Il bombardamento delle finte verità di Carlo Rossella

Il bombardamento delle finte verità Come, da entrambe le parti, si usano i media per disinformare il nemico Il bombardamento delle finte verità Carlo Rossella DIS1NFORMATSJIA è una parola che sembrava sepolta con la fine della guerra fredda. Ed invece eccola riapparire in un comunicato di protesta della Federazione internazionale dei giornalisti. Tutti i sistemi ufficiali di informazione dei Paesi coinvolti nell'operazione Kosovo, dagli Stati Uniti, alla Nato, alla Serbia, avrebbero fatto abbondante uso della disinformazione. Non c'è da stupirsi. E' naturale che ciò accada. Durante un conflitto, ed è sempre stato cosi, ci si avvale di ogni sistema per confondere 1 avversario, per tranquillizzare la propria opinione pubblica o per terrorizzare quella del nemico, per condizionare le scelte tattiche e strategiche di chi sta dall'altra parte del fronte. I Servizi Segreti, non a caso, dispongono di sezioni speciali dedicate alla disinformazione. E non le chiudono mai, anche in tempo di pace. Il vecchio Kgb aveva perfezionato tecniche raffinate. Ma anche l'MI6 inglese e la Cia sono stati altrettanto sofisticati. In questi giorni di guerra la disinformatsjia è dilagata. L'operazione più brillante l'hanno condotta i serbi. Hanno lasciato trapelare a Belgrado la notizia che Ibrahim Rugova e altri leader del Kla fossero stati uccisi dalle forze speciali di Milosevic. Il commodoro Wilby, portavoce militare della Nato, ha dato l'annuncio alla tivù. Clinton, Blair e altri leader alleati hanno presentato l'assassinio dei leader kosovari come un segno della ferocia serba. Mercoledì 21 marzo la tivù belgradese ha mostrato Rugova a colloquio con Milosevic. La disinformatsjia degli alleati ha a sua volta sorpreso i serbi. Nei primi due giorni di aprile le fonti ufficiose della Nato e del Pentagono hanno cominciato a lasciar trapelare la notizia di un possibile attacco via terra degli alleati in Kosovo. I giornali si sono buttati su questa sensazionale possibilità, scatenando i loro migliori analisti strategici. I leader politici e militari, nelle comunicazioni ufficiali, hanno invece negato l'uso di truppe. Alle conferenze stampa al Pentagono, alla Nato e al Dipartimento di Stato si è parlato per ore e ore solo di questo argomento. I serbi, a loro volta, sono entrati in gioco, catturando tre soldati americani in territorio macedone e spostando l'attenzione dal cielo alla terra. Nelle stesse ore però la Nato preparava i bombardamenti chirurgici su Belgrado. Se l'attenzione non fosse passata dai missili ai soldati sarebbe stato più difficile e meno sorprendente l'attacco a Belgrado. Perché l'opinione pubblica europea avrebbe potuto protestare preventivamente e mettere in difficoltà alcuni Paesi tentennanti dell'Alleanza atlantica. Come è ormai evidente la stampa viene usata da una parte e dall'altra. Sono soprattutto le notizie confidenziali, sussurrate nei corridoi della Nato, del Pentagono e del ministero degli Esteri di Belgrado a mettere in moto la disinformatsjia. Ma per un giornalista sono molto più interessanti questi pericolosi e intossicanti briefing privati dei briefing ufficiali. Wilby e Shea, portavoci Nato, fanno un grande uso di cartine e di filmati ma raccontano quasi sempre fatti che la tivù ba già ampiamente mostrato e commentato. E ai giornalisti, soprattutto a quelli della carta stampata, non resta che scavare dietro le quinte dove inevitabilmente opera la disinformazione. Nella guerra dei Golfo, totalmente atipica, non c'era stato bisogno di tali sistemi. Ma la campagna della Nato in Serbia è un conflitto di vecchio tipo, uno scontro ideologico, fra due avversari che per vincere devono ingannarsi con qualunque mezzo. Sinora la battaglia della disinformazione vede i serbi in vantaggio: hanno cacciato i giornalisti dal Kosovo, oscurato le telecamere delle tv occidentali, limitata la libertà d'azione agli inviati, negato il visto ai reporter sgraditi, monopolizzato con la loro tv le immagini da Belgrado, ostacolato le comunicazioni telefoniche dei corrispondenti. Agli occidentali, costretti a dire tutto a tutti, in tutti i momenti non restava che la disinformazione per contrastare la disinformatsjia di Milosevic. Colpo da maestro di Milosevic la sparizione di Rugova e la sua teatrale riapparizione