NATO da Berlino a Belgrado

NATO da Berlino a Belgrado Il 4 aprile 1949, a Washington, l'atto di nascita dell'Alleanza Atlantica. Ma non ci sarà festa per l'anniversario NATO da Berlino a Belgrado La Nato blocca i festeggiamenti. A Bruxelles è stata annullata la cerimonia militare prevista P8 aprile per l'ingresso-di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia nell'Alleanza. Resta invece per ora confermato il summit in programma a Washington dal 23 al 25 aprile per celebrare i 50 anni della Nato e delineare le nuove missioni della Nato. Ma il vertice, spiega la Casa Bianca, non prevedere più festeggiamenti. Filippo Ceccarelli IL dibattito alla Camera è finito stasera alle 18 e 30 col previsto voto di fiducia al governo - appunta sul suo I diario Pietro Nenni alla data del 18 marzo 1949 -. La seduta è durata 51 ore. Non è stata soltanto la più lunga seduta del Parlamento dal 1861 in poi, ma anche una delle più drammatiche». «La seduta - qui è Giulio Andreotti che scrive - durò ininterrottamente tre giorni e tre notti per stroncare gli ostruzionismi e fu contraddistinta da pugilati, scambi di percosse e persino da un morso alla mano del mite Achille Marezza, azzannato dal comunista Di Mauro che cercava di aggredire De Gasperi alle spalle». La lunghezza e la brutalità - anche primordiale - del «dibattito» sul Patto Atlantico finiscono quasi per omologare i ricordi e confondere le differenze tra i vincitori e i vinti. Eppure, tanto più a mezzo secolo di distanza, quella seduta che da sola occupa ben 323 pagine del resoconto stenografico resta l'archetipo di uno scontro che proprio nella sua colorita ferocia, e quindi nei morsi, nei canti (all'Jnternazionale si contrappone in aula l'inno di Mameli), negli insulti (De Gasperi si becca un «buffone» da Togliatti, un «bugiardo» da Giolitti, un «servo» da Pajetta, un «traditore» da Amendola), nella spossatezza e nella guerra dei nervi, insomma, trova la sua dignità. Un momento cruciale nella storia di questo Paese. Un'interminabile seduta fiume il cui esito, nonostante il fronte neutralista sia piuttosto ampio, appare scontato. Eppure - o forse anche qui: proprio per questo - la madre di tutti gli ostruzionismi e di tutti i tumulti d'aula. Due giorni e due notti in cui vengono alla ribalta personaggi e caratteri destinati ad assurgere a leggenda. Il genio provocatorio e l'iracondia spettacolare di Pajetta, che a un certo punto si lancia dall'alto in una rissa come nei cartoni animati; o il gelido disprezzo di De Gasperi che, interrotto 38 volte, a un «Tu non capisci cos'è la pace!» gridatogli da un comunista, risponde: «Giovanotto, mi dia del leil». A Togliatti non va molto meglio. Mentre sta parlando lo infastidisce ripetutamente un deputato coltivatore diretto, Tonengo, poi destinato a passare ai monarchici, di cui è abbastanza nota una certa disponibilità per l'alcol. «Onorevole Tonengo • cosi 0 Migliore - si auguri che con l'approvazione del Patto Atlantico non venga approvata qualche clausola segreta con cui s'imponga persino a lei di bere la Coca-Cola anziché il vino dei colli dell'Astigiano». Si ride, recano i resoconti. Undici sono gli ordini del giorno da votare; le sinistre danno la parola a tutti e 170 i parlamentari di Pei e Psi. L'obiettivo è ritardare il più possibile il voto finale approfittando dei vuoti che specie di notte si formano nella maggioranza. Par¬ ciò si organizzano i turni, non solo in aula, ma anche sui divani del Transatlantico; a ogni deputato viene assegnato un numero. I democristiani si articolano invece su base regionale, con staffette incaricate di reperire gli assenti per farli tornare in aula. L'anti-Jì/ibustering lo coordina l'onorevole Spataro, un abruzzese tosto, in mezzo all'emiciclo. L'infermeria resta anch'essa aperta; le scampanellate e i richiami si sprecano; fino all'ultimo suonano le sirene per far sgomberare le tribune del pubblico. Alla fine della battaglia il presidente dell'Assemblea, Giovanni Gronchi, che pure si trova un po' in imbarazzo appartenendo all'ala neutralista de, parla di una Camera trasformata in «arena da circo» e di «uno spettacolo da competizione di facchini di piazza». Eppure, con gli occhi disincantati di oggi, si è portati irrimediabilmente a comprendere e magari anche ad assolvere quegli eccessi. A un certo punto entra in aula il comunista Serbandoli mostrando le «mani sporche del sangue dei vecchi». Segno che mentre ci si picchia dentro, si combatte anche fuori: celerini, «le truppe del Patto Atlantico», contro dimostranti comunisti di ogni età. Montecitorio è assediato. Chi entra e chi esce, chi entra ferito e chi esce per ferire. Ad Antonio Giolitti capita di essere preso per il bavero da un poliziotto: «Sono Giolitti» prova a dire. «E io sono Garibaldi» gli risponde quello strattonandolo al muro. Una generazione di cronisti politici si forma in questa temperie. La rappresentazione più vivida di quelle giornate è data da Ugo Zatterin, che allora ha 29 anni, e l'ha rammentata di recente nel suo bel libro AI Viminale con il morto. Tra lotte e botte l'Italia di ieri (Baldini & Castoldi, 1996). Ce n'ò davvero per tutti i gusti, d'altra parte. Mai come sul Patto Atlantico il dramma convive con la quiete, la violenza con scenette ai limiti del grottesco. La Pira resta tutte e due le notti al suo posto, davanti al breviario, assorto in pre¬ ghiera. Reduce da uno scontro in cui una deputata del Pei l'ha accusato di aver detto in campagna elettorale che «i russi hanno la coda», Giovanni Leone si addormenta e comincia tranquillamente a russare; invano Gaetano Martino, che sostituisce Gronclu, lo richiama, in tono sempre più alto. Il futuro Presidente della Repubblica si desta solo quando una collega lo accarezza sulla fronte bisbigliandogli dolcemente: «Sveglia!». Le notti sono terribilmente scombinate. Esclusi dai divani, i deputati della maggioranza vanno a dormire al primo piano, nella sala della Lupa che tuttavia è al buio per un guasto. Così si scavalcano corpi, alcuni inciampano nei colle¬ ghi dormienti, Tbnengo si sdraia su una comunista genovese. Altri parlamentari rimangono in piedi girando nei dintorni di Montecitorio, o giocando a carte. Ogni tanto un falso allarme, e tutti si precipitano in aula. Strepitoso questo frammento di Zatterin: «Ho il ricordo del Parlamento simile a un atrio di stazione con gente stravaccata dappertutto, scamiciata, la cinghia dei pantaloni in mano, senza scarpe, a sputare per terra, a disseminare cicche, cartacce e resti di cibarie, a ingiuriare, a bestemmiare; onorevoli rissosi a contendersi gli ultimi panini alla buvette, o allegrotti a canticchiare motivi in voga, a raccontarsi barzellette oscene, a scherzare con vario gusto sull'evento che stavano cosi drammaticamente vivendo...». Loro, e tutti gli italiani, in fondo. Quando la democrazia era davvero rappresentativa. li l'Italia si spaccò: alla Camera 51 ore di scontri feroci, contro l'adesione parlarono tutti i deputati pei e psi De Gasperi si becca un «buffone» da Togliatti, un «servo» da Pajetta, un «bugiardo» da Giolitti E Leone dorme in aula MAmtalg Nell'immagine grande il Presidente degli Stati Uniti Harry Truman (in piedi a destra) e il vicepresidente Alberi Barkiey osservano il segretario di Stato Dean Acheson mentre si accinge a firmare il patto dell'Alleanza Atlantica A lato il presidente del Consiglio italiano Alcide De Gasperi

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