Cioccolato, sono tutti felici e fendenti

Cioccolato, sono tutti felici e fendenti E' la mania del momento, buono e antidepressivo: ogni italiano ne consuma 3 chili all'anno Cioccolato, sono tutti felici e fendenti Dimmi che gusti hai, ti dirò chi sei Laura Carassai Se no sono viste di manie da fine Millennio, ma questa è sicuramente la più gratificante. Bisognerebbe abbandonarsi al cioccolato come a un pedinamento amoroso calcolatissimo, come a un'intelligente casualità. Perché questa ex «bevanda degli dei» non solo riesce a spiegare, attraverso le preferenze, il carattere degli amatori e di riflesso il loro ambiente e le loro abitudini, ma interpreta anche il valore culturale del cibo. E fa bene alla salute. Esagerazioni? tFelici e fondenti» è il motto degli iscritti alla «Compagnia del cioccolato» a Perugia che ogni anno organizza (16-24 ottobre) im festival a tema: l'«Eurochocolate». La «Compagnia» ha affiliati sparsi in tutta Italia, riuniti in «Tavolette» e «Quadratini». Anche il Piemonte, che possiede ima tradizione centenaria di ottimi cioccolatieri, ne è stato conquistato. A Cocconato d'Asti per volontà di Giorgio Calabrese e di Roberto Bava, è nato il «Nutrichoc», associazione no-profit che ha un'unica missione: difendere la cultura del cacao e la libido del palato. Stesso scopo anche per il «Chococlub» di Alba, che ha formato una Nazionale di calcio al gusto «marrone». E se a New York, da sempre, esiste la settimana del cacao, a Berlino il 6 ottobre tornerà il Muro. Ma questa volta sarà pralinato: per festeggiare il decennale dalla caduta del comunismo, in Potsdamer Platz verrà costruita, e poi abbattuta a morsi, una barriera al cioccolato lunga 20 metri e alta 3. In Italia è un esercito che cresce. A Milano si è costituita una «Confraternita» in uno dei salotti più esclusivi della città. I 18 soci, fra cui anche l'oncologo Umberto Veronesi, s'ispirano al «Club des Croqueurs de Chocolat» di Parigi. Il gruppo francese, ogni anno, compila una guida all'assaggio e premia i migliori artigiani con un diploma al merito molto ambito. Il regista Zemeckis lo aveva intuito, per questo fa ripetere a Tom Hanks-Forrest Gump, seduto sulla panchina in attesa dell'autobus, il consiglio di mamma, Sally Field: «La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita». E su questo filo sottile, che identifica le persone alle prelibatezze, la scrittrice tedesca, Tina Grube, ha scritto il romanzo «Gli uomini sono come il cioccolato»: «All'inizio sono tutti dolcissimi, ma poi salta sempre fuori un retrogusto amaro. Per fortuna ci sono anche quelli affidabili, come i gianduiotti, non deludono neanche dopo una scorpacciata». Ad ogni cioccolatino corrisponde un tipo psicologico. Amate le uova di Pasqua? Attenzione: siete pericolosi, grandi e promettenti fuori, vuoti e leggeri dentro. Il nocciolato è la vostra passione? Allora siete brillanti, mondani, state bene in mezzo alla gente. Grandi navigatori dell'esistenza, siete felici con ogni partner, anzi ogni partner sta bene con vuoi. Se invece amate il cioccolato con il liquore: siete caldi. Anima, sesso e cervello formano la vostra miscela esplosiva. Se invece, non per motivi di salute, scegliete (orrore) il genere dietetico: siete incapaci di concedervi. Amate le crisi e sudate dietro la ricerca di voi stessi. Insomma: siete da evitare. Perché il cioccolato vuole dire soprattutto antidepressione. Lo hanno ben sperimentato i delegati di Rifondazione comunista, il 3 ottobre del '98, in quella triste colazione romana, al ristorante dell'Hotel Ergife, dove si teneva il congresso nazionale del partito. L'ombra della scissione aleggiava già, nessuno aveva voglia di parlare. Un unico argomento scaldò la conversazione; il cioccolato. Il suo impatto sul cervello, secondo l'autorevole rivista «Science», è simile all'hashish, alla marijuana, alle sostanze cannabinoidi. Ora finirà che per le tavolette verranno fissate dosi minime di tentazione, potranno essere comprate solo in farmacia, dopo aver esibito la ricetta. Una vera droga di leggerezza. Per questo all'Univeristà di Pavia, l'I 1 aprile, il cioccolato subirà un processo. Assolto o condannato? L'unica certezza è che i giudici inviteranno i presenti ad andare sul «luogo del delitto», alla cascina Gracar di Certosa, dove saranno a disposizione 25 pasticcieri e mille chili di varietà al cacao. Il cacao per i Maya era «la bevanda degli dei», per gli Atzechi i chicchi erano più preziosi dell'oro: con dieci si comprava un coniglio, con cento una schiava. Solo l'imperatore poteva permettersi una coppa al giorno della bevanda chiamata «chocotl», cioè acqua amara. Si otteneva mescolando semi torrefatti e macinati con acqua, vino e peperoncino. Dopo l'invasione spagnola, il cacao si diffuse anche in Europa e la prima tazza fumante fu assaggiata, nel Seicento, al Caffè Florian di Venezia, su ricelta importata da Antonio Carlotti. Ma la bevanda era grassa e indigesta. U cioccolato moderno si deve all'invenzione di un monaco olandese, Van Hauten, che agli inizi dell'Ottocento creò un torchio per eliminare la parte oleosa: il burro di cacao. Fu però l'idea geniale di un gesuita svizzero, che mescolò zucchero, polvere dei chicchi e parte grassa, a far nascere l'antenato del cioccolato solido. In Italia se ne consumano 3 chili a testa. Non sono molti se si considera che un inglese ne mangia 15 e un americano 25. «Allungano la vita, certamente - conclude Giorgio Calabrese, medico nutrizionista -. Hanno mi potere antiossidante. Non fanno invecchiare le cellule e non fanno ingrassare, basta non esagerare». Il consiglio: «Mangiarne dai 50 ai 70 grammi al giorno e, se possibile, fondente». LE VOGLIE DI PRIMAVERA CIOCCOLATO