Un'altra notte di terrore a Belgrado

Un'altra notte di terrore a Belgrado Nel mirino degli aerei Nato nuovi edifìci strategici. Distrutti due ponti sul Danubio Un'altra notte di terrore a Belgrado «Come la Pasqua del '41, sotto le bombe di Hitler» BELGRADO Un'altra notte di terrore per Belgrado. L'allarme aereo è suonato ieri sera intomo alle otto. Alle dieci, è stato distrutto dalle bombe il ponte di Backa Palanka, che collega la Serbia alla Croazia. E poche ore prima, a Novi Sad, gli aerei della Nato avevano distrutto il ponte Sloboda (Libertà) sul Danubio. Ma la paura non piega i serbi. Ieri mattina, dopo la notte di fuoco che ha distrutto i Ministeri degli Interni della Serbia e della Federazione jugoslava, la città è emozionata, indignata, ma non doma. Gente silenziosa nei dintorni dei due edifici governativi colpiti dai missili, e folla in pieno centro per il concerto delle manifestazioni che si ripetono ogni giorno da quando la Nato ha lanciato gli attacchi. All'inizio concerti rock anti americani, quasi festosi happening per esorcizzare la paura, poi divenuti a sostegno di Milosevic. Ieri, niente pop star ma orchestra e coro della televisione; niente rock, ma musica classica, inni patriottici, bandiere rosse e nazionali. Al centro stampa dell'Armata, la formale correttezza di sempre verso i giornalisti stranieri, anche di Paesi Nato. Un ufficiale, in un breve incontro denuncia l'uso da parte della Nato, in varie operazioni, di bombe a frammentazione, e ne mostre diarie parti di fabbricazione americana, illustrandone il funzionameli» o e 1 micidiali effetti. Rispondendo ad alcune domande conferma ciò che fonti governative avevano già detto, e cioè che nell'attacco sulla città non si sono avute vittime. Per le strade, davanti alle rovine fumanti dei due edifici sventrati dai missili, le emozioni sono forti. E' il primo bombardamento con armi moderne su una capitale europea dalla fine della guerra, a 58 anni di distanza dal devastante bombardamento nazista del 6 aprile 1941. Pasqua, quell'anno, secondo il calendario ortodosso. La drammatica escalation, con la sua dimensione altamente emotiva e simboUca, colpisce i centri del potere e, politicamente corretta, grazie alla precisione di tiro non sparge sangue. Ma una vittima c'è, ed è l'opposizione interna a Milosevic. Già indebolita dagli attacchi dei giorni scorsi, essa è ora ridotta al sdenzio, mentre Milosevic si rafforza. Il patriottismo, l'isolamento internazionale, la certezza di essere le sole vittime nella complessa vicenda del Kosovo, spingono all'unità interna facendo mettere da parte ogni divisione. A Belgrado non ci sarà un 25 luglio. Non ci saranno congiurati. Non amano Milosevic in molti, ma si schierano con lui davanti allo spiegamento di potenza della più forte macchina militari; del mondo. Milosevic ha ieri presieduto una riunione governativa proclamando che «l'aggressione Nato non può distruggere il nostro popolo», e che «Belgrado è una città eroica». I missili dimostrano, a detta della Tanjug, «che scopo dell'aggressore è terrorizzare la popolazione civile e causare i maggiori danni possibili. E ha aggiunto che il suo incontro con Rugova apre la possibilità di soluzione politica e rende possibile il ritorno degli albanesi nel Kosovo, dal quale sarebbero fuggiti per paura delle bombe Nato. Il capo di stato maggiore proclama sarcastico che la Nato «vuol prevenire la catastrofe umanitaria con le bombe e conservare la pace nei Balcani scatenando la guerra e attaccando Belgrado», ma «l'uomo che difende la propria famiglia, la propria casa, la propria terra, è invincibile». I missili sono arrivati alle 0,47 della notte ira venerdì e sabato. Dalla mia stanza d'albergo ho sentito rome un rumore di aerei a bassa quota, visto in cielo veloci puntini luminosi, poi le esplosioni sulla collina in centro, a un chilometro in linea d'aria. Poco dopo le fiamme alte nella notte, l'ululare delle sirene. Meno di due ore prima era finito un concerto notturno anti Nato, con cortei e bandiere rosse. Si era sciolta da poco una fiaccolata su ano dei quattro ponti della città, dove centinaia di persone erano rimaste a fare da scudo umano. Alle 5 del mattino le fiamme sono state domate. Sugli alberi dei giardini vicini, pezzi di tendaggi, a terra un frammento di missile, pezzi di mobili scagliati lontano dalle esplosioni. Tutto circondato da militari e polizia, vietato avvicinarsi. Impatto psicologico enorme, ma nessuna vittima, gran precisione di tiro, sui centri fisici del potere già svuotati, trasferitisi altrove. Bombardate scatole vuote. Intatto, ma con terrore per tutti, un vicino complesso ospedaliero, con una clinica ostetrica con 70 puerpere e neonati trasferiti nella notte nei sotterranei. A poche centinaia di metri di distanza, uno dei maggiori ponti e la ferrovia. Il luogo è visitato dalla delegazione russa della Duma capeggiata da Sergej Baburin, che il giorno prima aveva incontrato Milosevic. Baburin, leader nazionalbolscevico, conferma che Milosevic ha chiesto aiuti militari e dice che Eltsin deve darglieli, se vuole evitare che nella Duma si crei la maggioranza per il suo impeachment. gnsNhsstgen Il palazzo del ministero serbo dell'Interno in fiamme in pieno centro a Belgrado dopo essere stato colpito dai raid della Nato