Mosca: una guerra di sterminio di Anna Zafesova

Mosca: una guerra di sterminio Mosca: una guerra di sterminio Primakov si consulta con il Segretario Onu Anna Zafesova nostro servizio MOSCA «Un altro atto di barbarie sui Balcani». La reazione della Mosca ufficiale al bombardamento di Belgrado è stata durissima e il comunicato del ministero degli Esteri russo usa parole da atto di accusa: «L'aggressione della Nato si è trasformata in una spietata guerra di sterminio contro i popoli della Jugoslavia». E i riferimenti alla catastrofe umanitaria nel Kosovo vengono giudicati come «particolarmente cinici». In risposta alle bombe su Belgrado alzano la voce anche i militari russi. 11 generale Leoiùd Ivashov ha dichiarato ieri che gli attacchi aerei di sabato notte sono l'atto più «disumano» che lui ri¬ cordi: «Dopo questo gesto la Nato non ha più diritto di esistere». Il ministero della Difesa russo afferma che dei 21 obiettivi bombardati 17 erano esclusivamente civili: palazzi di abitazione, fabbriche, ospedali. Non è chiaro quanto queste dichiarazioni coincidano con i dati fomiti dagli stessi russi - sull'assenza di vittime nell'attacco notturno su Belgrado. Il comando russo comunque prende gli eventi molto sul serio e Ivashov - che è il responsabile delle relazioni internazionali del ministero della Difesa - ha annunciato ieri che si stanno già preparando misure per incrementare la «capacità di combattimento» delle truppe. A Mosca sono in corso riunioni ad alto livello per elaborare piani militari legati all'escalation del conflitto in Jugoslavia. Una di queste proposte è il ritiro dalla Bosnia della brigata di pace russa, che già nei giorni scorsi era stata trasferita sotto il comando diretto di Mosca. La Russia però per il momento si astiene da aiuti militari diretti alla Jugoslavia, nonostante le pressioni fatte sia da Milosevic in persona, sia dalla maggioranza in Parlamento. «Non abbiamo ricevuto nessuna indicazione in merito dal presidente della Russia», ha detto ieri Ivashov. Ci saranno invece aiuti umanitari ai «fratelli serbi». Il vice-premier Ghennadij Kulik ha annunciato ieri che la prevalenza verrà data a materiali edili, per ricostruire quanto distrutto dalle bombe. Boris Eltsin nei giorni scorsi ha ripetuto diverse volte che non permetterà un coinvolgimento diretto della Russia nella guerra dei Balcani. Ma il Cremlino non esclude una possibile presenza militare nella zona del conflitto. Ieri la nave-spia «Liman», salpata venerdì mattina da Sebastopoli, ha attraversato il Bosforo. Tra due giorni raggiungerà l'Adriatico, dove raccoglierà informazioni su tutti gli spostamenti delle forze Nato. E a Sebastopoli altre 6 navi stanno aspettando solo il segnale del comandante supremo Eltsin per partire. Si tratta stavolta non di navi di ricognizione, ma di unità da combattimento vere e proprie. Secondo il ministro della Difesa Igor Sergheev, l'arrivo della flotta del Mar Nero nell'Adriatico «dipenderà dagli sviluppi della si¬ tuazione». Mosca rimane inflessibile sulla sua posizione: fermare i bombardamenti e riprendere a negoziare con Milosevic da zero. E, mentre le diplomazie occidentali stanno rispondendo positivamente alla proposta russa di una riunione dei ministri degli Esteri del G-8, la Russia continua a cercare soluzioni per aiutare i «fratelli sorbi». Ieri Boris Eltsin, in una telefonata con il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder, ha insistito sulla convocazione del G-8 per trovare una strada per la pace in Jugoslavia. E la sera prima il premier Evghenij Primakov ha ricevuto una telefonata dal segretario generale dell'Orni Kofi Annan. Un colloquio sul quale l'ufficio stampa del governo russo ha riferito molto seccamente, comunicando solo che è stata discussa la situazione in Jugoslavia. Ma, secondo molti, Mosca sta facendo da mediatore tra l'Occidente e Belgrado: ieri pomeriggio Primakov ha incontrato l'ambasciatore jugoslavo a Mosca, Borislav Milosevic. All'uscita il diplomatico - che è il fratello maggiore del leader serbo - è stato misterioso: «Non posso raccontare cosa ci siamo detti».