Il 740 del donatore di Stefano Bartezzaghi

Il 740 del donatore CONSENSO Al TRAPIANTI SUL MODULO FISCALE Il 740 del donatore Stefano Bartezzaghi SILENZIO-ASSENSO, va bene. Ma cosa dovrà fare chi, alla fine, i suoi organi se li voglia tenere (diciamo così) stretti anche post mortem? Fa un atto notorio? Ferma un carabiniere per la strada? Si fa tatuare un simbolo sulla pelle (Non Oltrepassare Proprietà Privata)? La nuova legge sulla donazione degli organi rallegra molto chi intenda disporre della propria dotazione naturale finché dura, e poi via, senza formalità. Ma allo stato attuale chi non voglia consentir tacendo (ci sono anche quelli) non ha alcuna indicazione pratica sul da farsi. La notizia di ieri è che c'è chi ha cominciato a pensare al problema, e non è un problema dà poco. Le soluzioni prospettate prevedono di usare come canali per raccogliere le dichiarazioni di obiezione i documenti pubblici. Non sono poi moltissimi: c'è l'iscrizione a scuola e alla Lista di leva, per ora solo maschile. C'è il certificato elettorale e c'è, e qui l'appassionato prova un brivido, il modello 740. In fondo si tratta già della dichiarazione delle «persone fisiche»: che dichiarino anche cosa fare per quando fisiche non lo saranno più. Ma per quanto abbia una sua capziosa ragion d'essere l'idea non pare ottima. Il 740 stava diventando meno pauroso, sul modello televisivo dove i quiz difficili non vanno più e i partecipanti ottengono un «aiutino». In questo delicato avvicinamento alla normalità, un'allusione alla donazione d'organi potrebbe rovinare tutto. O facendoci franare nell'umorismo dell'«occhio della testa», del «ci vuole un bel fegato» e del «ti chiedono una mano e ti prendono anche il rene». Oppure collocando la già dolorosa cerimonia delle tasse in un contesto spettrale e splatter. Un contesto in cui si mescolano prelievi anatomici ed espianti fiscali: «Eri polvere, tornerai polvere, ma intanto paga l'Irpef».