Kofi Annan ringrazia Roma di Maurizio Molinari

Kofi Annan ringrazia Roma Kofi Annan ringrazia Roma Tre anni di lavoro diplomatico dell'Italia Maurizio Molinari ROMA L'aereo militare italiano che ha trasportato i due cittadini libici accusati per l'attentato di Lockerbie da Tripoli all'Aja, l'incontro in programma oggi fra il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, e il colonnello Muammar Gheddafi e i ringraziamenti del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, concludono quasi tre anni di sforzi diplomatici di Palazzo Chigi e Farnesina tesi a riportare la Jamahiriyah nella comunità internazionale. Il risultato è ottenuto, ma restano due nodi bilaterali : i diritti degli esuli italiani e la sorte di Osama Abdel Al Zomar. L'isolamento di Tripoli e l'embargo dell'Onu in vigore dal 1992 sono stati sempre considerati un ostacolo dall'Italia sia al dialogo euro-arabo sia allo sviluppo dei rapporti bilaterali (un terzo del nostro greggio viene dalla Libia). Ma è dagli ultimi giorni della presidenza di turno italiana dell'Unione Europea, nel giu¬ gno del 1996, che la Farnesina iniziò a sondare i libici su possibili aperture sul caso Lockerbie. La trojka dell'Ile a guida italiana che allora giunse a Tripoli ottenne un primo impegno nella «lotta contro il terrorismo». Non era molto, ma si aprì uno spiraglio che consentì a Dini di inviare in missione l'allora segretario generale della Farnesina, Boris Biancheri. Il segnale che alcuni mesi dopo arrivò da Tripoli non riguardava Lockerbie ma il processo di pace in Medio Oriente: Gheddafi moderò i toni con Yasser Arafat (da lui prima definito un «traditore») e al summit della Lega Araba che si tenne nel 1997 al Cairo per la prima volta sottoscrisse un documento sul processo di pace in Medio Oriente. La scelta italiana di mettere da parte Lockerbie per sgombrare prima il terreno da altri contenziosi ha pagato anche sul piano bilaterale. Grazie alle missioni incrociate fra Roma e Tripoli del sottosegretario agli Esteri per l'Africa, Rino Serri, del Segretario generale della Farnesina, Umberto Vattani, del ministro degli Esteri Al Mountasser e del plenipotenziario Al Obeidi (oggi ambasciatore a Roma), si è arrivati in luglio alla firma dell'accordo di riconciliazione Italia-Libia: la prima intesa firmata da Gheddafi con un Paese occidentale. L'impegno mostrato da Gheddafi contro il fondamentalismo islamico in Nord Africa e l'allentamento dei suoi rapporti con il terrorismo arabo-palestinese (vedi l'allontanamento di Abu Nidal) hanno segnalato negli ultimi due anni, anche agli analisti di Londra e Washington, che il Colonnello stava tentando di riposizionarsi sulla scena internazionale. La conferma giunse poi durante il recente caso Ocalan, quando la Libia rifiutò di ospitare il leader del Pkk, offrendosi invece con l'Italia di trovare una «destinazione sicura» in Africa. Durante gli ultimi mesi di serrate mediazioni da parte del segretario generale dell'Orni, Kofi Annan, affiancato da Sud Africa ed Arabia Saudita, l'Italia ha dedicato i suoi sforzi a preparare il dopo-Lockerbie, ovvero il ritorno di Tripoli nella comunità internazionale a cominciare dall'ammissione nel Processo di Barcellona, il foro di dialogo e cooperazione fra lutti i Paesi del Mediterraneo. Di questo parlerà oggi Lamberto Dini nell'incontro con Gheddafi. «Speriamo che la Libia possa già essere presente, anche se solo come osservatore - dice il sottosegretario Serri - al vertice dei Paesi euro-mediterranei che si terrà a Stoccarda il 14 aprile, per poter poi avere Tripoli membro a pieno titolo dalla prossima riunione». L'adesione al Processo di Barcellona è un'altra prova per Gheddafi: entrando si troverebbe allo slesso tavolo con Israele, che Tripoli ritiene ancora un'«entità illegittima». La consegna dei due sospetti di Lockerbie consente all'Italia di guardare con fiducia ad un ulteriore sviluppo dei rapporti bilaterali che vedono in cima all'agenda la realizzazione del nuovo gasdotto e imponenti progetti turistici. Restano però due nodi da sciogliere di non secondaria importanza. Primo: il pieno risarcimento degli esuli italiani dalla Libia e il loro diritto al ritorno. Secondo: la sorte di Osama Abdel Al Zomar, il terrorista giordano-palestinese membro del commando responsabile del sanguinoso assalto alla sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982, condannato all'ergastolo dalla giustizia italiana, che la Grecia espulse verso la Libia nel 1989 e di cui da allora si sono perse le tracce. Un nostro aereo ha portato i due all'Aia. Oggi Dini a Tripoli