«Licenziamento senza stile» di Giovanni Bianconi

«Licenziamento senza stile» Lettera polemica al Guardasigilli che ha deciso di sostituirlo nell'incarico con Caselli «Licenziamento senza stile» // direttore delle carceri attacca Diliberto Giovanni Bianconi ROMA «Signor ministro, siamo in regola con un doveroso stile istituzionale? La mia risposta è no». Alessandro Mai-gara - quasi settantenne toscano di Massa, da due giorni ex direttore delle carceri italiane - non ha perso tempo per dire a Oliviero Diliberto ciò che pensa di Oliviero Diliberto, il GuardasigiUi che l'ha «licenziato in tronco». In tre pagine di affermazioni senza chiaroscuri e paragoni fulminanti e un po' cattivi per sua stessa ammissione, l'anziano magistrato commenta e accusa: la politica penitenziaria del ministro comunista sembra ispirata più dal sindaco di New York Rudolph Giuliani che alla linea «riformista e trattamentale imposta dalla legge»; e se questo e il «fosco orizzonte» che si delinea, «non essere più al mio posto mi dispiace, ma mi dà anche un certo sollievo». E' una lettera amara, quella dell'ex direttore del Dap che dovrebbe essere sostituto da Gian Carlo Caselli, tirato in ballo suo malgrado in una polemica che invece - sottolinea poi Margara va letta solo in direzione del Guardasigilli. «Un licenziamento in tronco richiede una giusta causa», scrive il magistrato, e siccome Diliberto non gliel'ha spiegata lui decide di «tirare a indovinare». Prima ipotesi, stando ad alcuni resoconti di giornali: «l'esigenza di trovare un posto al dottor Caselli»; se così fosse, si tratterebbe di un metodo «più comprensibile in sistemi e tempi diversi». Ma per Margara la vera ragione non è questa. «Signor ministro - scrive - mi conforti, anche se è un conforto amaro, e mi dica che c'è di mezzo un po' di politica, anche se si tratta, per me, di cattiva politica». E a questo punto che comincia la catena di accuse a Diliberto. Il licenziamento sarebbe frutto di ima politica che «vede la deriva dei frammenti spezzati delle idee di solidarietà, di attenzione alle varie aree del disagio sociale riassunte nel carcere; della cattiva politica che procede alla rottamazione di quelle idee in cambio di un modello nuovo di zecca di città senza barboni e con galere fiammanti, piene di delinquenti di tutte le dimensioni (ma quando in galera sono in tanti non si sbaglia: la pezzatura largamente prevalente è quella piccola)». Ed ecco la stoccata: «Ricordare o dimenticare New York? Non quella, ovviamente, di Frank Sinatra, ma quella di Rudolph Giuliani». Per Margara, il dibattito e il divario incolmabile è tra due idee e concezioni del carcere: «le une che partono magari con propositi di rigore per ottenere rispetto e riescono a produrre solo paura; le altre che si propongono invece di dare coraggio attraverso la strada faticosa della costruzione del senso di responsabilità in chi non ce l'ha». L'ex di rettore è per la seconda strada, nel ministro - fa capire - sembra prevalere la prima e un pericoloso ritorno al passato: «Voghamo partire essenzialmente dalla sicurezza, rinnovando le politiche di emergenze ben più calde e tragiche, trascurando che le scelte di allora, anche se necessitate, hanno congelato il carcere, spento le sue attività, chiuso i detenuti nell'inerzia delle celle?». Un ritratto non esaltante del ministro comunista, che l'autore chiosa così: «Mi lasci dire, o aggiungere, una cattiveria: l'on. Gasparri (l'esponente di An che ancora ieri esultava per la rimozione di Margara, ndr) chiedeva il mio licenziamento a ogni pie sospinto; lei ci è riuscito». L'ex direttore del Dap si lamenta anche del fatto che solo sette giorni fa Diliberto gli aveva chiesto consigli e proposte per la riorganizzazione del Dipartimento, «mentre da qualche tempo si era già stabilito chi doveva occupare il mio posto», cioè Caselli. Ma il problema non è personale, bensì politico: «Credo proprio che non si scomodi un procuratore della Repubblica prestigioso per fare una politica penitenziaria riformista e trattamentale. Ma mi perdoni se insisto: è questa politica quella che la legge impone di fare: una politica cuversa non è legittima... Cordialmente, Alessandro Margara, già direttore generale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria». A lato il ministro della Giustizia Diliberto Nella foto grande Alessandro Margara, da due giorni ex direttore delle carceri italiane

Luoghi citati: New York, Roma