«La mia Pasqua, di gioia e speranza» di Alain Elkann

«La mia Pasqua, di gioia e speranza» Monsignor Tettamanzi: oggi celebrerò messa tra un gruppo di genitori di ragazzi disabili «La mia Pasqua, di gioia e speranza» L'arcivescovo di Genova: vicino a chi lavora e soffre Alain Elkann ONSIGNOR Dionigi Tettamanzi, lei da quattro anni è l'arcivescovo di Genova: che città è? «E' unn città difficile e stupenda». Perché è difficile? «Ha tanti problemi di diverso genere. Tende a essere sbilanciata sulla tradizione, sul passato, più che proiettata in avanti. Inoltre è una città appesantita da uno stile individualistico e conflittuale nel cercare la risposta ai problemi che sono davvero pesanti, a cominciare dalla disoccupazione giovanile e soprattutto femminile. E poi l'anzianità è molto rilevante. Pensi che è nella Regione più vecchia d'Europa. E, inoltre, ci sono molti disagi legati all'immigrazione». Quali disagi? «Per esempio la microcriminalità, la droga e la prostituzione». E lei come li combatte? «Combatto lanciando alcuni messaggi. Per primo quello della speranza di fronte a persone che hanno paura della gravità dei problemi. Solo chi spera può affrontare una situazione. Credere nelle proprie risorse e non attendere da altri o da fuori la risposta ai propri problemi. Inoltre, saper procedere in maniera più concreta e solidale, superando quel tessuto individualistico e conflittuale di cui ho parlato». Però, ha anche detto che Genova è una città splendida. «Si, splendida da tanti punti di vista. E come arcivescovo vorrei ricordare la storia di santi e sante che si caratterizzano per un'armonia profonda tra la loro religiosità, con punte di misticismo, e la partecipazione alla miseria e ai problemi della gente. Una spiritualità che sa sporcarsi le mani por annunciare l'amore di Dio con il servizio più umilo». Eminenza, come si è preparato alla Pasqua? «Nella preghiera e nella dispo- nibilità e a una serie di incontri con la gente: in particolare ho visitato e visiterò alcune aziende per offrire una parola di fiducia e di speranza al mondo del lavoro». Per lei la Pasqua è una festa allegra? «Sì, quanto mai gioiosa, perché mi riporta al cuore del mio servizio di vescovo, come al cuore della comunità cristiana. Questo cuore è una persona viva, concreta, reale: è Gesù Cristo». Pregherà per quelli che sono in guerra? «Vorrei che nessuno fosse escluso dalla mia preghiera e che in prima fila ci fossero le persone che più hanno bisogno. Lascio che sia il Signore a spostare di qua e di là la mia povera preghiera per chi è disperato da ogni punto di vista». Riesce ancora ad essere un semplice sacerdote? «Se non offendo l'umiltà, mi sento un uomo in mezzo agli altri uomini. Essere sacerdote lo sento come un appello a una sensibilità e a una disponibilità ancora più evidenti e trasparenti. Mi sento il bambino di sempre e questo è il mio animo. Non sopporto nessuna distinzione tra le persone». Però lei è anche una persona di potere, un arcivescovo in una grande città. «Non so che cosa significa potere. So che ci ò stata affidata un'autorità spirituale, ma so che chiede di esprimersi nella disponibilità e nel servizio. Io mi comporto con naturalezza con tutto e con tutti. Con il Santo Padre e con la vecchietta, alla quale chiedo come sta o che mi confida le sue paure. Con i bambini che vanno all'asilo o allo elementari come con il docente universitario. Possono cambiare le forme, ma la sostanza è identica. Sono un prete che vuole far capire che Dio vuole bene proprio a tutti». Come trascorrerà questo giorno di Pasqua? «Celebrerò una messa tra i genitori dei disabili e questo sarà il momento più bello: dare spe- ranza a questi genitori». E la sua famiglia non la vedrà? «Vedrò mia madre, che ha 88 anni e abita in Brianza, dopo Pasqua e vedrò anche mia sorella, mio fratello e i miei nipoti». E' molto legato alla famiglia? «Sì, legatissimo: mi sento sempre, come le ho detto, il bambino della Brianza. Io sono legato a loro e loro sono legati a me e mi hanno sempre lasciato libero di fare il mio cammino spirituale». E quando trova il tempo per scrivere? «Ogni tanto, l'abitudine del passato a scrivere libri e articoli mi ha insegnato a saper strappare momenti di tempo e sfruttare momenti ristrettissimi per buttar giù alcuni appunti. Poi, li riprendo e li riscrivo». Le capita spesso di camminare per le strade di Genova? «Sì, ma soprattutto le strade dei paesi dell'interno. La visita pastorale mi dà la possibilità di andare non solo nelle chiese, ma anche nelle case e negli ambienti laici». Che cosa pensa della scuola? «Capisco le difficoltà che esistono oggi. Il pluralismo culturale è molto più complesso di un tempo e non facilita la comunicazione di un messaggio semplice. Auspico che ci sia maggior coraggio nel mondo degli adulti, degli educatori, dei genitori, degli insegnanti, ma non solo nel proporre le discipline scientifiche ma anche nell'insegnare il senso della vita. I giovani non amano essere i "pellegrini del nulla" ma anche se in forma talvolta scomposta e piena di contraddizioni hanno fame di valori e chiedono cose serie ed esigono che gli adulti siano coerenti nei fatti e con le parole che dicono». Oggi i giovani sono diversi, più infelici di un tempo? «Il giovane di oggi è il giovane di sempre, con situazioni che lo possono condizionare negativamente, ma con risorse nuove e più forti che lo spingono in avanti nel suo cammino di re- sponsabilità». Lei si considera un uomo tranquillo? «Sì, tranquillo e sereno, ma partecipe delle situazioni nelle quali sono coinvolto. Attribuisco questo carattere un po' alla natura, ma soprattutto a quella fede semplice, concreta e solida che ho ricevuto da bambino. Cerco di fare quello che posso e il resto lo lascio al Signore». La gente che cosa le chiede? «Pare che mi chieda la presenza in mezzo alle persone, alle famiglie. E' una presenza parlante attraverso la disponibilità, il sorriso e l'apporto di speranza». E il silenzio, così caro al cardinale Martini? «Penso che la gente veda il suo arcivescovo anche quando sta in silenzio, soprattutto nei momenti di una liturgia che chiedo spesso non gridata e con il rischio di esteriorità e soprattutto di una banalizzazione del mistero. Deve saper amare il silenzio». E del Papa che cosa pensa? «E' un vecchio Papa, ma non un Papa vecchio. La sua giovinezza mentale e spirituale è straordinaria. L'ho incontrato tante volte quando ero segretario della Cei e in varie udienze, anche recentemente». Un suo desiderio, una sua preghiera? «Che la gente abbia .più pace interiore e la raggiunga con maggior coraggio. Che sia tollerante con tutti, sappia perdonare e uscire dal proprio egoismo. Che sia più solidale. E, poi, il sogno e la preghiera è che la gente si accorga che Dio c'è e che è amore». fi fi Questa città tende ad essere sbilanciata sul suo passato più che guardare in avanti E dà risposte individualistiche ai problemi di disoccupazione e immigrazione j p fi fi Mi comporto con naturalezza con tutti, sia con il Papa sia con la vecchietta che mi confida le sue paure p y Nodw o.inm0!MJt (iModinoirco.^T^'l!^...... nituiia ttote arila AMIE. prolasslono wmm. l il. uuai. gannii ma hobby Tt^S.„.™."tT.TI."..7. ttsmm murami oa A destra un'immagine di Genova. Sotto Monsignor Dionigi Tettamanzi, arcivescovo della città

Persone citate: Dionigi Tettamanzi, Gesù, Tettamanzi

Luoghi citati: Europa, Genova