Che beffa per Bartoli il gioco di squadra
Che beffa per Bartoli il gioco di squadra Ciclismo: nelle Fiandre frenato da Museeuw Che beffa per Bartoli il gioco di squadra BRUGES E' stata quella caduta ai piedi del muro avvelenato a scrivere l'ordine d'arrivo della corsa? Il muro di Grammont era lì in attesa, crudele come sempre, pronto a spremere l'ultima goccia ai corridori, dopo 250 km di corsa, a 15 dal traguardo, con i suoi 1000 metri di impennata al 20 per 100, roba da far scendere dalla bici. Ma nella curva che immetteve sul muro slittava Sorensen, altri gli franavano addosso. Non Museeuw e Van Petegem, pronti a dribblare il mucchio. Non Vandenbrouckc, che dalle retrovie piombava sui primi. Ma pagava la sua disperata rincorsa nello sprint finale, cedendo a Van Petegem. Per Museeuw, rinato al ciclismo dopo un anno terribile, il terzo posto era quasi un successo. Quella caduta forse ha deciso il Giro delle Fiandre, domenica, ma se così è stato la sorte ha mostrato un certo discernimento. Perché Van Petegem è stato il più saggio e il più attento, in corsa. E Vandenbroucke se non il più saggio certo il più generoso. In fuga a lungo nella prima fase, caduto, ripreso, ancora pronto ad attaccare. Tre belgi ai primi tre posti. Al favorito Bartoli la medaglia di latta, il quarto posto vincendo la volala del gruppetto inseguitore, a pochi secondi di distanza. Una volata beffarda per Bartoli, perché dimostrava che evidentemente aveva ancora tanta birra in corpo. Ma non aveva saputo o voluto spenderla. Una giustificazione parziale ce l'ha, quando dice che con il suo compagno di squadra Museeuw davanti non poteva che osservare gli eventi. Ma perché non si trovava con il gruppetto di Museeuw, ai piedi del muro? Perché non ha tentato di mettersi nella scia di Vandenbroucke, dopo? Perché ha sparato a salve troppo presto, due voi- te, con allunghi ad effetto ma senza senso nella fase centrale della corsa, quando un'azione solitaria non avrebbe avuto alcuna possibilità di successo? Non è stato lucido, Michelino Bartoli, il miglior italiano nelle corse di un giorno. Anzi, il migliore del mondo, come detta la classifica Uci. Vogliamo credere che le vicende della vigilia, quegli interrogatori della procura belga per via delle fiale spedite dal suo massaggiatore in Italia, l'abbiano turbato. Probabile, ma anche alla Sanremo aveva avuto esitazioni fatali, nel momento caldo. E sorge il dubbio che Bartoli, passato da una buona squadra quale era l'Asics a un'ottima squadra quale è la Mapei sia sì più protetto e aiutato, ma a volte debba pagare salato il conto di questa protezione, essendoci troppi galli nel pollaio. Come Museeuw domenica, ad esempio. «Dalla squadra per ora mi sento protetto», ha detto ieri Bartoli dopo essere tornato a casa. Ma ha detto «per ora». E fa capire che quell'allungo di Museeuw quando lui, Bartoli, stava conver¬ sando con l'ammiraglia in coda al gruppetto, forse è stato intempestivo. E ripete che se si stava tutti uniti era meglio. A proposito di Museeuw, va detto che non ha voglia di correre la Parigi-Roubaix, domenica prossima, perché ha ancora in testa la terribile caduta di un anno fa, quando rischiò di chiudere la carriera. Vedremo. CU altri italiani? C'era Nardello nel manipolo aggrovigliatosi nel momento decisivo; c'erano Ballerini e Colombo sempre fra le truppe d'avanguardia, ma non hanno osato l'affondo. Chiudiamo con un'annotazione sul vincitore, Peter Van Petegem. Ha l'età di Bartoli e Pantani, 29. Era stato secondo ai Mondiali di un anno fa dietro a Camcnzind e davanti a Bartoli, è uno di quei corridori che nelle corse in linea nervose sono sempre lì in agguato. Ma aveva una motivazione speciale per vincere «questa» corsa. E' nato a pochi chilometri dal famoso muro di Grammont, da ragazzo lo percorreva a piedi. Ora è diventato il suo trampolino. lg. ro.l
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