L' autunno delle parrocchie

L' autunno delle parrocchie - ■ — DSL PRETE DON SANDRO, 75 ANNI E 4 CHIESE SULL'APPENNINO LIGURE .' . .... .... ..1. m — L' autunno delle parrocchie «Sempre meno vocazioni, ma resisteremo» la storia I parroci son sempre meno, e questa diminuzione complica la vita delle comunità più lontane, di campagna e di montagna. In campagna, per esempio, c'è questa usanza: i fedeli anziani, dopo una certa età, per paura di morire d'improvviso, senza un contatto con la chiesa, si fan dare l'estrema unzione non quando sono malati, ma molto per tempo, al compimento del settantesimo anno. Poiché l'estrema unzione è un rito per «passare di là», quando hanno 74 o 75 anni non dicono: «Ho 74 anni», ma «Sono 4 anni che mi han mandato di là». Alla scarsità di parroci si rimedia con l'unificazione di più parrocchie. C'è un parroco, don Sandro Lagomarsini (che per la sua attività ha richiamato in passato la visita di scrittori, da Franco Fortini a Maurizio Maggiani), che sta a Scurtabò di Gassego (La Spezia), ma deve occuparsi di altre tre parrocchie, e per visitarle e celebrare la messa in tutte deve farsi a piedi una lunga marcia in montagna. Don Sandro, è così? «Sì, devo raggiungere quattro chiese di tre parrocchie, che sono: Scurtabò, Cassego e Valletti. La più lontana dista dieci chilometri. Al mattino di tutte le feste faccio il giro, parto alle 8,45, faccio una tappa di tre quarti d'ora, una di mezz'ora, un altra di mezz'ora, poi ritorno per il doposcuola, e nel pomeriggio riparto per Valletti». In totale son 40 chilometri a piedi. «Erano 40. Adesso son 35 perché ho trovato una scorciatoia». Non credo a una «crisi di misticismo» sul mondo. Se ci sono meno preti, non credo che attiri meno il cristianesimo o meno la religiosità; è probabile che attiri meno la chiesa. «La popolazione si è trasferita in città ed è finito il «bacino di approvvigionamento dei preti», che era la campagna più la piccola borghesia di buona volontà. Gente come quella di Scurtabò, che son girovaghi fin dal 1600, e lavoravano a Roma o Ferrara, una identità di parrocchia non l'hanno mai avuta. Hanno una frequenza alla chiesa che è inanimale: festa patronale, Natale-Pasqua se sono qui, e i defunti. Qui ogni paese, fino a cinquant'anni fa, aveva un parroco, due, tre che venivano dalla campagna; a Varese Ligure c'erano decine di preti». Forse lei non se lo ricorda, ma io sono stato suo ospite, molti anni fa. Erano ancora vivi Pasolini e Fortini. E' stato Fortini a farmi venire da lei. Mi diceva: «Vai a trovare questo parroco in Liguria, imparerai tante cose». Sono venuto. Lei allora aveva in affidamento numerosi bambini «corrigendi», che avevano commesso qualche reato, e il Tribunale dei Minori di Firenze o di Genova li mandava a scuola da lei. Ho visto da lei un bambino di cinque-sei anni che non parlava: era cresciuto nell'abbandono, in compagnia di animali dalla mattina albi sera, e non aveva imparato a parlare... «Se è quello a cui penso io, poi ha recuperato molto, aveva una grande intelligenza, era molto sveglio, è morto qualche anno fa». Pensavo al suo lavoro di parroco, sperduto ma essenziale, come all'ultimo aggancio a cui si attacca una società bassa, dimenticata, marginale: se non c'era lei, quei bambini precipitavano. E adesso? «Adesso il problema son gli anziani. Noi parroci ci siamo accorti che non ce la facciamo più a gestire tutti gli anziani sparsi per le comunità, e alcuni veramente soli, senza rapporti con i parenti, andati via. Dal '75 io «imposi» (mi lasci questo termi¬ ne) al comune di Varese di fare l'assistenza domi cibare agli anziani. La Regione ha i mezzi, e finanzia il servizio. Ma sei consiglieri della maggioranza han votato contro. Perché l'assistenza domiciliare è sentita come un disonore: il vecchio o muore o de¬ ve farcela da solo. Però alla fine la norma è passata. Qui è stata mia fuga fulminea degli abitanti dalla campagna: pare che siano scappati con la stessa rapidità con cui oggi scappano dal Kosovo, lasciando i vestiti stesi sui letti, le fotografie inchiodate alle pareti...» Perché tanta fretta? «E' stato il richiamo dell'industria in Riviera. S'è sentito di colpo come una sirena, e dappertutto». Anche nel paese dove sono nato io non c'è più un parroco. E hanno chiuso la scuola elementare. E una stazione dei carabinieri non c'è mai stata. I carabinieri servono a ricordare che c'è la legge. La scuola statale, che c'e lo Stato. Il parroco, che ci sono i comandamenti. Tutti questi abbandoni hanno un prezzo per la società? «Hanno un prezzo. Che però è più pesante per quelli che vengono da fuori, che non per quelli che sono rimasti qui. Quelli che ci chiedono un funerale «in terza», cioè con tre preti, sono quelli che sono andati via quarant'anni fa; quelli rimasti qui non ci chiederaiuio mai un'assurdità del genere». Ma l'usanza delle campagne, dove si dà l'estrema unzione con anni di anticipo, mostra che la scarsità di parroci rende più complicata la morte dei vecchi cattolici. «Queste cose crudeli e insensate io non le farò mai. Il problema è tornire una «assistenza religiosa continua». Stamattina ho portato la comunione a quattro vecchi, e uno nù ha detto: «Venga ogni sei mesi; se viene più spesso la gente si chiede cos'ho fatto di male». Lo sa perché qui in Riviera si famio molte estreme unzioni? Perché si spende meno. I milanesi, quando vengono giù, se hanno dai 65 anni in poi, corrono tutti a farsi ungere, ma solo perché qui non si paga, mentre a Milano si paga». Lei sa che «il potere e la gloria» di Graham Greene è un romanzo incentrato sulla mancanza di parroci? Siamo in un paese sudamericano a rivoluzione marxista, una madre che vede il figlio morire va da un prete indegno, ubriacone, che ha messo incinta una donna. Ha paura che se muore senza chiesa, il figlio muore completamente. «Conosco il romanzo. La campagna italiana non ha più questa paura. Era una paura legata alla mitologia cattolica, alla terribilità dei vecchi miti. I cattolici, anche contadini, sono ormai legati alle virtù, la carità, la generosità...» I parroci tenevano un diario, unica storia doti agliata dei paesi fuoristoria. Chi registra più hi storia di questi paesi, adesso? «Ancora i parroci. Per legge. Sono obbligati a farlo. Certo, se un parroco ha più parrocchie, il rischio è che faccia il resoconto solo in una». Per spiegare il lavoro dei parroci sempre meno numerosi, lei in un articolo ha citato Paganini: Paganini vinceva la sfida di suonare col suo violino lo stesso pezzo musicale, ogni volta con una corda in meno. Ma siamo sicuri che sia sempre la stessa musica? «Si, siamo sicuri. Il mio territorio è composto di 3 parrocchie, 4 chiesti, 400 persone abituali, che diventano 800 d'estate, con i parenti che tornano, più i turisti; son responsabile di oratori, 7 campanili, 5 cimiteri. L'importante è mettersi sul ritmo della gente. Per esempio: il martedì mattina c'è il mercato a Varese ligure, se un confessore si mette a disposizione dalle 10 alle 12, la gente può approfittarne. E' il miracolo di Paganini». Per far fronte alla carenza di sacerdoti, soprattutto nelle zone di montagna e di campagna, più parrocchie vengono affidate a un solo prete. Accade anche nello Spezzino, a Varese Ligure (foto in basso) dove don Sandro Lagomarsini ha in cura i fedeli di quattro località. Un incarico che lo costringe a percorrere ogni giorno 40 chilometri a piedi «Non c'è più il bacino di approvvigionamento d'una volta: la campagna» «Siamo di meno ma basta sintonizzarci sul ritmo della gente per farcela» ...Cj*» ' *