In principio era Pesach

In principio era Pesach In principio era Pesach Gli ebrei e la cena per ricordare la loro libertà LTORINO / AGNELLO, le uova di cioccolato, le grandi pulizie in casa che tradizionalmente J precedono (precedevano) la celebrazione? Tutte eredità cristiane di Pesach, la Pasqua ebraica cominciata ieri sera, e che va avanti per una setlimana. Oggi vedrà le famiglie riunile intorno alla cena, che ne è il fulcro. Oggi e anche domani, perché per gli ebrei della diaspora la celebrazione si ripete due volte. Al centro del tavolo ci sarà il piatto rituale che racchiude la simbologia dell'evento: il pane azimo, cioè non Levitato, l'osso dell'agnello, le erbe amare ed eventualmente anche dolci, la marmellata secca chiamata haroset, e l'uovo sodo. E' lui, simbolo della vegetazione, della natura che rinasce ma anche della durezza della schiavitù in Egitto e della ciclicità, l'antenato di tutte le uove di Pasqua occidentali. Così come le pulizie hanno la loro radice nella laboriosa attiviti» casalinga che precede Pesach: bisogna essere certi che venga rimosso tutto ciò che può provenire dallo fermentazione della farina di cereali, e per prudenza anche ciò che potrebbe provocarla. La casa va ripulita da cima a fondo, in omaggio al precetto religioso che impone di consumare a Pasqua solo pane azimo, e il lavoro culmina con una caccia al tesoro a lume di candela, quando i bambini cercano e trovano le ultime briciole di pane che verranno poi bruciate. Prepararsi alla Pasqua è un lavo- ro ed è anche una festa. E' impegnativo. Ed Elena Loewenthal, studiosa e traduttrice (e anche autrice di un libro sulla cucina ebraica. Buon Appetito. F.lia!. edito da Baldini & Castoldi, che ha avuto un ottimo successo), «ruba» un po' di tempo agli elaborati preparativi per raccontarci la sua Pesach, che con variazioni secondario è simile, oggi, in tutto il mondo dove vi siano comunità ebraiche, La festa che sancisce la fine della schiavitù in Egitto e il lungo viaggio verso la Terra promessa attraverso il Mar Rosso è soprattutto festa di identificazione, cara ai devoti e ai laici. «Ha una fortissima carica di identità, basata sul dialogo tra le generazioni. Ci si siede a tavola e si legge l'Haggadah», che è il «racconto di quel che è avvenuto» e si sviluppa attraverso domande e risposte. Comincia il più giovane, risponde il piti anziano. E' un modo di ragionare su se stessi, sulla propria storia, per cui «anche le famiglie non religiose tendono a celebrarlo con intensità». Festa di libertà e di grandi chiacchiere (secondo un diverso elimo della parola Pesach, che significa innanzi tutto «passaggio»), la Pasqua ebraica mette in scena le generazioni: «1 bambini chiedono, i nonni rispondono, le età di mezzo stanno a guardare. Se si pensa che gli ebrei per sopravvivere hanno assunto la coscienza di se stessi come anelli di una catena, si vede come la Pasqua sia essenziale per ribadire questa trasmissione». Poi, dopo un'oretta, si mangia. Ma la cena «vera» è legata olle impostazioni religiose (il pane azimo, il piatto rituale) e anche, parallelamente, alle tradizioni famigliari. Il menù «piemontese» ò questo: piatto forte non è l'agnello, ma un polpettone di tacchino bollito e chiuso nella sua [ielle. Ha un nome vernacolare: «quaiette 'il pitu». Provate a cercare pelle di tacchino nei supermercati, e vi accorgerete clie non è una passeggiata. Vena preceduto da un minestra a base di pane azimo; con polpettine e uova. Ma potranno esserci altre varianti, legate sempre a particolari storie «locali». Come per esempio (niella dello sviscerato amore - tutto italiano - per la pasta, (ili ebrei italiani, per aggirare il divieto alimentare, hanno inventato nei secoli una vera leccornia. «Al contrario dei più religiosi, i nostri ebrei sostengono che sia lecito usare la farina, a patto di bandire ogni possibilità di fermenta/ione Quindi fanno una pasta composta solo di farina e tante uova, la stirano, la tagliano a Lriangoloni, la mettono in forno e in un secondo tempo la bollono. I lriangoloni si chiamano "foglietti" e sono deliziosi». Con lo stesso criterio si fanno dei biscotti, gli «zuccherini». A che prezzo... «Sì, la cucina di Pasqua e veraniente laboriosa, salvo naturalmente che in Israele, dove si trova di tutto, comprese delle magnifiche azime ricoperte di cioccolato». Laboriosissima. Ma ne vale la pena «E' la festa del passaggio», Passaggi religiosi, rituali, storici. «Anche l'ultima cena di Gesù era un "seder" pasquale. Seder significa sein| plicemente ordine. L'ordine della cena». Glie prevede, finito il pasto, di riprendere la lettura dell'Haggadah, e poi di cantare. Si intona l'Hadgadja, resa da Angelo Branduardi una canzone di successo col titolo Alla fiera dell'Est. 1 versi, semplici e rimati, ricordano come tutto si riconduca a Dio. La Pasqua, a questo punto, non è ancora finita. «Dipende dai "seder", il nostro è abbastanza libero. Comunque in genere si ricordano le vittime dell'Olocausto, e si conclude con l'augurio: l'anno prossimo a Gerusalemme. Ma anche cantando l'Hatikwah, che è l'inno di Israele, ed è un'usanza ormai abbastanza diffusa». Senza dimenticare lo «straniero». A tavola c'è normalmente un posto (o un bicchiere di vino) in più, per il profeta Elia che dovrà annunciare il Messia. E a un certo punto si apre la porta di casa: «Perché lo straniero, qualunque straniero, potrebbe chiedere di entrare». Mario Baudi no

Persone citate: Angelo Branduardi, Baldini, Castoldi, Elena Loewenthal, Mario Baudi

Luoghi citati: Egitto, Gerusalemme, Israele