Skopje: prendetevi i vostri profughi di Giuseppe Zaccaria

Skopje: prendetevi i vostri profughi Duro attacco del governo: Europa e Nato si vergognino della catastrofe che hanno provocato Skopje: prendetevi i vostri profughi Frontiere chiuse, l'esercito circonda i centomila dannati Giuseppe Zaccaria inviato a SKOFJfc Adesso sono più di sessantaniila. Muoiono a grappoli, nascono nel fango, si trascinano sotto le poche tende che qualche organizzazione riesce a trascinare fin qui, al confine orinai ufficialmente sbarrato. I territori balcanici non ancora colpiti dai bombardamenti Nato cominciano a essere devastati da un'altra guerra, che minaccia di essere molto più lunga e strisciante, che trasformerà quest'area nella sede di altrettanti, nuovi Kosovo ancora più instabili e disperati. La famosa, angosciata domanda che qualcuno poneva alla Nato quando forse il dramma era ancora evitabile («What the nextV», che cosa si prepara dopo i bombardamenti?) sta fornendo le prime tragiche risposte nella valle del Blace, dove le condizioni del verminaio umano sfuggito alle violenze dei serbi ed al terrore dei bombardamenti hanno raggiunto livelli da incubo. Adesso cordoni dell'esercito macedone circondano la discarica vivente, soldati coperti di cerate mimetiche controllano gente e ferrovia come a circoscrivere un'infezione. E quell'infezione sta per propagarsi verso l'Europa, l'Occidente, lo sue bombe intelligenti, anzi geniali. La Macedonia ha chiuso il confine ai profughi, la Grecia anche: i governi di entrambi i Paesi accusano Europa, Stati Uniti, Nato di aver provocato una catastrofe di cui devono assumersi la responsabilità. «Se volete che quei profughi vengano salvati, dovrete prenderveli voi». Il comandante del contingente Nato in Macedonia, il generale inglese Mike Jackson, chiede un ponte aereo urgentissimo, un milione di razioni, 197.000 coperte, 200.000 litri d'acqua. Solo nell'ultima notte, tra i dannati della valle del Blace, 11 persone sono morte, 4 bambini hanno visto la luce in un mondo ricoperto di sterco. C'è qualcuno che tentando di arrampicarsi a mani nude lungo declivi fangosi lancia l'urlo di chi sta perdendo l'ultima illusione: «Ma come? L'Uck ci aveva promesso visti per la Germania, la Francia, la Turchia...». Da ieri una pioggia continua, gelida e impalpabile martella questa gente come se gli elementi congiurassero nel voler mettere il mondo dinanzi a scelte definitive. «La vera catastrofe umanitaria è questa, l'Europa deve vergognarsi di ciò che sta provocando». Di prima mattina la dichiarazione di Boris Trjkovskj, vicepremier di Macedonia, annuncia decisioni drastiche. Poco più tardi da Atene il ministro degli Esteri Yorghos Papandreu mostrerà una sintonia perfetta: «Non un solo profugo kosovaro entrerà in Grecia finché l'Unione europea e la Nato non si saranno assunte le proprie responsabilità». L'«effettO domino» è questo. Due Paesi vicini alla Nato (uno perché ne fa parte, l'altro perché alla Nato fino a ieri doveva la propria sopravvivenza) chiudono le frontiere. Indirettamente, da ieri la Macedonia rende più difficili anche i soccorsi ai profughi, intralciando il flusso degli aiuti che le organizzazioni umanitarie dell'Orni cercano di trasmettere l'ima all'altra. Il Consiglio Supremo di Sicurezza si e riunito ieri a Skopje guidato dall'uomo che più di ogni altro in questi anni aveva mostrato vicinanza e collaborazione con l'Occidente. Oggi però il Paese di Kiro Gligorov si dissocia apertamente dal suo protettore, decreta la mobilitazione dell'esercito e dice: «Se avete una coscienza, questi profughi accoglieteli voi». La Macedonia non è in grado di ospitarne altri. In pochi giorni un Paese di due milioni di abitanti che vive sul filo di delicatissimi equilibri etnici ha accolto 42.000 albanesi del Kosovo, ne ha fra gli 80 e i 100.000 «in attesa di registrazione», e forse altri 50.000 ancora per strada. «Il nuovo Kosovo siamo noi», titolano i giornali. Il commontatore Atanas Kjroksvi scrive: «E' assolutamente ovvio che la Nato non ha raggiunto alcuno dei suoi obiettivi. A questo punto faccia finta di aver vinto (anche se pure i passeri sanno il contrario), smetta i bombardamenti e cerchi di parlamentare, di limitare almeno in parte la catastrofe che ha provocato». I soldati macedoni indossano in gran parte le vecchie divise marroni dell'esercito titoista: da ieri li si vede percorrere le strade principali in assetto di guerra. Anche a Skopje, come in Montenegro, si fanno più insistenti le voci di un tentativo di colpo di Stato che il governo si prepara a stroncare. Ciò che qualsiasi persona ragionevole temeva si è verificato ieri, spazzando via d'un colpo gli alati dibattiti fra interventisti e no. Qui siamo già al «dopo-interyento», ai problemi che scatena, al gigantesco effetto di destabilizzazione che provoca nell'intera area. E, forse, alla Pasqua più terribile che l'Europa abbia affrontato dal 1945 ad oggi. I disgraziati che continuano a fare oscena mostra di sé nella valle del Blace stanno per cambiare un'altra volta padrone. Prima ostaggi dei serbi, poi dell' Uck, adesso questi sventurati della storia ci piombano addosso, quasi a ricordarci come la guerra non sia un gioco né un film. Volevamo proteggerli, in teoria: invece li abbiamo devastati. Adesso siamo in grado di prendercene cura? Intralciato il flusso degli aiuti alle poche organizzazioni umanitarie attive Anche la Grecia sigilla i confini: «Ue e alleati si assumano le loro responsabilità» Uno dei soldati macedoni a guardia delle centinaia di profughi arrivati dal Kosovo e ammassati nel fango a Skopje

Persone citate: Boris Trjkovskj, Kiro Gligorov, Mike Jackson, Papandreu