I calciatori serbi in campo col lutto di Roberto Condio
I calciatori serbi in campo col lutto Laziali e romanisti con «peace no war» sulla maglia, il Bari si attiva per i profughi kosovari I calciatori serbi in campo col lutto Fabio Fazio: non mi sento di augurare Buona Pasqua Roberto Condio «Pace, no guerra». Tre parole scritte in italiano, in inglese e in serbo sulle T-shirt bianche indossate all'ingresso in campo da tutti i giocatori di Lazio e Sampdoria e da uno della Juventus. Non (osse stato per l'iniziativa collettiva delle due squadre che ieri hanno schierato due giocatori jugoslavi e per quella individuale del bianconero Mirkovic, il dramma dei Balcani sarebbe stato quasi del tutto ignorato nel sabato del calcio italiano. La triste contabilità del lutto del pallone sta tutta nelle fasce nere messe al braccio da 4 serbi (Mihajlovic e Stankovic della Lazio, Salde e Zivkovic della Sampdoria) e, per solidarietà, da un croato (Bolic della Salernitana) e in qualche striscione pacifista apparso qua e là. Al tirare delle somme, ò stata una giornata con più espulsi (sette) che giocatori col lutto (cinque): non un bell'esempio. A dire il vero c'è stato un sesto lutto, ma lo hanno visto in pochi. Lo ha portato in panchina Vujadin Boskov. L'allenatore del Perugia originario di Novi Saduna si è presentato in campo con un nastrino nero (issato sulla giacca. «Mi dispiace pei' tutte le vittime del Kosovo - ha detto al tonnine della partita -. La guerra sta creando problemi notevoli: mia sorella mi lia spiegato che a Belgrado le gente non può più uscire di casa. Il lutto ò stato un modo per esprimere solidarietà a questo popolo, anche se per porre termine al conflitto bisogna decidere di sedersi al tavolo delle trattative». Lo stadio in cui si è registrata l'unica iniziativa concreta per le vittime della guerra è stato quello di Bari, dove non hanno giocato serbi. Prima di Bari-Koma si è svolta una manifestazione di soli¬ darietà con le popolazioni del Kosovo: una trentina di bambine e bambini del Kosovo e dell'Albania, che vivono in un campo di accoglienza a Palese, hanno sfilato sulla pista dello stadio San Nicola fra gli applausi di oltre 20 mila spettatori che hanno esternato il loro disappunto per il conflitto balcanico e hanno intonato cori per auspicare che venga posta fine alla guerra. Il Bari ha contribuito alla «Missione Arcobaleno» devolvendo l'uno per cento dell'incasso della partita, 5 milioni. Il presidente Vincenzo Matarrese ha dichiarato: «Siamo vicini al dolore del popolo del Kosovo. La Puglia è terra di frontiera e ancora una volta è impegnata a dare il massimo della solidarietà». Anche all'Olimpico di Roma, prima di Lazio-Milan, è andata in scena la protesta. I giocatori laziali sono entrati in campo indossando, sotto la casacca biancoceleste, una maglietta bianca con la scritta «Peace, no war», che hanno scoperto una volta schierati al centro del campo prima del fischio iniziale. Subito dopo, Mihajlovic e Stankovic sono andati sotto la curva Nord, e per alcuni secondi, sono rimasti, abbracciati, davanti ai tifosi. Applausi della curva, che poco prima aveva bruciato una bandiera americana, esposto uno striscione con scritto «Uccidete il sol¬ dato Ryan», accompagnato da una croce celtica. Discutibile, ma pare che nessuno abbia fischiato. Se quelli del calcio di serie A non hanno fatto granché per ricordare il conflitto che infuria dietro l'angolo, «Quelli del calcio» ha invece chiuso la puntata di ieri listata a lutto. Dopo aver letto i risultati finali della schedina, Fabio Fazio si è fatto serio e ha detto: «Scusate, ma non mi sento di augurare la buona Pasqua». «Per me e per noi - ha spiegato in diretta il presentatore dell'ultimo Festival di Sanremo - è stata una puntata 1(articolare. Fare una trasmissione eggera in un momento come questo è davvero molto difficile. A questo punto, sarebbe il momento degli auguri, ma io non me la sento di augurare buona Pasqua perché questa non può proprio essere una buona Pasqua. Io mi auguro solo che questa sia davvero una Pasqua, cioè un passaggio dalla guerra alla pace». «Stiamo vivendo - ha aggiunto Fazio - un momento terribile, siamo vicini ai profughi del Kosovo e, se permettete, anche alla popolazione civile serba sotto i bombardamenti. E' sciocco e sbagliato aggiungere altre cose». Fazio ha concluso il programma dando i numeri di conto corrente di solidarietà per portare aiuto ai profughi e dicendo: «Oggi, più che la nostra trasmissione abbiamo cercato di fare il nostro lavoro». Striscioni pacifisti e 5 giocatori in lutto Davanti a 20 mila spettatori di Bari-Roma sfilano bambini kosovari e albanesi e all'Olimpico brucia una bandiera Usa «Quelli che il calcio» ricordano anche i civili serbi sotto i bombardamenti Il calciatore serbo Zoran Mirkovic ha indossato una maglia con slogan an ti-guerra sotto la casacca juventina A destra: Il presentatore Fabio Fazio
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