La rassegnata guerra dell'America

La rassegnata guerra dell'America La rassegnata guerra dell'America La gente, tra timone disincanto, accetta l'escalation reportage Qabriele Romagnoli inviato a NEW YORK Orgogliosamente rassegnato a una trionfale sconfitta, l'americano medio aspetta e non spera. Accompagna l'escalation del conflitto in Kosovo con un equivalente aumento di preoccupazione, perplessità e disincanto. Accetta l'idea che l'impiego di truppe di terra sia, prima o poi inevitabile; si balocca, senza più letizia, con «l'imperativo morale dell'intervento», ascolta il suo presidente, i suoi generali, i suoi ministri di culto e i suoi dei dell'informazione e, questa è la novità dei tempi, non crede più a niente e nessuno. Ma va avanti lo stesso, non troppo però. Come il suo leader, è disposto a mettersi in gioco, correre qualche rischio, ma non a pagare un prezzo alto. Si sente il tifoso della squadra più forte, che ogni anno compra i giocatori migliori, poi li assembla malamente, ne tiene un paio in panchina, entra in campo senza uno schema e perde da un'armata di straccioni con il coltello tra i denti. Il processo di avvicinamento di «Average Joe», l'americano medio, a questo stato d'animo è stato rapido e inesorabile. La dichiarazione. Il giorno in cui il presidente Clinton «non dichiarò» la guerra, ma diede il via alle bombe, ero in un caffè a Sono. Il vicino di sgabello alzò la testa e guardò la cartina geografica sul televisore. Vide che il Kosovo era vicino alla Bosnia e disse: «Questo è quell'imbroglio di cui si occupava al telefono con la ragazza sotto il tavolo?». Cominciò che sembrava una barzelletta. Un quarto degli americani sapeva dove stavano andando a bombardare, gli altri tre quarti: nebbia sui radar. Nessuno conosceva la Storia. Adesso i quotidiani gliela pubblicano a paginate, estratti da sussidiario. E vedi gente che scuote il capo: «Ma se è sempre stato così, perché siamo finiti nella "polveriera dei Balcani"?». Cominciò con le barzellette. Sono finito in una casa Uptown Manhattan una sera e stavano tutti attorno al televisore. Mi aspettavo la Cnn, invece c'era una specie di «Striscia la notizia» made in Usa, con il presentatore che portava una maglietta con la scritta «Bombing Albania 1999» e l'inviato in finto collegamento da Belgrado che mostrava un videogame. Tutti sghignazzavano. «Ci considera cinici? - domandò il padrone di casa - Guardi che stiamo ridendo di noi stessi, del nostro presunto ruolo di salvatori del mondo e delle palle che ci raccontano e ci raccontiamo. Vuole vedere che cosa è davvero tragicomico?». Premetto il telecomando sul canale 42. L'intervistatore parlava in diretta con il serbo Arkan. Un sottopancia lo qualificava «criminale di guerra». Serenamente annunciava: «Quando voi americani verrete via terra vi restituiremo tutto con gli interessi. Sappiamo combattere e voghamo il vostro sangue». Intervistatore: «E' vero che continuate il massacro etnico dei kosovari?». Crimi- naie di guerra: «L'unico massacro è quello che stato facendo voi, è dalle vostre bombe che fuggono i profughi». Intervistatore: «Grazie di essere intervenuto». Criminale di guerra: «Grazie a voi, buona sera». Come se, cinquantanni fa, la Bbc avesse intervistato Goebbels, ascoltato la negazione dell'Olocausto e: «Buona sera e grazie, ora scappo a Mauthausen». Average Joe guardava e si chiedeva: «Ma è una guerra vera o facciamo finta?». L'escalation. Il primo segnale di realtà è stato lo Stealth abbattuto, ferita mortale al cuore della tecnologia yankee, nuovo ironico presagio di sventura per la superiorità culturale e scientifica sconfitta dalla semplice rabbia e dalla decente mira. Adesso che sono partiti con grande fanfara gli elicotteri Apache, il funesto segnale è dato dalla presenza in tutte le vetrine delle librerie di «Black Hawk Down» (Abbattutto Falco Nero), storia della disastrosa spedizione in Somalia simboleggiata dalla caduta del sinistro velivolo supertecnologico. 11 secondo segnale di realtà sono slati Gonzales, Ramirez e Stono, i tre «Ryan» preda del nemico. Con loro la guerra è entrata nella canto del popolo ed e cominciata la retorica dei nostri gialli, accompagnata da un inedito cinismo dei commentatori («Linea a Los Angeles, dove la famiglia Ramirez stamattina ha saputo del figlio vedendo il filmato della tv serba, uh, oh! Che risveglio!»). Il 76% degli americani e in ansia per i tre, ma vorrebbe anche sapere perché gli hanno detto che stavano per essere processati, se non era vero. Non è ancora salita nessuna onda pacifista, ma monta, a livelli mai visti in precedenza, l'insofferenza per la propaganda. Lo stato delle cose. Genera insofferenza la storia della ragazzina kosovara chi; scambia e-inail con il coetaneo e viene trasformata in un radiodramma quotidiano. Serpeggia il dubbio: questa Adona abita a Pristina o a Washington? Generano insofferenza le immagini glamour degli edifici governativi di Belgrado in fiamme nella notte. Cogliendo uno stato d'animo generalizzato, ha scritto William Safire sul New York Times: «E' stata una missione di propaganda, nel quadro di una Terza Via di politica estera: non fermare l'aggressore, né ignorarlo, ma punirlo senza correre rischi. Lo scopo della Nato è perdere onerovolmente, facendo pagare un costo al vincitore... chi vuole morire per la credibilità della Nato?». Non già per Pristina, che era la facciata; chi vuole oggi in America morire per la credibilità della Nato? E che cosa accadrebbe se fosse vera la storia diffusa da un giornale ateniese e rilanciata su Internet, secondo cui diciannove baro sono state rispedite negli Usa via Grecia perché nessuno (ancora) sapesse? Venti dei suoi ragazzi è più o meno il conto totale che Average Joe è disposto a pagare: il prezzo dell'orgoglio di avere combattuto per le anime dei più deboli, fatto del male a un nemico che resta al suo posto, poi tutti » casa, dove il Dow Jones non si lascia abbattere da nessuna contraerea. Lo Stealth colpito e soprattutto la vicenda dei tre «Ryan» catturati dai serbi ha ricordato a tutti che ci sono rischi Davanti alla casa del sergente Andrew Ramirez, prigioniero dei serbi, penzola una bandiera con la sua foto e una preghiera

Persone citate: Andrew Ramirez, Average Joe, Clinton, Crimi, Goebbels, Ramirez, William Safire