Avvertimento di Belgrado all'Italia di Maurizio Molinari

Avvertimento di Belgrado all'Italia Convocato l'ambasciatore dopo le polemiche sul ruolo dei nostri piloti nelle strategie Nato Avvertimento di Belgrado all'Italia «Siamo amici, ma sappiamo che contribuite ai raid» Maurizio Molinari ROMA Passo diplomatico di Belgrado verso Roma. Il ministero degli Esteri della Federazione jugoslava ha convocato l'ambasciatore italiano a Belgrado, Riccardo Sessa, e gli ha consegnato una «nota» in cui si fa il punto sulle relazioni bilaterali e si sottolinea che le autorità di Belgrado, pur confermando il tradizionale rapporto di amicizia con Roma, sono «ben consapevoli» del fatto che l'Italia ospita in questo momento nelle sue basi militari la maggioranza dei velivoli dell'Alleanza Atlantica e partecipa con i propri aerei e piloti alle operazioni in corso sui cieli della Serbia e del Kosovo. Belgrado insomma ci avverte: sappiamo che siete sull'altro fronte. L'iniziativa della Federazione jugoslava verso l'Italia - l'unico paese Nato del Gruppo di Contatto con cui non sono state rotte le relazioni diplomatiche - viene spiegata da fonti serbe con la necessità di una «messa a punto», in punta di protocollo diplomatico, a seguito alle numerose dichiarazioni pubbliche del ministro della Difesa, Carlo Scognamiglio, di alti gradi militari e di semplici piloti sulla partecipazione attiva dell'Italia all'operazione «Forza Determinata». «Certo siamo amici, ma sappiamo bene quel¬ lo che l'Italia sta facendo anche perché voi stessi lo dite, lo ripetete e i giornali e le tv lo ripetono da giorni» aggiungono le fonti. Come dire: l'Italia per noi non è più solo un Paese tradizionalmente vicino ma adesso anche il territorio-portaerei da dove partono i bombardamenti contro le nostre città. Alle dichiarazioni dei militari ha fatto riferimento ieri anche il sottosegretario alla Difesa, Massimo Brutti, durante una visita alla base aerea di Aviano: «State tranquilli, fate il vostro lavoro ed andate avanti» ma «possibilmente in silenzio» perché una volta che sono state «fissate le caratteristiche dell'impegno militare sulle modalità intendiamo mantenere la massima riservatezza». Secondo quanto trapela da Belgrado nella «nota» consegnata a Riccardo Sessa non sono contenute né esplicite minacce né avvertimenti di rappresaglie diplomatiche o, peggio, militari contro il nostro Paese o i contingenti presenti in Bosnia e Macedonia. C'è però una condanna durissima dell'«aggressione contro il nostro Paese da parte dell'Alleanza Atlantica», di cui l'Italia è il fronte avanzato. Anche il comandante dei gruppi paramilitari serbi Zeljko Ranyatonic - detto «Arkan» e inseguito dal Tribunale per i crimini nell'ex Jugoslavia - ha chiamato in causa il nostro paese: «L'Italia non venga in Jugoslavia con le forze della Nato - ha detto - è meglio se guardate la televisione e fate di tutto per la pace». Il fatto che la «nota» sia stata seguita dalla violenta sassaiola «spontanea» di ieri da parte di civili contro la nostra sede diplomatica in Bircaninova Ulica, fa temere l'emergere di un sentimento di dissenso per il ruolo dell'Italia nell'operazione alleata. Di questo ha parlato ieri Riccardo Sessa a Belgrado nei suoi incontri ripetuti con i rappresentanti del governo, tenendo sempre aggiornate le autorità italiane. «I rapporti fra i nostri due Paesi restano come sono e conserviamo le relazioni diplomatiche ma, certo, noi siamo oggi le vittime dell'aggresione militare della Nato» dice Miodrag Lekic, ambasciatore jugoslavo a Roma. La «nota» ribadisce infine le obiezioni jugoslave in merito al contenzioso sullo status del Kosovo all'origine del conflitto: Belgrado ritiene gli accordi di Rambouillet non il frutto di un negoziato con la delegazione degli albanesi kosovari ma una vera e propria «imposizione» da parte dei mediatori e, in par¬ ticolare, degli Stati Uniti, che mirerebbero a sostenere le aspirazioni indipendentiste dell'Esercito di liberazione del Kosovo. «Fu un vero diktat, non per caso le nostre controproposte al testo che era stato accettato dagli albanesi dopo Rambouillet non furono neanche prese in considerazione quando le presentammo a Parigi, tutto quello che gli americani fecero fu di chiederci di firmare un testo che non accettavamo e che riguardava il nostro territorio nazionale», aggiun- f;ono le fonti serbe protette dal'anonimato. Dopo la consegna della nota a Riccardo Sessa, sta ora alla Farnesina decidere se e come rispondere anche se l'orientamento prevalente sembra essere quello di dedicare ogni sforzo alla ricerca di una soluzione diplomatica della guerra del Kosovo, prestando attenzione a segnah come la proposta di Boris Eltsin per una convocazione ad hoc del G-8.

Persone citate: Boris Eltsin, Carlo Scognamiglio, Massimo Brutti, Miodrag Lekic, Riccardo Sessa