Dai sondaggi un «sì» all'intervento Nato di Mario Ciriello
Dai sondaggi un «sì» all'intervento Nato Dall'Italia alla Germania, dalla Francia all'Inghilterra, cosa pensa l'opinione pubblica Dai sondaggi un «sì» all'intervento Nato Mario Ciriello La propaganda serba insiste nel descrivere l'offensiva della Nato come un'azione politico-militare voluta da Washington e imposta agli alleati europei. Ma è una versione dei fatti che noti corrisponde alla verità. L'appoggio dell'Europa alla strategia Nato è oggi robusto, solido, vigoroso e crescente, dalla Danimarca alla Spagna. Paradossalmente è il pubblico americano, non l'europeo, a manifestare i dubbi più profondi, più assillanti. Per l'uomo della strada americano, Milosevic è ancora un personaggio remoto e nebuloso; per gli europei è una minaccia torva e vicina. Nel quadro europeo c'è un'eccezione, l'Italia, un Paese dove fino a pochi giorni or sono l'appoggio era tiepido e circospetto. Gli analisti internazionali attribuivano il fenomeno alla «forte tradizione anti-mili- tarista», al diffuso pacifismo, alle energiche campagne condotte da comunisti, da forze cattoliche, nonché da certi settori dell'estrema destra. Ma anche in Italia i sentimenti stanno cambiando. Un sondaggio condotto dal Corriere della Sera alla vigilia di Pasqua mostra che il numero degli italiani che considerano «giustificata» un'azione militare è salito dal 25 al 37,3 per cento e quello di coloro che hanno fiducia nella Nato e nella sua strategia è cresciuto dal 30 al 44. Nel resto d'Europa, la percentuale dei sostenitori della Nato ha superato in questi giorni il 60 per cento. E' quanto è avvenuto in Germania, dove un sondaggio del settimanale «Die Woche» ha rivelato che ben il 62 per cento dei tedeschi è favorevole agli attacchi aerei, con !>artecipazione tedesca, contro a Serbia. E' una metamorfosi stupefacente. Non era la Ger- 1 mania la nazione che si rifiutava d'inviare forze armate in terre straniere? Non era questa la patria del più gagliardo movimento pacifista? Non era qui che migliaia di dimostranti si erano battuti nell'82 contro l'installazione dei missili emise e Pershing? Il ministro degli Esteri, Jo- schka Fischer, uno dei padri fondatori dei Verdi, era allora tra quei dimostranti; ma adesso a chi ricorda quelle violente campagne anti Nato, risponde: «Non si può restare passivi dinanzi a un genocidio e alle sofferenze di migliaia di vittime innocenti. Vi sono valori umani più importanti del pacifismo e questi valori hanno radici profonde nella mia coscienza». In Germania, come in tutta Europa, intensa e penetrante è stata l'influenza esercitata dalle immagini dei profughi nel Kosovo, ma tra i tedeschi l'impatto è stato maggiore. Quelle immagini evocano il ricordo dell'Olocausto (secondo i socialdemocratici tedeschi i serbi hanno allestito quattro lager nel Kosovo per gli albanesi) e pongono ai cittadini scelte non soltanto politiche e militari, ma anche morali. Come in Francia, anche in Gran Bretagna vi è adesso una forte maggioranza favorevole all'invio di truppe nel Kosovo per arrestare l'esodo forzato della popolazione e per aprire la via a un ritorno dei profughi. In Inghilterra questa percentuale è ora del 58 per cento, benché il governo continui a respingere le proposte per una forza di terra: e un balzo ancora più alto ha compiuto la percentuale degli inglesi favorevoli ai bombardamenti aerei della Nato. Questa percentuale è adesso del 65 per cento, vicina al 70 raggiunto e mantenuto durante tutta la guerra del Golfo. Negli Usa si arriva sì e no al 50 per cento. Cause? Ignoranza del problema, crescente isolaziomsmo, e riluttanza a rischiare vite amo ricane in una «lite europea». Soprattutto adesso che l'America è sempre mene europea nella sua composizione etnica sempre più asiatica e latinoamericana. La percentuale più alta (70 per cento) di favorevoli è tra gli inglesi I più freddi sono gli americani
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