La nuova strategia Nato «Un golpe in Jugoslavia» di Manacorda

La nuova strategia Nato «Un golpe in Jugoslavia» La nuova strategia Nato «Un golpe in Jugoslavia» Frane-asce) Manacorda BRUXELLES rial corrispondente La cattura dei tre militari americani al confino tra Kosovo e Macedonia non muterà il corso dello operazioni, assicurano al quartier generale della Nato. Ma la loro sorte si aggiunge al conto già aperto tra il presidente serbo Slobodan Milosevic e l'Alleanza. Milosevic «sarà responsabile della loro saluto», dice il segretario generalo della Nato Javier Solana. E al suo fianco Wesloy Clark, il generale Usa che guida le truppe alleate in Europa, rincara la dose: «Non ci piace come li abbiamo visti e abbiamo la memoria molto lunga por questo coso». La battaglia continua - ò il messaggio dato ieri a Bruxelles da Solana o Clark - o rischia di continuare molto a lungo. «La Nato si fermerà quando lui (Milosevic) si fermerà», dice il segretario generale. «Lo conseguenze saranno sempre più duro - commenta Wesloy - faremo sempre più a pezzi la macchina militare serba». Dopo otto giorni di bombardamenti, di cui - ci si lamenta alla Nato - non si possono ancora vedere in pieno gli effetti sulle forze armate serbe, sembra riprendere quota l'ipotesi di «crack the military», spezzare le gerarchie militari per far cadere U presidente serbo Slobodan Milosevic: nel migliore dei casi significherebbe anche farlo sparire dalla scena eliminando così un motivo di notevole imbarazzo per gh Alleati in qualsiasi futura trattativa. Una pressione crescente applicata all'esercito e alle forze di polizia serbe avrebbe non solo l'effetto di formare la pulizia etnica in Kosovo, ma costringerebbe anche la struttura militare a quello che un diplomatico chiama «un riflesso di sopravvivenza». In questo senso sembrano dirotti ancho gli attacchi previsti ma non ancora effettuati - contro i ministeri di Belgrado, o per usare lo parole della Nato, contro lo strutturo e le unità «usate per programmare, concepire, dirigere o eseguire» la campagna in Kosovo. Ieri lo stesso Clark ha parlato di «ripetuti rapporti, da molto tempo, su problemi che Milosevic sta avendo con la gerarchia militare in Jugoslavia» o ha aggiunto: «Un militare jugoslavo mina detto che questa era l'ultima istitu- zione del Paese che non fosse totalmente sotto il controllo del presidente Milosevic e dei suoi accoliti. Lo vedremo». «Ma penso - è il messaggio rivolto da Clark ai suoi colleghi serbi - che questa istituzione soffrirà sempre di più i danni della pressione che stiamo esercitando su di essa. I suoi leader militari dovrebbero scegliere la strada giusta: formare il trattamento inumano dei loro stessi cittadini o prendere le misure appropriate». Da Londra anche il ministro della Difesa britannico Bobin Cook afferma di avere «no¬ tizie del licenziamento di comandanti militari, forse contrari o turbati dalla pulizia etnica». Il bilancio delle operazioni fatto da Solana e Clark non contiene novità sostanziali. Soddisfatto per gh effetti dei bombardamenti in questa «difficile operazione», il segretario generale sottolinea come la «Nato resta unita e determinata» ed elonca gli obiettivi «immutati» dell'Alleanza: fermare i massacri ùi Kosovo; bloccare l'esodo e far sì che i profughi possano tornare; creare le condizioni per un accordo politico che sia ancora nella linea di quanto previsto a Rambouillet. Più che delle azioni Nato si parla di quelle del nemico. Solana lamenta che gli stessi serbi, con «squadre speciali di demolizione distruggono le case per simulare azioni della Nato», mentre da Bonn il ministro della Difesa Rudolf Scharping sostiene che le truppe di Milosevic avrebbero «svuotato» la città di Mitrovica, 50 mila abitanti. Non è ancora tempo di pensare alle truppe di terra, spiega poi Solana. Arriveranno non per combattere contro i serbi, ma «saran¬ no schierate in Kosovo solo dopo aver raggiunto un accordo di pace» dato che «una forza internazionale è indispensabile per garantire il ritorno dei profughi» Una fase che appare ancora lon tana, visto che lo stesso segretario generale prevede che la cam paglia possa durare ancora svariate Settimane. Anche per questo, ieri sera, dal quartier genera le dell'Alleanza l'iniziativa diplomatica del Vaticano è stata accolta con il solito commento nessuno stop ai bombardamenti se prima la Serbia non si ritira. Voci di malumori e di licenziamenti negli alti comandi «Svuotata la città di Mitrovica» Un soldato jugoslavo sulla torretta di un carro armato