L'Alleanza si prepara al protettorato di Maurizio Molinari

L'Alleanza si prepara al protettorato L'Alleanza si prepara al protettorato Trentamila militari per un «cordone sanitario» Maurizio Molinari ROMA L'Italia rilancia a sorpresa la soluzione negoziale alla quale stanno lavorando Mosca e Vaticano, perchè considera con particolare interesse la proposta avanzata da Boris Eltsin di convocare una riunione del gruppo del G-8 (composto da Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Giappone, Italia e Canada) per porre fine alle ostilità nei Balcani. Palazzo Chigi fa sua la posizione dei Democratici di Sinistra: «La disponibihtà mostrata dal governo russo per una soluzione alla crisi del Kosovo nell'ambito del G-8 deve essere accolta da noi e da ogni altro Paese interessato con tutta l'attenzione necessaria». Sebbene giunto a tarda sera, il comunicato di Palazzo Chigi non ha mancato di procurare sorprese e dubbi fra i molti diplomatici dei Paesi alleati presenti in Italia in questi giorni e impegnati a seguire ogni singolo sviluppo della crisi del Kosovo. La sorpresa nasce dal fatto che la proposta di Eltsin era stata avanzata dal Crernlino giovedì pomeriggio, ma non aveva trovato alcuna eco positiva negli ambienti dell'Alleanza Atlantica. Il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, William Cohen, era stato lapidario nel respingere l'offerta al mittente: «Non capisco quali sarebbero i benefici, deve essere Milosevic e solo lui a fermare i massacri». Ma Mosca nelle ultime 48 ore ha attivato i suoi canali diplomatici, puntando soprattutto su Italia e Canada per fare breccia fra i partner del G-8. Ottawa ha taciuto, Roma ha risposto affermativamente ieri sera, legando quest'apertura a una «valutazione positiva» delle missioni svolte a Belgrado dal premier russo, Evgheny Primakov, e da monsignor JeanLouis Tauran su mandato del Papa. Il passo di Palazzo Chigi riposiziona così l'Italia nel triangolo con Russia e Vaticano - di chi è impegnato a ricercare «qualsiasi soluzione possibile e al più presto». Non è però questa la posizione della Nato che - come il Segretario Generale della Nato Javier Solatia ripete da giorni - ritiene che «l'attacco debba continuare fino a quando Milosevic non farà ciò che sa bene, interrompere i massacri e ritirare le truppe dal Kosovo». Forse non a caso il comunicato sul G8 è più in sintonia con la positiva e immediata - reazione di Botteghe Oscure alla proposta di Boris Eltsin che non con il prudente silenzio della Farnesina che, in sintonia con quando fatto dagli altri partner, nelle ultime 48 ore ha« evitato commenti. A conferma del gioco di squadra con la Quercia, Walter Veltroni ha rilanciato il «ruolo dell'Europa nella crisi» proponendo una riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue. La scelta italiana sul G-8 è destinata anche a rassicurare Belgrado all'indomani della «nota verbale» con cui il governo jugoslavo aveva fatto presente il proprio disappunto per la partecipazione italiana - in aerei e basi - all'attacco alleato e le dichiarazioni in tal senso di ministri e alti gradi militari. L'altro fronte della diplomazia italiana in queste ore è la Repubblica adriatica del Montenegro dove, secondo la Nato, c'è un reale rischio di golpe filo-serbo. Il ministro degli Esteri, Lamberto Dini, ne ha discusso al telefono con il segretario di Stato americano, Madeleine Abright, poche ore dopo l'incontro a Palazzo Chigi fra l'ambasciatore jugoslavo a Roma Miodrag_Lekic (anch'egli monte¬ negrino) e il consigliere diplomatico Francesco Olivieri. Mentre la diplomazia è al lavoro, la macchina militare dell'Alleanza prepara la prossima mossa. Gli strateghi della Nato discutono dell'invio di truppe di terra ma nessun governo alleato conferma. Due le ipotesi: invasione dell'intero Kosovo o creazione di una enclave per proteggere i profughi. L'invasione potrebbe svolgersi secondo i piani approntati dalla Nato in ottobre, chejprevedevano l'invio di 200 mila uomini in sei settimane. Il Pentagono considera un incubo questo scenario, che trova sostegno negli ambienti più conservatori di Washington. Più accreditata a Bruxelles è invece la soluzione-enclave: 30-40 mila soldati (magari con una presenza di russi) per creare un cordone sanitario e proteggere i profughi in una zona del Kosovo. Trattandosi di contingenti più ridotti (vi sono già 12 mila soldati Nato in Macedonia) vi sarebbero meno problemi logistici e l'eventuale partecipazione russa potrebbe dar vita a un «contingente di pace». I militari parlano di mia «zona di sicurezza» da strappare al controllo di Belgrado per poi, in un secondo momento, aprire la strada a una spartizione del Kosovo fra serbi e albanesi che «non dispiacerebbe neanche Milosevic». Le discussioni in corso sono sul «quando» muoversi: prima o dopo aver piegato Milosevic con i bombardamenti. Emma Bonino, commissario europeo, vuole stringere i tempi c proporrà la prossima settimana al vertice dei ministri degli Esteri dell'Ue la «creazione di un corridoio umanitario in Kosovo con una protezione armata per far giungere gli aiuti alla popolazione albanese strappata dalle sue abitazioni». L'idea della Bonino è di chiedere a Belgrado il «libero accesso» in forza della Convenzione di Ginevra oppure di «intervenire in altro modo». Funzionari occidentali ritengono invece - secondo il New York Times - che l'intervento debba avvenire solo dopo aver piegato Milosevic, creando un'enclave su cui poi estendere un protettorato dell'Alleanza Atlantica. Nonostante smentite ufficiali sull'intervento di terra - ieri è stalo il turno del portavoce della Nato e del sottosegretario alla Difesa, I Massimo Brutti - Parigi e Londra 1 sembrano le più decise su questa 1 strada, rassicurate anche dai son- I daggi d'opinione. Il portavoce del- ' l'Uck, Jakup Krasniqi, chiede l'arrivo delle truppe e il ministro degli Esteri russo Igor Ivanov lo ritiene «imminente». Per l'invasione dell'intera regione gli scenari bellici richiederebbero l'invio di almeno 200 mila uomini in sei settimane Il governo italiano dice sì alla proposta russa di un vertice G-8 e riprende lo sforzo diplomatico con Vaticano e Mosca BASI POTINIIAIJL A ITALIA Base-chiave por truppe ed equipaggiamenti provenienti da Gran Bretagna e Germania A BOSNIA-ERZEGOVINA v Attualmente base per 30 mila soldati Nato che dovrebbero attraversare la porzione di Bosnia in mani serbe e poi il Montenegro. Q UNGHERIA Appena entrata nella Nato, sarebbe probabilmente una basechiave per le spedizioni di merci dalla Gran Bretagna. A TURCHIA v Potrebbe essere usata come roccaforte per inviare anni e truppe in Macedonia. A GRECIA " Un'altra base potenziale, anche se le proteste per i bombardamenti Nato potrebbero mettere in perìcolo il suo ruolo. Q MACEDONIA E ALBANIA Sono le due vie d'ingresso più preziose. In Macedonia d sono già 10.000 soldati Nato. «««IWIIMP»! UNA BATTAGLIA DIFFICILE TRUPPE NECESSARIE ! 5-10.000 uomini s con copertura aerea ZONE DI C0HCEKTRAMENT0 Albania e Macedonia RISCHI Poche strade in alta montagna esposte alle imboscate serbe ALBANIA TRUPPE NECESSARIE 30.000 uomini con massiccia ZONE DI CONCENTRAMENTO Albania, Macedonia e Creda RISCHI Ampiezza della zona da controllare, guerriglia, terrorismo * copertura aerea elicotteri, artiglieria campale e copertura aerea (rapporto di almeno 5 a I N con le truppe serbe) ZONE DI CONCENTRAMENTO Albania, MacedonU e Grecia RISCHI E DIFFICOLTA1 Mesi di tempo per radunare truppe e mezzi, perdite umane, f probabile reazione russa opposizione politica in molo Paesi NATO