Durazzo
Durazzo Durazzo «Ma voi italiani non correte rischi» Vincenzo Tassandoli DURAZZO dal nostro inviato La contabilità appare minuziosa. Paqesor Zeneli, segretario della prefettura di Durazzo, scorre la scheda che ha sulla scrivania: «In questo momento gh esuli dal Kosovo sono 2640 dei quali 1867 ospitati da famiglie e gli altri nei centri di raccolta». Poi aggiunge che l'ipotesi di una seconda ondata è «probabile». Ma si affretta a tranquillizzare: «L'Italia non corre rischi, non è come nel '91. Semmai l'Italia deve alzare di più la voce in Europa». Nell'ipotesi che la città venga sommersa, il sindaco Arqile Corea chiede ad Ancona, prossima gemella, gli aiuti possibili. Alla scuola italiana, sulla collina vicino all'ospedale, suor Cecilia delle Benedettine della Divina Provvidenza allarga le braccia e dice che l'unica famiglia kosovara accolta nella foresteria ha chiesto di essere trasferita. «Ma questa è una famiglia "su"». Sui rimorchi, sui pullman e sulle auto e sui treni affollati come non lo son mai stati, nessuno chiede niente. E quando arrivano al centro di smistamento di Tirana, al Palazzetto dello sport, quelli che hanno la forza di alzare lo sguardo leggono uno striscione festoso: «Benvenuti fratelli e sorelle kosovari». Un altro, più vistoso, qualcuno l'ha appeso, in piazza Scanderbeg, il cuore dell'Albania. Invoca: «Nato nel Kosovo». Non tutto ha l'aspetto ostentato a Durazzo di una precisione quasi elvetica. Anzi, niente lo ha. Nella tendopoli di Tirana, quella alle piscine, dietro al palazzo della facoltà di ingegneria mancano acqua e luce e l'acquazzone stile tropicale abbattutosi sulla città intorno alle 16 ha lasciato tutti nel fango. Ma quanti sono, in Albania, questi poveretti? Stime ufficiose «ma attendibili» parlano di circa 100 mila; altre, ancora uffi dose, dicono 70 mila; altre ancora vorrebbero che si fosse già arrivati a 130 mila B punto è che nessuno ha un controllo reale perché è impossi bilo un conto preciso. Del resto, su quel camion verde che vedo arrestarsi davanti al posto medico di Mamin as sembra siano una quindicina fra donne, bimbi e tre vecchi. Eppure ne conto 41, quando scendono. Ora arrivano anche dal Nord, dal Passo di Hani i Hoti, la porta del Montenegro: «Soltanto» 400, ieri. Ma si sa che è l'avanguardia. E, si dice qui a Tirana, una fiumana potrebbe riversarsi dalla Macedonia perché c'è il progetto di far passare gli esuli per un «corridoio» dalla frontiera col Kosovo a quella albanese. Di prima mattina è arrivata di nuovo la nave San Marco e ha sbarcato 15 autobotti, due cisterne da 24 mila litri, 1500 tende da campo, 5 containers con materassini gonfiabili e sacchi a pelo, due jeep della Protezione Civile, 26 cucine da campo, 11 cartoni di medicinali di prima necessità, tre camion militari, due porta containers militari, bestioni del costo di circa 800 milioni ciascuno. Infine, 81 tonnellate di materiale sanitario, preziose, perché, sottolineano i medie?, il rischio di epidemie «è forte». E da Ancona è partito ieri un traghetto con gli alpini dell'Associazione Nazionale. Arriva stamane, l'obiettivo è impiantare al più presto una tendopoli, lassù, a Kukes, dove chi arriva non trova niente. Vestiti di scuro, i volti duri, la voce monotona, i rappresentanti dell'Uck, l'esercito di liberazione del Kosovo, hanno tenuto nel pomeriggio una conferenza stampa all'Hotel Rogner di Tirana. Sulle parole di Rugova sull'ipotesi di una tregua, Jakur Krasniqi, un tipo segaligno con il volto allungato e i capelli grigi, ha commentato: «Forse ha parlato così perché sotto la pressione dei serbi. Ma se non è questo il motivo, ha compiuto atto di alto tradimento e allora non può più rappresentare il popolo kosovaro che, del resto, lui non ha mai rappresentato». L'Uck, ha aggiunto, sprona la Nato a mandare soldati in Kosovo per cancellare «questa vergogna per il mondo che è il regime fascista di Belgrado dove c'è un pazzo che comanda». In questo quadro caotico, la procura generale ha aperto un'istruttoria sui crimini di guerra commessi dai serbi. «Un'inchiesta sul genocidio e i crimini contro l'umanità e contro la popolazione civile e inerme albane se», spiega Arben Rakipi, procurato re generale. Ha inviato una ventina di magistrati e investigatori nei distretti di Has, Tropoje, Kukes e Dibra col compito di raccogliere le testimonianze dei profughi. «Tutto sarà selezionato ed elaborato per compilare l'accusa generale sulle atrocità. Con questa iniziativa vogliamo mettere insieme un quadro sulla tragedia che ormai ha raggiunto l'Albania». Quando l'indagine sarà completa, aggiunge, i risultati verranno passati al Tribunale dell'Aia. Chissà se ci sarà mai I un processo. a o o a a e i
Persone citate: Arben Rakipi, Arqile Corea, Dibra, Hani, Hoti, Krasniqi, Kukes, Mamin, Rugova
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