La Taurinense: laggiù meglio che in caserma di Guido Novaria

La Taurinense: laggiù meglio che in caserma La Taurinense: laggiù meglio che in caserma Guido Novaria TORINO «E finiamola di pensare che quando un soldato italiano parte per una missione all'estero, deve prima fare i conti con la mamma che gli telefona in continuazione per convincerlo a non partire». Sfogo, neanche troppo aimunciato, di Pietro Campisi, giovane caporal maggiore del 3" reggimento alpini, all'uscita della caserma «Berardi» a Pinerolo. E' uno dei 1500-2000 uomini che la brigata Taurinense manderà in Albania per sostenere l'operazione Arcobaleno. Lui, come altri mille alpini del reggimento, proprio un anno fa, era a Sarajevo «e vi giuro che laggiù, anche se erano stati firmati accordi di pace, bisognava stare con gli occhi sempre aperti». E ricorda l'accerchiamento da parte di un gruppo di serbi che volevano conquistare un ripetitore della radio: «Quella sera abbiamo anche sparato in aria: hanno capito che facevamo sul serio e, allora, hanno preferito andarsene». Soldati professionisti di un esercito che mai come hi questi ultimi anni, è uscito dalla caserme, per missioni all'estero. Ma anche soldati di leva che sperano di partire dalle caserme di Cuneo, Fossano, Rivoli e dell'Aquila per dare una mano ai profughi kosovari. Al comando della Taurinense l'«emergenza Kosovo» non sembra preoccupare: «Non dovremmo avere pro- blemi a formare il contingente spiega un ufficiale - ieri anche molti ragazzi di leva hanno chiesto di partire volontari». «Meglio darò una mano a quelle popolazioni che stare chiuso in caserma a fare addestramento dice un gruppo di ragazzi all'uscita dalla caserma Monte Grappa di Torino - o ad attendere le esercitazioni d'allarme o il turno per montare eh guardia». Sei anni fa, quando la Taurinense parti per il Mozambico, i centralini delle caserme degli alpini vennero preso d'assalto da centinaia di chiamate: erano le mamme che non volevano assolutamente che i loro figli partissero per tuia regione cosi lontana, con tutti i rischi che una missione del genere poteva comportare. «Allora la Taurinese era in grandissima parte formata da soldati di leva, era anche comprensibile la paura e l'apprensione di chi vedeva partire i propri ragazzi: oggi la situazione è cambiata», spiegano gli ufficiali della brigata. Ma sono in molti a pensare che le motivazioni umanitarie, spesso, vengono messe da parte di fronte alla possibilità di mettere insieme qualche milione con la trasferta Nato. «Beh, è vero anche questo: del resto a chi dopo la naja dovrà cercare ancora un'occupazione, qualche milioncino in tasca non dispiace davvero», dice Antonello Kuberti, al ter/o mese di militare. E qualcuno se la prende con la segretezza dell'operazione: «L'abbiamo letto, ieri su La Stampa, dicono che gli alpini di Pinerolo dovranno essere l'ossatura del contingente, ma qui nessuno ha detto niente». Dal comando brigata chiariscono la situazione: «L'ordine di partire non c'è ancora, perché nessuno conosce con esattezza quali saranno le esigenze di uomini e mezzi». L'unica cosa certa resta l'invio del primo nucleo destinato ad allestire un ospedale di campo nella zona di Durazzo: «Oggi Lnizierà il montaggio della struttura, in poco meno di 36 ore l'ospedale sarà in grado di far funzionare i diversi ambulatori: dalla ginecologia, alla pediatria, alla radiologia, oltre al pronto soccorso». «E la voglia di partecipare alla missione in Albania concludono alla Taurinense - si è già potuta vedere quando moltissimi giovani alpini si sono offerti di partire». Ma, in questo caso, la scelta è caduta sui professionisti. I soldati di leva dovranno mettersi in coda. Ira i soldati della Brigata che sosterranno la Missione Arcobaleno

Persone citate: Antonello Kuberti, Berardi, Campisi