Milosevic: proclamo la tregua di Pasqua

Milosevic: proclamo la tregua di Pasqua Draskovic: profughi tornate a casa. E alla frontiera i miliziani cominciano a cacciarli indietro Milosevic: proclamo la tregua di Pasqua «Soldati da stasera in caserma, dialogo sull'autonomia» Fernando Mesetti inviato a BELGRADO Dopo 14 giorni di attacchi Nato con missili e aerei che stanno distruggendo molte sue strutture anche civili come ponti, strade, raffinerie e centrali termoelettriche, e mentre la catastrofe umanitaria dei profughi dal Kosovo è in pieno svolgimento alle frontiere con Albania e Macedonia, la Jugoslavia dichiara una cessazione del fuoco unilaterale a partire dalle ore 20 locali di ieri sera. Si afferma che le operazioni contro la gueriglia albanese nel Kosovo in atto da settimane e intensificatesi con gli attacchi Nato si sono bloccate a quest'ora, con le truppe ferme sulle posizioni conquistate. La motivazione è l'inizio delle festività di Pasqua, che secondo il calendario ortodosso cade domenica prossimo. Si afferma anche che la tregua unilaterale è «permanente», e si sottolinea che è un «atto di buona volontà» per la ricerca di una soluzione politica per il Kosovo sulla base di intese col leader moderato di etnia albanese Ibrahim Rugova, dopo i suoi incontri il primo aprile col presidente Milosevic, e lunedi con il vicopremier foderale Nikola Sainovic e l'ambasciatore russo Yuri Kotov. Evidentemente Belgrado, affermando la tregua permanente, ritiene di aver definitivamente stroncato la guerriglia doll'UCK, la forza militare dei kosovari di etnia albanese. Ma deve ancora vedersela con la Nato, determinata b proseguire negli attacchi respingendo ù cessate il fuoco. Pochi minuti dopo l'ora d'inizio della tregua, sono risuonate sulla capitale le sirene d'allarme, alle ore 20,21, seguite immediatamente da tre grosse esplosioni nella zona Ovest della città. In serata, sui maggiori ponti di Belgrado sul fiume Sa va che qui confluisce nel Danubio, si sono radunate centinaia di persone tenendosi per mano a formare catene come scudi umani per la difesa dei ponti stessi. Tra loro, molti docenti dell'Università. La proclamazione di tregua. annunciata congiuntamente dal governo federale jugoslavo e da quello della Serbia, si accompagna a appelli e impegni affinché i Erofughi kosovari fuggiti in Alania e Macedonia tornino a casa. Essi si dichiarano disponibili a riprenderli, con operazioni in collaborazione con le Nazioni Unite e con la Croce Rossa. I due governi si impegnano a trovare con Rugova una soluzione politica per il Kosovo che, neU'ambito della federazione jugoslava e della Serbia, garantisca uguali diritti a tutte le etnie. Dopo aver caricato su treni per esodi biblici migliaia di persone verso la terra di nessuno al confine con la Macedonia, e spinto migliaia di persone a fuggire sotto l'incalzare delle operazioni belliche contro l'UCK, ieri sera le forze jugoslave hanno cominciato a fermare l'esodo dei kosovari, bloccandone il flusso verso le frontiere e rimandandoli indietro. Il vice primo ministro Vuk Draskovic, in una emozionata dichiarazione, sottolinea che la dichiarazione di tregua «non è una farsa», e si dichiara pronto a andare nei campi profughi «dei nostri cari vicini Albania e Macedonia», per convincere i fuggiaschi a tornare «nella comune patria dei serbi e dei kosovari di etnia albanese». Aggiunge: «Siamo tutti vittime della stupida strategia della Nato che pensa di salvare la gente ricorrendo a bombardamenti. Dobbbiamo unirci, serbi e kosovari di etnia albanese, e stare insieme contro questa stupidità». Egli preaanuncia anche chenei prossimi giorni, forse oggi, sarà proclamata una amnistia per i guerriglieri dell'UCK che deporranno le armi. Per chi non lo farà, sarà dura. «Saranno sterminati fino all'ultimo uomo, senza pietà», proclama Seselj, uno dei più duri del nazionalismo serbo e membro del governo. Tutta la dichiarazione dei due governi, federale e roubblicano, punta sul moderatismo di Rugo¬ va, esaltandolo per il comune impegno a una soluzione pacifica, ma di carattere interno. Nessun riferimento a Rambouillet e alle forze di pace internazionali. E il ripescaggio di Rugova, dopo averlo a lungo osteggiato, appare tardivo e indirizzato male. Non si quale sia oggi la sua influenza sugli albanesi delKosovo. Ma si sa che invano l'ambasciatore d'Italia, Riccardo Sessa, aveva chiesto di prender contatto con lui. Milosevic ha preferito farlo incornarne con l'ambasciatore russo: precludendosi, con ciò, un canale diretto con la Nato, che non intende certo lasciare ai russi spazi negoziali privilegiati. li condizioni dilla nato 1] Il ritiro di tutte le forze militari serbe dal Kosovo I] Il rientro di tutti i profughi nelle loro case 3J La presenza di una forza intemazionale di interposizione che controlli la tutela dei profughi u orrinti di milosevic 1] La tregua unilaterale delle attività dell'esercito e della polizia iugoslavi nel Kosovo contro l'Uck (Esercito di liberazione del Kosovo) a partire dal 6 aprile 1999, alle ore 20 1] L'inizio di trattative con il presidente Rugova per andare a un accordo politico che porti a un autogoverno albanese. L'accordo sarà la base per arrivare a un'autonomia del Kosovo, all'interno della Serbia e della Jugoslavia. 3] La preparazione di un programma per il ritomo dei profughi con adeguata assistenza da parte dell'Acnur (Alto commissariato Onu per 1 rifugiati) e della Croce Rossa Intemazionale.