«Abbiamo catturato tre invasori Usa»

«Abbiamo catturato tre invasori Usa» La tv serba li ha mostrati coi volti tumefatti, oggi compariranno davanti alla Corte marziale «Abbiamo catturato tre invasori Usa» Washington: è stato un agguato in territorio macedone Giuseppe Zaccaria STARI NAGORICANr dal nostro inviato Qui le montagne sono montagne vere, e gli abitanti del villaggio veri serbi di montagna. E' fra queste forre, intorno a case di povertà medioevale, che l'altro pomeriggio tre soldati americani sono stati catturati dall'esercito serbo. Da questo luogo dimenticato muove la crisi che potrebbe tramutare i bombardamenti Nato in «stato di guerra». L'altro pomeriggio tre militari statunitensi hanno lanciato via radio un allarme: «Siamo circondati, ci stanno sparando addosso». Poi le comunicazioni si sono interrotte, è partita una ricerca con elicotteri ed incursori durata fino a tarda notte. Infine, di prima mattina la conferma che ha gelato la schiena a chiunque si trovi in Macedonia sotto le insegne della Nato. La tv serba - la tv serba di Pristina, le cui immagini venivano rimandate da Belgrado - ha mostrato i tre soldati di Clinton coi volti tumefatti. Sono il sergente Andrew Ramirez, 24 anni, di Los Angeles; il soldato scelto Christopher Stone, 25 anni, del Michigan (è sposato e con un figlio); il sergente Steven Gonzales, 24 anni, texano. «Sono stati arrestati in territorio jugoslavo e hanno fatto resistenza», afferma Belgrado. «Li hanno presi in un agguato avvenuto tre miglia all' intorno del territorio macedone», ribatte la Nato. La Serbia annuncia che saran¬ no trattati come criminali comuni ma che nessuno li maltratterà. Il comandante della Nato Wesley Clark risponde che Milosevic è personalmente responsabile della loro incolumità e che su certe scene, su certi volti gonfi e pieni di lividi i soldati americani hanno «la memoria lunga». Le minacce si incrociano roventi, pensosi commentatori riscoprono la «sindrome iraniana» che colpì gli Stati Uniti ai tempi degli ostaggi di Teheran. Invece, è solo l'inizio di una «sindrome cetnica» che rischia di essere molto più duratura. Prima però di immaginare gli esiti di questa storia, forse è meglio tentare di capire cos'è successo, e per farlo bisogna partire da qui. Da ore il comando Nato di Macedonia si rifiutava di fornire indicazioni precise sui luoghi, i momenti e dunque le responsabilità dell'accaduto. Prima di giungere fin qui, torme di cronisti hanno battuto palmo a palmo le strade di montagna, villaggi albanesi e serbi nel distretto di Pelince. La polizia macedone interroga tutti i montanari che riesce a rintracciare, le fonti ufficiali continuano a dire con puntuale vaghezza che il sequestro è avvenuto «a Nord-Est della città di Kumanovo». Kumanovo è a trenta chilometri più a valle, e in Macedonia rappresenta un po' l'opposta oscillazione del pendolo: la città più serbizzata (non in percentuale ma quanto a spirito) rispetto a Tetovo, ad Ovest di Skopje, roccaforte degli albanesi. E' in questo ambiente che i soldati americani si muovevano, un'area in cui il variare dei sentimenti d'appartenenza è ancora più forte dei capricci delle nuvole. E nella comune nazione macedone. Stari Nagoricani è una sorta di «enclave» serba che guarda con nostalgia ai fratelli rimasti oltre confine. Ecco, il confine: tra queste montagne è difficile dire dove corra. A volte consiste in un sentiero, a volte in un crinale, nessuno ha avuto tempo e mezzi per delimitarlo, visto che fino a pochi anni fa la Macedonia era parte della Jugoslavia. Un locale ha accettato di accompagnarci quando ha capito che ci si poteva esprimere in lingua serba. Qui gli steccati, le siepi di sterpi a tratti delimitano una piccola proprietà, a tratti una teorica linea di Stato, è facile sconfinare per errore. Ancora più facile farlo quando errore non c'è, e la missione consiste nell'osservare i danni prodotti dai missili della Nato. E' un arresto doppiamente imbarazzante, questo. Primo perché i tre soldati americani non avrebbero dovuto essere qui, non nel senso del confine di montagna ma della Macedonia. Ramirez, Gonzales e Stone avevano fatto parte del contin- gente di pace dell'Orni poi disciolto con il concludersi della missione. Erano passati sotto le insegne Nato mentre ancora ufficialmente si discute di cosa fare dell'ex contingente di «Caschi Blu». E poi due o tre sere fa avevano commesso la leggerezza di farsi riprendere dalla «Nbc» in piena attività. L'ufficiale che autorizzò q\ielle riprese oggi probabilmente si prepara ad abbandonare la carriera. Ramirez, Gonzales e Stone nel servizio apparivano come incursori, isolati eroi acquattati sotto una tenda mimetica e pronti, silenziosi come gatti, a penetrare fra le linee nemiche. Facevano parte del quarto reggimento di cavalleria di stanza a Schweinfurt, in Germania. Esperti in attività di «osservazione». Il villaggio di Stari Nagoricani (significa pivi o meno «vecchio luogo dei montanari») oggi appare più rinserrato di come normalmente deve essere. All'ingresso una bellissima chiesa ortodossa è sprangata, dall'unico bar sguardi vecchi di secoli ti osservano con ostilità. C'è una tv nella taverna, è sintonizzata su Belgrado. La prima frase è «Andate via, zingari...». Più tardi, le voci del villaggio racconteranno ili messaggi lanciati ai fratelli dell'altra parte, quando gli americani hanno cominciato a passare troppe volte. Sarà un caso, ma quando compaiono due blindati «Humwce», con le insegne americane, attrezzati per ricognizione, i serbi lanceranno sassi e i soldati risponderanno con spari in aria Adesso la Nato chiede alla Serbia di trattare i tre prigionieri secondo la Convenzione di Ginevra. Belgrado risponde: «La Convenzione si applica solo quando lo stato di guerra è dichiarato». I tre soldati compariranno stamani dinanzi alla corte marziale di Pristina. Un Sos via radio «Siamo circondati ci sparano addosso» poi ore di inutile ricerca nella notte Tre giorni fa erano stati ripresi di pattuglia da una tv Usa (slupmgrtobsenBdrcqmSpctlsAbsd I tre soldati americani catturati dai serbi nell'immagine mostrata ieri dalla televisione di Belgrado (a destra). Sopra Jason Pike (da sinistra) e Steven Gonzales di pattuglia al confine con la Macedonia 3]