L'esplosivo, tecnica di un suicidio

L'esplosivo, tecnica di un suicidio Nuovo dramma a Verona, venti giorni fa un ruspista aveva fatto lo stesso gesto L'esplosivo, tecnica di un suicidio Un altro giovane muore con i candelotti sulla pancia Brunella Giovara verona Ha giocato a pallone tutta la sera assieme ai suoi amici, sul Campetto dell'oratorio. Poi se ne è andato, «ciao a tutti». Andava a suicidarsi, e nella sua testa era già tutto pronto: il biglietto per la famiglia, un rotolo di nastro adesivo, l'esplosivo, l'accendino. Cercava una morte orrenda, questo ragazzo di cui sappiamo sigle, F. C, età, 19 anni, e professione: operaio nella cava di famiglia. Ieri, il suo paese - Sant'Anna di Alfaedo, provincia di Verona - si stupiva: «Era un bravo ragazzo, tutto famiglia e cava». L'ha trovata, la sua morte, forse leggendo i giornali che una ventina di giorni fa raccontavano il suicidio di un altro giovane, che si è fatto esplodere con due candelotti di dinamite appoggiati sulla pancia. Era successo a Badia Calaverna: lui faceva il ruspista in una cava di marmo sui monti Lessini. Della sua Y10 è rimasto pochissimo, di lui quasi niente, un cadavere a pezzi, e pezzi bruciati dall'esplosione. Dalle indagini è venuto fuori che non si era mai rassegnato all'abbandono della fidanzata. L'aveva cercata un'altra volta, lei non ne aveva voluto sapere, lui si era ucciso, e in quel modo. Un botto tremendo, con due candelotti rubati in cava, per dirle «ecco, non mi hai voluto, ò colpa tua». In un posto che si chiama Cà del Diavolo. Trenta chilometri più in là da Cà del Diavolo, sempre sui monti Lessini, c'è la cava dove è andato a morire F. C. Una cava di marmo che appartiene alla sua famiglia. Un posto che conosceva bene, anche se negli ultimi anni non veniva più utilizzata, perché scavare il marmo lì non era più abbastanza conveniente. Non troppo lontano dal paese di Sant'Anna di Alfaedo, ai confini con il Trentino. Paese di montagna in cui quasi tutti (duemila gli abitanti) lavora- no a cavare il marmo. Dunque, mercoledì sera F. C. saluta madre, padre e fratello minore e dice «vado all'oratorio». Gioca a calcio, ride e scherza, saluta gli amici, «vado al bar». Al bar ci sta poco, «me ne vado». A piedi, nel buio, sale verso la frazione Ronconi. Piegato nel portafoglio ha un biglietto. «Per rispetto alla famiglia, non posso rivelare il contenuto», dice il tenente Borrello, che comanda la compagnia di carabinieri di Caprino e conduce le indagini. Ma in paese qualcuno già sa, e dice che lui «aveva delle paure, e poi non si sentiva capito». Dunque, entra nella cava, e tira fuori la miccia detonante, o il candelotto. Nessuno lo ha ancora ben capito, che cosa, perché l'esplosione non ha lasciato granché. Dinamite, o polvere nera, o un «vulcan», quello che si usa nelle cave. Roba che lui non doveva assolutamente avere, perché F. C. era operaio semplice e non «fuochino». Il «fuochino», spiegano a Sant'Anna, è quello che accende l'esplosivo, e deve avere un patentino per poter maneggiare micce e detonatori. Lui non lo aveva, ma per la sua morte speciale si era procurato tutto. Si è appoggiato l'esplosivo alla pancia e se lo è legato addosso con qualche giro di nastro adesivo da pacchi. Aveva un accendino, ha dato fuoco alla miccia e ha aspettato. In piedi, «con le braccia aperte a croce», spiega il te¬ nente dei carabinieri. L'esplosione lo ha completamente sventrato e ha gettato all'indietro un cadavere. «Una morte istantanea sospira Borrello -, Almeno quello...». Il botto, nessuno lo ha sentito. E se l'hanno sentito, «l'hanno scambiato per un colpo tirato da un bracconiere». Eppure, in paese tutti sanno distinguere la fucilata dall'esplosione di cava. Eppure, nessuno ha pensato di andare a vedere alla frazione Ronconi. Non subito, almeno. Giovedì mattina, dopo una notte di angoscia e di ricerche, un cugino del ragazzo si è ricordato della vecchia cava. F. era li, le braccia aperte, il suo biglietto, intatto, in tasca. La famiglia non crede ai suicidio, «è stata una disgrazia». I carabinieri parlano di «dinamiche chiarissime», e di «totale emulazione del fatto di Badia Cavalena». Temono altri suicidi all'esplosivo. Dicono «è come una moda. Qualche mese fa si buttavano dai dirupi. Prima si usava tanto l'avvelenamento con i gas di scarico. Ora si fa così, con la dinamite». Nel territorio della compagnia, nove casi negli ultimi mesi, in un modo o nell'altro.

Persone citate: Borrello, Brunella Giovara, Caprino, F. C.

Luoghi citati: Badia, Sant'anna Di Alfaedo, Trentino, Verona