«Una strategia militare basata sulla speranza» di John Keegan

«Una strategia militare basata sulla speranza» '"'" "~ """"' - ........... ....„ .„..„„,„.... .- GUERRA AEREA 11 BILANCIO Di UN ESFjERTO _ «Una strategia militare basata sulla speranza» analisi John Keegan John Keegan, esperto militare del Daily Telegraph, ha insegnato per anni alla Reale Accademia di Sandhurst. E' considerato il maggiore storico militare del dopoguerra. lONUHA CMf E' qualcosa di patetico nell'immagine del vice maresciallo dell'Aviazione britannica Tony Mason, ora professore di scienze della sicurezza all'Università di Birmignham, che fa del suo meglio alla Bbc per cavar fuori qualche straccio di speranza dai resoconti della guerra aerea sulla Serbia. «Speranza» è proprio la parola che e stato indotto a usare dalia richiesta di spiegazione, da parte di un intervistatore tutt'altro che ostile, dei risultati che stanno avendo i bombardamenti sulle difese aeree serbe. Eppure Tony Mason è stato, negli anni di servizio attivo, il principale esponente intellettuale della teoria della potenza aerea nell'ambito della Royal Air Force. Nei giorni in cui la Nato si contrapponeva al Patto di Varsavia egli fu un eloquente e persuasivo sostenitore dei piani dell'Alleanza per rintuzzare un'eventuale offensiva sovietica con la devastazione delle strutture di comando e logistiche del Patto, la distruzione delle sue forze corazzate avanzate al suolo e la sconfitte delle sue forze aeree nei cieli. Questi piani trovarono applicazione nel 1991 allorché la struttura anti-Patto di Varsavia della Nato fu trasferita, nel giro di sei mesi, dalla Germania all'Arabia saudita. 11 piano funzionò alla perfezione. La potenza aerea sopraffece il sistema di difesa aerea iracheno e poi garantì quell'assoluta copertura aerea sotto la quale le forze terrestri della coalizione giunsero alla vittoria in sei giorni. Ma ora il vice maresciallo Mason si trova di fronte a una situazione in cui la potenza aerea non sembra funzionare. Ed essendo un uomo di intellettualmente integro è andato vicino ad ammetterlo. Non solo il sistema di difesa aerea serbo sembra essere rimasto pressoché intatto, ma anche la volontà di Milosevic di perseguire la repressione nel Kosovo resta inflessibile. Anzi i suoi soldati e le sue forze di po¬ lizia in Kosovo stanno intensificando le azioni contro gli abitanti albanesi. L'annuncio della Nato di voler potenziare l'armata aerea impiegata è un'ammissione tanto dell'inaspettata forza di Milosevic quanto della volontà dell'Alleanza di perseguire la sua strategia. La tattica cambierà. Gli attacchi verranno condotti giorno e notte per tutto l'arco delle 24 ore. Verranno inoltre lanciati da quote minori, benché non radente al suolo. Ouesta decisione di cambiare tattica non è stata presa volentieri. La difesa aerea serba è predisposta per contrastare aerei incursori ad ogni altitudine operativa. Ad alta quota lo fa con i più grandi missili terraaria Sam. Per la media quota entrano in azione i più numerosi Sam intermedi. Per la bassa quota ci sono moltissimi Sam portatili a spalla e cannoni antiaerei a canna multipla. Più basso volano gli aerei, più alto è il volume di fuoco che li contrasta e più grandi i rischi. E' per questo che finora la campagna aerea è stata condotta da grande altitudine. Anche cosi, il costosissimo e avanzato F-117 pare sia stato abbattuto da un Sam. Se agli aerei Nato viene ordinato di operare a quote più basse, le perdite saranno maggiori. Di conseguenza alcuni piloti cadrebbero in ostaggio. L'intensificazione della campagna aerea si basa sulla speranza, per usare la parola del vice maresciallo Mason, che con più bombardamenti si consegua l'obiettivo. Se ciò non avviene e la Nato persiste, come deve fare per non umiliarsi, dopo aver deciso di imporre con la forza gli accordi di Ramboulliet sull'autonomia del Kosovo, l'impiego di truppe di terra appare inevitabile. Può darsi che questo sia stato considerato inevitabile fin da prima che la campagna aerea venisse concepita. Una certa confusione su armi e bersagli, azioni e obiettivi preesisteva, i veri bersagli erano e sono i soldati serbi nel Kosovo. Lo scopo è farli desistere dal terrorizzare la popolazione civile. C'è un salto logico nell'aspettativa di alterare il loro comportamento colpendo obiettivi militari convenzionali. Un intervento a terra potrebbe essere stato concepito come necessario comunque. Ma questa prospettiva apre tutta una serie di nuovi e gravi problemi. Chi rifornirà le trup- Ee? Clinton ha dato il via ai ombardamenti. Ma considera- ta la ben nota sensibilità al riguardo dell'opinione pubblica interna, il Presidente avrà la determinazione di mettere a rischio truppe americane nei Balcani? E se non la avrà lui, quale altro governo la avrà? L'esercito britannico è già sovraccarico di impegni, al pari di quello francese. I tedeschi hanno poche truppe e sono riluttanti a impegnarle una seconda volta in una parte d'Europa in cui nel 1941 -'44 non hanno lasciato altro che brutti ricordi. Gli italiani sono altrettanto reticenti. Quanto alla logistica: quale punto di ingresso userebbe l'esercito della Nato? Serve un grande porto e l'unico disponibile è Salonicco in Grecia, usato dai britannici e dai francesi nella campagna macedone del 1916-'18. Ma la Grecia, benché parte della Nato, ha simpatia per i serbi; non si può contare su di essa per l'uso ai Salonicco. E anche se ci si potesse contare, c'è il fattore tempo. La forza internazionale ora basata in Macedonia è troppo piccola, con i suoi 12 mila britannici, francesi e tedeschi contro un'esercito serbo che dispone di grandi riserve umane e ha equipaggiamenti a portata di mano. Prendendo a paragone la guerra del Golfo, ci vorrebbero almeno due mesi per trasportare sul posto due divisioni, che sono la minima forza ipotizzabile per difendere se stessa e avere qualche chance di battere i serbi. Se tale forza venisse dispiegata, così costringendo Milosevic a raggruppare le sue truppe per contrastarla, allora la logica dell'attacco aereo tornerebbe attuale. Ci sarebbero bersagli allettanti e granai danni da infliggere. Nel frattempo, con la polizia serba che fruga le valli e le falde della colline del Kosovo, in piena libertà di fare del suo peggio, la Nato e le sue forze aeree operano sulla base della speranza. Copyright: Telegraph Group-La Stampa «Nel Golfo tutto funzionò alla perfezione. Questa volta le cose vanno diversamente» «Il sistema di difesa serbo sembra intatto come la volontà di repressione nel Kosovo»

Persone citate: Clinton, John Keegan, Mason, Milosevic, Tony Mason