D'Alema riaggancia Cossutta in extremis di Guido Tiberga

D'Alema riaggancia Cossutta in extremis Il presidente in serata rilancia l'iniziativa diplomatica. Oggi vertice decisivo dei Comunisti D'Alema riaggancia Cossutta in extremis Berlusconi: servono truppe a terra, sinistra senza coraggio Guido Tiberga ROMA Massimo D'AJoma rilancia l'iniziativa diplomatica, e Armando Cossutta fa sapere che le dimissioni dei suoi ministri, ormai date per scontate, potrebbero anche rientrare. Succede tutto nella tarda serata di ieri, quando l'ipotesi di una tregua (nel Kosovo e nel governo) sembra ormai lontanissima. A smuovere le acque un lungo comunicato di Palazzo Chigi, in cui il premier prende le distanze da Clinton sugli esiti dell'ambasciata vaticana in Serbia, aprendo nel contempo alla proposta di Mosca per una riunione del G8: «Abbiamo seguito con vivo interesse la missione diplomatica compiuta a Belgrado da monsignor Tauran - dice la nota del presidente del Consiglio - e non rinunciamo alla speranza che l'iniziativa vaticana possa smuoverò l'intransigenza mostrata da Milosevic. Restiamo convinti che l'atteggiamento di chiusura delle autorità serbe non debba indurre alla rassegnazione sulle possibilità di riaprire le porte a soluzioni diplomatiche ravvicinate». E ancora: «Ogni disponibilità come quella mostrata dal governo russo, che si è impegnato per una soluzione della crisi nell'ambito del G8, dev'essere raccolta con tutta l'attenzione necessaria...». La soddisfazione di Cossutta potrebbe cambiare il destino del vertice comunista di stamani, convocato per decidere se Oliviero Diliberto e Katia Bollilo dovranno lasciare la poltrona: «Se il governo italiano insisterà per la tregua - dico il presidente del Pdci - allora si potranno aprire spiragli positivi per la sospensione dei combattimenti...». Un'apertura di liducia che chiude all'insegna dell'ottimismo una giornata di forti tensioni nella maggioranza. Con Giorgio La Malfa a chiedere le dimissioni di Rosy Hindi per le sue dichiarazioni pacifiste, e Giuseppe Chiarente a lasciare il direttivo della Quercia: «Non solo considero la decisione della Nato un tragico errore - scrive a Veltroni il presidente dei garanti diessini - ma considero l'adesione a questa scelta un suicidio politico per la sinistra europea...». Sul fronte dei Democratici, le [>arole di Antonio Di Pietro sul'invasione della Serbia hanno sollevato più di un malumore. «Opporsi alla Fase Tre - aveva detto alla Stampa il leader organizzativo dell'Asinelio - sarebbe ridicolo. Le scelte sulle operazioni di guerra vanno lasciate ai militari, che le sanno fare. Porre dei limiti non ha senso...». Una dichiarazione forte, tra l'altro la prima uscita dall'Asinelio dall'inizio della guerra, che Romano Prodi mostra di non gradire affatto: «Quella di Di Pietro è una posizione autonoma. E in questi giorni le posizioni autonome sono tante...». Ancora più netta la replica dei «colonnelli» democratici. Erme- te Realacci, leader di Legambiente e fondatore di Centocittà, il partito dei sindaci, sarà oggi in prima fila alla manifestazione pacifista di piazza Esedra: «Io in contraddizione con Di Pietro? E' lui che è in contraddizione con il resto del movimento - attacca -. Può darsi che si sia lasciato trasportare dal suo temperamento, come gli succede spesso. Ma stupisce che ci si possa esprimere in modo tanto banale e superficiale su un tema come questo...». L'ex pm aveva anche attaccato il «pacifismo strumentale» di chi si oppone alla guerra, accu- sando Manconi, Cossutta e Bertinotti di subordinare l'immagine internazionale del Paese ai propri interessi elettorali. «Di Pietro è come Scognamiglio - replica il leader dei Verdi -. Il loro richiamo all'ordine nei confronti di chi insiste per il negoziato rivela chiaramente che il solo concetto di ordine che coltivano è quello delle caserme...». Per Bertinotti, «Di Pietro è il figlio estreno di una cultura di guerra, che fa da apripista a chi vuol dar vita a un partito iper-atlantico in Italia...». L'inizio della «fase tre» è comunque all'orizzonte, anche se - come ha ricordato giovedì sera in tv il sottosegretario alla presidenza Marco Minniti - «per deciderlo serve l'assenso dei Parlamenti dei Paesi della Nato». Il rischio, però, c'è: «Per ora è soltanto un'ipotesi ufficiosa ammette lo stesso Prodi -. La muovono in tanti, ma io spero sia ancora lontana». La preoccupazione è evidente anche in Forza Italia: «L'attacco aereo non si è rivelato adeguato - commenta Silvio Berlusconi, intervistato da Paolo Liguori a Fatti e misfatti -. Temo che si debba andare avanti, e che occorrerà un intervento delle forze di terra. Dopo il fallimento del negoziato, la decisione più adeguata avrebbe potuto essere quella di dichiarare l'indipendenza del Kosovo e intervenire via terra. Ma i Paesi della Nato, governati dai socialisti, non ne hanno avuto il coraggio...». E dopo Tortorella anche Chiarante decide di lasciare il direttivo della Quercia Il centrosinistra «isola» Di Pietro: il suo concetto di ordine è quello delle caserme

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