Nuovo tipo di ubriaco il «Chocoholic» di Maria Laura Rodotà

Nuovo tipo di ubriaco il «Chocoholic» ALTO DOSAGGIO Nuovo tipo di ubriaco il «Chocoholic» Maria Laura Rodotà IL chocoholism, l'alcolismo da cioccolato, è uno dei pochi campi in cui gli uomini restano più avanzati e sofisticati delle donne. Il chocoholic maschio si fa di fondente, sceglie marche raffinate (ci sono dei sottogruppi di fedelissimi, filo-svizzeri, filo-belgi, filo-torinesi), sperimenta molto. E disprezza i nutellari modello Walter Veltroni-Nanni Moretti; li guarda come un grande enologo guarderebbe quelli che si ubriacano di Frascati sfuso. Guarda male, per la verità, anche la chocoholic femmina. Soprattutto perché preferisce il cioccolato al latte. E fosse solo quello. La media cioccolatista italiana non solo non ama troppo il fondente, è anche una consumatrice compulsiva e seriale di cioccolata a grande diffusione. A seconda dell'età, ha cominciato con «cioccolatino per bambini» con riso soffiato, o più latte meno cacao, o con strani e successivi ripieni pistacchio-miele-gel per capelli-kryptonite; e non se ne è mai allontanata. Tuttora, nei momenti difficili, ne tiene in borsa, ne mangia al lavoro, ne usa come aperitivo che l'aiuti ad affrontare complessi ritorni a casa o deprimenti serate davanti alla tv. Ma anche le donne chocoholic sono divisibili in due sottotipi: la Segretista e la Liberata. La Segretista, spesso con mai risolte tendenze bulimiche, mangia la sua cioccolata di nascosto. Nei casi blandi, aspetta di tornare a casa e si abboffa; se è singola, stesa davanti al televisore, se ha una famiglia, nella stanza più riparata. Nei casi disperati esce dall'ufficio in preda a raptus, compra barrette al bar, e le divora fra vicoli e cortili; oppure tiene baci Perugina in macchina, si ingozza ai semafori, rischia il frontale per leggere la frase d'amore sul bigliettino. Perché la chocoholic, lo dice il ragionamento stesso, è una ragazza sentimentale. Lo è anche la Liberata, che sarebbe invece convinta di aver risolto le sue tendenze bulimiche. Dopo regolari sofferenze adolescenziali e peso che andava su e giù, ha cominciato a leggere trattati di psicologia pop sul valore liberatorio del rivelare apertamente agli altri i propri desideri e pulsioni, più le notizie sugli effetti antidepressivi del cioccolato. Perciò gira sempre carica di tavolette barrette e cioccolatini, li tira fuori in ogni momento, li offre per condividere la sua colpa, si fa odiare da tutti i chocoholic lievi o semidisintossicati. Perche li induce continuamente in tentazione!. Al bar, da ottobre ad aprile, tenta di ordinare cioccolata calda con squaglio e panna. Andare a cena da lei ha un sicuro effetto antidepressivo: il soggiorno è pieno di conchette di cioccolatini più lenti di cioccolato più quadretti di cioccolata pura. Andare sua ospite nei week end vuol dire arrendersi al cacao in una forma o nell'altra. I piìi sbracano a colazione, davanti a delle specie di biscottini tondi tutti cacao che si possono intingere nel latte caldo ma anche sciogliere. Non è una cosa da chocoholic raffinati, certo, ma i chocoholic: clero dei due sessi non si mettono quasi mai insieme. Hanno troppo poco in comune. Anche d'estate Gli uomini vanno a cercare, in gelaterie piccole e lontanissime dove bisogna fare mezz'ora di fila, gusti cioccolato amaro rarefattissimi. Le donne, se segretiste, tengono bidoncini eremosi in freezer, di quelli formalo famiglia, e ne mangiano uno intero ogni volta; se Liberate, vanno al bar dieci volte al giorno comprando qualunque cosa, sfusi, cornetti, biscotti ripieni, cremini moroloni; azzannandoli con sguardo vitreo al grido di «tanto e quasi tutta aria». Oddio, non tutta. Però, a guardar beni!, meta delle chocoholic sono inagrissimo. Ma non perché la cioccolata non faccia ingrassare. Semplicemente, non mangiano altro. O

Persone citate: Nanni Moretti, Walter Veltroni

Luoghi citati: Frascati