Telecom, 120 ore di fuoco per i soci di Zeni

Telecom, 120 ore di fuoco per i soci Cinque giorni per decidere. Oggi tocca a Tecnost, domani a Olivetti, sabato sarà la volta di Bernabè Telecom, 120 ore di fuoco per i soci Da stamane le assemblee Armando Zeni MILANO Si comincia. Cinquanta giorni dopo la più grande Opa mai lanciata in Italia, quella dell'Olivetti sulla Telecom, l'offerta è arrivata al dunque: resterà virtuale o decollerà? Risposta: dipenderà dall'esito delle assemblee che si terranno tra oggi e sabato. Questa mattina e domani la due giorni di Ivrea con Tecnost e Olivetti, sabato a Torino Telecom. Insomma, dopo tanto rumor di sciabole, la parola passa ai soci. Tecnost, per cominciare, la società del gruppo che Roberto Colaninno vuole usare come strumento principale per dar l'assalto al colosso Telecom: all'ordine del giorno una ricapitalizzazione da 24 mila miliardi di lire. E domani toccherà all'Olivetti, con un'azionariato diffuso che vede la Bell di Colaninno, Gnutti, Gazzoni, Falde e Antonveneta al comando col 15%, ma anche con la presenza di molti investitori istituzionali, tra cui alcuni di quei fondi stranieri che sono anche presenti nel capitale Telecom: all'ordine del giorni dell'assemblea Olivetti c'è un aumento di capitale da 5200 miliardi che completerà l'arsenale finanziario del gruppo, già molto fornito grazie al successo del maggior prestito sindacato (44 mila miliardi di lire) mai realizzato in Italia. Riflettori accesi sulla due giorni di Colaninno, dunque, il quale - su invito della Consob - proprio in assemblea dovrà specificare la soglia minima di adesione alla quale è subordinata l'Opa Telecom e gli eventi che potranno farla venir meno. La soglia minima potrebbe essere il 30%, mentre l'evento che potrà vanificare l'offerta Olivetti è quello che Colaninno ha più volte indicato: il sì degli azionisti Telecom al buy back e alla conversione delle risparmio in ordinane; suggeriti da Franco Bernabò, per non parlare doll'Opa su Tini. Sulla carta, dunque, le mosse dell'uomo che ha lanciato la grande sfida a Bernabè non dovrebbero riservare colpi a sorpresa. Tutto ciò che doveva fare, spiegano gli analisti, l'Olivetti l'ha fatto, dalla prima offerta di quel sabato 20 febbraio a 10 euro per azione, al piano industriale per Telecom, alla seconda offerta di quindici giorni fa che ha elevato l'Opa a 11,50 euro per azione: 6,92 in contanti, 2,90 in obbligazioni Tecnost e 1,68 in azioni Tecnost. Anche se tra oggi e domani c'è da attendersi che da una parte dell'azionariato, dai fondi, dagli investitori esteri, arrivino richieste di lumi, dettagli, precisazioni a Colaninno. Così come è molto probabile che l'amministratore delegato dell'Olivetti giochi proprio nella due giorni di assemblee, davanti alle numerose telecamere e alle decine e decine di giornalisti annunciati, tutto il suo carisma e il suo prestigio: l'occasione è ghiotta, forse l'ultima in mano a Colaninno, per non farne una cassa di risonanza all'Opa che potrebbe cambiare il volto di una parte del sistema industriale e finanziario italiano. Inutile aggiungere che, tra i sogni della Borsa, c'è pur sempre quello di un terzo rilancio dell'Opa - un euro in più tifa la speculazione da parte di quel Colaninno che, a onor del vero, aveva parlato (dopo il rilancio a 11,50) di «offerta definitiva». Un sogno. Più realistico immaginare che l'uomo dell'Olivetti utilizzi la tribuna assembleare por ribadire quello che da settimane va ripetendo: che il piano industriale dell'Olivetti garantisce una maggior valorizzazione per gli azionisti e per invitare di nuovo l'assem¬ blea Telecom a negare l'appoggio ai piani di Bernabè, sabato a Torino. Già perché sarà sabato a Torino, terza tappa di questa lunga sfida assembleare, che verrà scritta la fine della storia. In un modo o nell'altro. Fine dell'Opa Olivetti se con l'amministratore delegato Bernabè si schiererà il 30% dei soci Telecom approvando il buy back e la conversione dei titoli di risparmio. Fine delle difese di Telecom e via al prospetto definitivo dell'Opa di Colaninno se in assemblea mancherà il fatidico 30% dei soci. Il tutto mentre c'è da giurare che da oggi a sabato non mancheranno polemiche contro l'asten-t sione del Tesoro, proprietario del 3,4% del capitale, e sul voto della Banca d'Italia che, col suo 2,29%, è il maggior azionista privato di Telecom. L'istituto presieduto da Antonio Fazio ha richiesto il certificato per l'assemblea ma non ha ancora deciso come votare. Mentre sulla «neutralità» del Tesoro i politici si dividono: a Franco Marini (Ppi) e a Nerio Nesi (Rifondazione), critici sulla scelta del Tesoro, ha replicato Lanfranco Turci dei Ds definendo «mutile» ogni presa di posizione dei politici che, dice, «sono spettatori a una partita di calcio: non influiscono sul risultato».

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