«Truppe per il corridoio umanitario»

«Truppe per il corridoio umanitario» «Truppe per il corridoio umanitario» Merlini: intervento di terra strategicamente necessario intervista CESARE Merlini, presidente dell'Istituto Affari Internazionali, perché si affaccia sempre più l'ipotesi di un intervento militare di terra della Nato in Kosovo? «Si deve fare quanto necessario per riportare i kosovari, anzitutto i cittadini di Pristina, a casa loro. Questo deve essere lo scopo e questa è la giutificazione per un intervento di terra. 0 fine strategico si unisce a quello umanitario. Il contingente impiegato sarebbe una forza di restituzione: la restituzione del Kosovo ai kosovari». Non sarebbe una pericolosa escalation militare? «Non sarebbe un'escalation della guerra ma una svolta». Perché una svolta? «E' probabile che dopo aver svuotato il Kosovo il presidente serbo Slobodan Milosevic offra la pace e la riammissione degli albanesi nella misurale nei modi che lui vorrà per avere una provincia a lui totalmente sottomessa, schiavizzata. Bisogna prevenire questa mossa annunciando l'azione di terra». L'intervento terrestre prospetta un rischio di perdite che viene valutato fra il 5 e 8% degli effettivi impegnati.. «Non drammatizziamo oltre misura difficoltà e previsioni di perdite. Partiamo dal fatto che non si può vincere solo dall'aria e non si può vincere a terra senza avere delle perdite». Servirebbero comunque almeno due mesi per trasportare nell'area un contingente di 100-150 mila uomini «Negli ambienti militari circolano per cautela grandi numeri, oltre i centomila uomini. Ma potrebbero bastarne molti meno per creare un corridoio umanitario ed arrivare fino a Pristina. Un fatto che avrebbe un forte valore simbolico. In questo caso potrebbero bastare due settimane par preparare la forza. Periodo durante il quale si ridurranno ulteriormente le capacità militari della Serbimi. Il porto Nato più vicino è Salonicco ma la Grecia finora si à mostrata molto tiepida sull'attacco alla Jugoslavia. «A parte il fatto che la Grecia ha votato, assieme a tutti gli altri partner, a favore dell'attacco Nato, non c'è solo l'accesso di Salonicco per trasportare il contingente. C'è un'alternativa molto difficile dal punto di vista orologico: l'Albania. E la terza possibilità è la Bosnia. Non sono vie alternative, potrebbero ben conciliarsi». 140 mila militari Nato già presenti in Bosnia e Macedonia saranno sufficienti? «Non credo. Soprattutto non solo qualitativamente sufficienti Ci vuole più attrezzatura corrazzata e più forze di combattimento. La prima richiede il trasporto via mare, le seconde invece possono essere aviotrasportate». Quale ruolo dovrebbe avere l'Europa nella composizione del contingente? «Il consenso per questa soluzione è crescente in Gran Bretagna ed in Francia, forse anche in Germania. Un intervento di terra, umanitario e strategico allo stesso tempo, deve essere soprattutto europeo così come l'azione dell'aria è soprattutto americana». E l'Italia? «L'Italia deve fare la sua parte. Il presidente del Consiglio, Massimo D'Alema, disse che qualunque azione militare nelle vicinanze dell'Italia vedrà la nostra partecipazione. E' probabile che gli Usa parteciperanno alle operazioni di terra ma l'iniziativa deve essere europea». Perché la Nato non parla apertamente di intervento di terra? «Significherebbe ammettere che l'offensiva aerea è fallita». [m. mo.| Il capo dell'istituto Affari Intemazionali «Iniziativa europea con l'appoggio Usa»

Persone citate: Massimo D'alema, Merlini, Slobodan Milosevic