TRE STRADE PER D'ALEMA di Paolo Passarini
TRE STRADE PER D'ALEMA LA MOTA ROMANA TRE STRADE PER D'ALEMA Paolo Passarini IL «no» di Bill Clinton alla proposta del Papa di sospendere i bombardamenti tra le due Pasque (cristiana e ortodossa) ha tolto ieri sera a Armando Cossutta gran parte della speranza di non dover concretizzare la minaccia di abbandonare il governo. Però da palazzo Chigi è uscito subito un comunicato nel quale si dava conto di come il tentativo del Papa fosse stato seguito con «trepidazione» (non come Chnton, che non ha trepidato) e il dibattito tra i comunisti di Cossutta con rispetto. Questa «differenziazione» verbale di D'Alema sarebbe l'ultima zattera a cui potrebbe aggrapparsi Cossutta (i Verdi hanno deciso di rimanere nel governo comunque) per evitare l'autoesiho dal governo. Si vedrà domani. Ma che fare, nel caso la situazione precipitasse? Come spesso accade, nel palazzo, sono fiorite due scuole. LA SCUOLA CLASSICA. Ieri Cossutta ha detto di «immaginare» che domani «i nostri organismi dirigenti decideranno che i nostri ministri escano dal governo». «Non si può restare in un governo - ha spiegato - che si rende corresponsabile di una tragedia come questa». E poi ha aggiunto che, non essendo sua intenzione «provocare una crisi di governo», il suo partito resterà in maggioranza. Rimangono ovviamente delle perplessità su questa mossa di Cossutta, che a quel punto collocherebbe il suo partito in una terra di nessuno dominata dalle scorribande di Fausto Bertinotti. Ma - come si diceva - D'Alema, per quanto colpito, si preparerebbe semplicemente a sostituire i due ministri dimissionari, probabilmente caricando se stesso (Affari Regionali) e il suo vice (Giustizia) di due interim. Certo, il governo ne risulterebbe ulteriormente indebolito, ma, a parte il fatto che D'Alema non dispera di poter recuperare i due fuggitivi in un secondo tempo, Giuliano Amato e Lamberto Dini hanno governato benissimo con gli interim. E Romano Prodi ha governato due anni con Rifondazione in maggioranza e non nel governo. E così, come diceva Max Weber; «siamo politici e continuiamo». LA SCUOLA ITALIANA. Ieri Francesco Cossiga ha intonato una dichiarazione di plauso per commentare l'espressa volontà di Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini di soccorrere con i voti dell'opposizione il governo durante la crisi jugoslava, qualora la sua maggioranza venga meno. Questa carineria di Cossiga - secondo esegeti autorizzati - non sarebbe il neutrale apprezzamento di uno spirito bipartisan e di un opportuno senso della nazione in un momento difficile. Ci sarebbe dell'altro ed ecco le quattro parole magiche: governo di unità nazionale. L'ipotesi è circolata anche nei giorni scorsi e anche ieri Rocco Buttiglione ha suggerito a D'Alema: perché non «fare a meno di Cossutta» e «allargare la maggioranza»? Fabio Mussi, capogruppo diessino alla Camera, ha subito risposto che al governo farebbe senz'altro piacere che voti dell'opposizione: si unissero a quelli della maggioranza, ma preferisce contare, come base, su una «maggioranza di centrosinistra». Poiché, stando alle dichiarazioni di Cossutta, D'Alema dovrebbe poter contare comunque su una maggioranza, il problema di un governo di unità nazionale costruito senza una crisi in mezzo sarebbe il seguente: non sarebbe tale, ma solo una maggioranza di unità nazionale; inoltre, esistendo già ima maggioranza, i leader dell'opposizione non avrebbero voce in capitolo. Diverso sarebbe se la crisi precipitasse davvero, ma in tal caso sarebbe forte anche la scuola delle elezioni anticipate appena possibili. e-mail: paopass@tin.it
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