Colpiti due ponti sul Danubio

Colpiti due ponti sul Danubio Colpiti due ponti sul Danubio A Novi Sad mezza città senza acqua Fernando Mozzetti BELGRADO dal nostro Inviato Sotto le bombe, purghe nei vertici militari, appelli ai separatisti albanesi perché depongano le armi «prima che sia troppo tardi», intensificarsi del clima di guerra. Dopo pochi allarmi diurni, ieri sera alle 21 nuovo importante allarme, città buia, tende tirate a non far liltare luce, nelle case e negli alberghi. C'è euforia per la cattura dei tre soldati americani, mostrati ripetutamente in Tv, avvenuta in territorio serbo, si sottolinea, e smentendo la Nato sul salvataggio del pilota dell'aereo invisibile abbattuto, se ne proclama la cattura. Ma la tensione cresce e si guarda con apprensione ai ponti in città sul Danubio e sulla Sa va. Per la prima volta gli attacchi Nato hanno colpito infrastrutture civili di funzione anche militare, come appunto i ponti. Nella notte tra mercoledì e giovedì è stato distrutto a Novi Sad, centro industrialmente importante già più volte colpito, uno dei tre ponti sul Danubio. Era chiamato «il ponte vecchio», costruito nel '28, distrutto dai nazisti durante la guerra, poi ricostruito. Esso univa il vecchio quartiere dell'età austro-ungarica, Petrovaradin, ai piedi di un'antica fortezza, abitato da cattolici croati e ungheresi, all'altra parte della città. Lungo di esso scorrevano le condutture dell'acqua. Mezza città rimane ora senza. Anche un secondo ponte sul Danubio vicino a Beska secondo la tv serba Rts - sarebbe stato colpito subendo danni non rilevanti. Altre bombe e missili hanno colpito Pec e i dintorni di Belgrado. Presa di mira anche Gracianica, dove sorge il monastero culla della cultura serba in ricordo della battaglia contro i turchi. Ieri mattina, allarme terminato alle 11, mentre l'inviato del Papa stava per incontrare il presidente della Serbia, ma è ripreso alle 15, poco prima del colloquio con Milosevic. A Belgrado, fonti di un solo ospedale dicono di 8 morti e 22 feriti dall'inizio degli attacchi. Dati precisi non vengono forniti, per «non facilitare il lavoro di intelligence del nemico». La Tv serba annuncia la cattura del pilota dell'F-117: essa dice che è stato scovato in una casa di vacanza in campagna, disabitata, dove aveva trovato rifugio. Ma a differenza dei tre soldati americani catturati l'altro giorno, non lo mostra sugli schermi. Si esaltano i militari e il loro valore, ma cadono le prime teste. E' stato infatti sostituito il comandante del secondo corpo d'armata del Montenegro, e con lui sono saltati altri cinque generali, mentre altri vengono promossi. Dal Montenegro, grido d'allarme del suo presidente, Djukanovic, sul fatto che la sua fragile democrazia possa perdere i legami con l'Occidente appena annodati. «C'è un serio pericolo che il nostro stato possa sparire e bruciare nella violenza». Belgrado e furiosa con questa repubblica riluttante allo stato di guerra. L'armata lancia un appello ai separatisti albanesi perché depongano le armi. «Fatelo adesso, domani sarà troppo tardi. Misure spietate saranno adottate contro coloro che non risponderanno a questo appello, senza nessuna pietà. La Nato non si preoccupa delle vostre donne e dei vostri figli, altrimenti non li bombarderebbe. Si preoccupa solo dell'Uck purché faccia gli interessi Nato». Sono i primi obiettivi civili presi di mira dai raid della Nato Continua l'offensiva nei dintorni di Belgrado

Persone citate: Djukanovic, Fernando Mozzetti, Milosevic

Luoghi citati: Belgrado, Beska, Montenegro, Serbia