Eroe o traditore? di Giuseppe Zaccaria

Eroe o traditore? : ... LA SCELTA «COLLABORAZIONISTA» DEL i_ >ER MODERAI Eroe o traditore? Rugova, i atria Giuseppe Zaccaria inviato a SKOPJE Dall'altra sera Ibrahim Rugova è tornato a Pristina, nella vecchia grande casa di periferia che si pretendeva accerchiata, bruciata, distrutta dallo truppe serbe. E invece le cose non devono andare troppo male, visto che, superati i problemi di collegamento, il telefono squilla e la voce del baffuto Adnen Mcrovci, segretario e guardia del corpo del «presidente», risponde con tono calmo. Al momento, Rugova non accetta interviste, i suoi programmi sono di restare in Kosovo un giorno ancora e poi di tornare a Belgrado per «collaborare» coi serbi nel progetto di un progressivo rientro dei profughi nella regione. «Collaborare», in giorni come questi, si trasforma in verbo dai significati pericolosi. Ma davvero l'antico simbolo di un Kosovo autonomo fino ai limiti dell'indipendenza oggi può essere liquidato coinè traditore, oppure ostaggio? Un simile giudizio non gli fa onore, e rischia di dimostrarsi stupido, oltre che sbagliato. Ibrahim Rugova ha 56 anni, e in tutta In sua vita mai ha accettato le imposizioni dall'alto, ricatti fisici o morali. Undici anni fa, si fece espellere dalla Lega dei comunisti jugoslavi, accettò persecuzioni e carcere per aver organizzato una rivolta contro il potere: una protesta firmata por sua iniziativa da 214 intellettuali albanesi contro il mutamento della Costituzione con cui Milo- sevic aveva revocato l'autonomia della regione. Oggi il vecchio leader si fa riprendere mentre stringe la mano al suo storico persecutore, e si dice anche pronto a lavorare con lui in un progetto di pace. Un attacco di follia? Con un simile gesto - ed esponendosi a tutti i rischi che esso comporta - Ibrahim Rugova non fa che dimostrarsi ancora una volta coerente alle linee che ha seguito per tutta la vita. Nel dopoguerra, quest'uomo era partito dal villaggio di Trnec, nel Kosovo orientale, portandosi dietro un ricordo agghiacciante (padre e nonno uccisi lo stesso giorno dai partigiani di Tito) ma riuscendo a far conoscere le sue idee in tutto il mondo. Il lungo soggiorno a Parigi per mi dottorato in filosofia - fu allievo di Roland Barthes - gli lasciò come vezzo lu sciarpetta di seta che si ostina ad indossare ogni giorno dell'anno, e come pericolosa attitudine quella di considerare le cose dal punto di vista dell'uomo e dei suoi diritti, quali che siano le nazionalità. Forse, la chiave di questo apparente voltafaccia sta nel fatto che negli ultimi anni Rugova deve essersi accorto che quegli intellettuali che lo appoggiavano sono tutti morti o ndotti al silenzio. «Presidente» teorico di un Kosovo che non c'è più, quest'uomo riservato e dignitoso da tempo non nascondeva insofferenza verso gli estremismi che si fronteggiavano in modo sempre più aperto. Anche quello degli albanesi. Ai vecchi compagni di lotta politica e di prigione, Rugova resta legato non solo nelle idee di moderatismo, ma anche nel profondo rifiuto verso quell'altra linea politica kosovara che ha sempre cercato di trascinare la regione nella guerra, secondo la logica del «tanto peggio tanto meglio». L'Uck, dal suo punto di vista, ha la stessa matrice genetica di quei terroristi che fin dall'immediato dopoguerra, sotto la protezione di Henver Hoxha, tentavano di trascinare una re- Il <("' IMI llJJttUOU ti'l'V TR.V gione di relativo benessere verso il fratello albanese. Quel disegno in qualche modo oggi appare compiuto, anche se le dinamiche e gli attori sono stati diversi. Ha condotto esattamente a ciò che Rugova e i suoi compagni di strada temevano, l'annientamento della regione, la presa in ostaggio di un'intera popolazione, oggi sospinta non più verso l'Europa ma sprofondata in direzione di Tirana. E' poi così strano che un pacifista convinto, un uomo coerente metta in gioco tutto se stesso nel tentativo di salvare il Kosovo, anche a costo di stringere la mano al suo storico nemico? Piuttosto le scelte di Rugova oggi sembrano inceppare del tutto la nostra teoria dei «bombardamenti umanitari». Fino al momento in cui faceva comodo sventolarla come un vessillo, per noi e per i kosovari la figura di quest'uomo era quella del «Gandhi dei Balcani». Adesso siamo pronti a metterlo in archivio o, come anche l'Uck avrebbe voluto, nella tomba? Ha sempre rifiutato la linea che portava all'estremismo e al terrorismo: gli sviluppi di oggi gli danno ragione Sopra, Milosevic durante l'Intervento di Ieri in tv A fianco, il leader moderato kosovaro Ibrahim Rugova

Luoghi citati: Belgrado, Europa, Kosovo, Parigi, Skopje, Tirana