioni umanitarie complicherebbe la vita ai piloti della Nato. E nella notte due esplosioni hanno squassato la periferia ed un quartiere vicino al centro di Belgrado. Una densa colonna di fumo nero si è alzata nella zona nord est della capitale jugoslava, ma non è stato possibile constatare di persona gli obiettivi colpiti dalla Nato. Secondo quanto riferito per telefono da un belgradese residente nella stessa zona bombardata, almeno un edificio militare annesso allo Stato maggiore sarebbe stato colpito. Quasi contemporanea¬ mente l'emittente televisiva privata «Studio B» ha denunciato forti deflagrazioni anche a Pancevo, la città industriale situata appena una ventina di chilometri a nord della capitale più volte attaccata da aerei alleati. Un ricognitore statunitense senza pilota è stato dato per disperso mentre era in missione sulla Jugoslavia, secondo quanto hanno reso noto fonti del Pentagono protette dall'anonimato. Le fonti non hanno precisato se l'aereo sia stato abbattuto o se sia precipitato per qualche avaria. L'apparecchio è un «Hunter», un bimotore usato per fornire immagini video ai comandi a terra. E' più piccolo e meno perfezionato del «Predatori», l'altro ricognitore senza pilota impiegato nelle operazioni in Jugoslavia. Ma la presenza dei soccorsi internazionali sarebbe un ostacolo per i raid I profughi vengono costretti a partire dal campo di Blace che resta vuoto (foto grande}

Persone citate: Jankovic, Kukes, Milosevic