«Oltre il confine della morte la sofferemo non esiste più» di Daniela Daniele

«Oltre il confine della morte la sofferemo non esiste più» GIROLAMO SIRCHIA £ LA PAURA DELL'ESPIANTO «Oltre il confine della morte la sofferemo non esiste più» Intervista ■ L trapianto è argomento B tabù. Che ne pensa Girolamo B Sirchia, presidente del Nord Italia Transplant? «E' vero. Parlandone si è, inevitabilmente, costretti a riflettere sulla morte, su quella cosa che abbiamo sotterrato, giù in fondo, e che ritorna a galla. Il primo impatto con il problema dei trapianti è, sicuramente, psicologico». E il secondo? «Riguarda, più direttamente, la paura della sofferenza. Ha che vedere con il terrore di dover provare sofferenza durante l'eventuale espianto». In verità, s'è più volte sentito dire che non esiste un netto confine tra la vita e la morte e che, anzi, la morte non è un evento, ma piuttosto un processo, neanche tanto veloce... «Certo. La morte non è un evento. Ma la scienza ha chiarito che quando interviene la morte celebrale non c'è più vita. Quando il cervello dà quei segni, vuol dire che non c'è più speranza di vita». E quindi non c'è sofferenza? «Esatto». Un assunto che trova, comprensibilmente, ancora molte resistenze. Non crede? «Sì, è vero. Ed è molto difficile far comprendere al pubblico il punto di vista della scienza. Di sicuro, s'è visto che la pubblicità, nuda e cruda, non funziona. Tant'è vero che in Spagna, per esempio, ormai da molti anni, si sono abbandonate le campagne pubblicitarie e si sono attivati dei numeri verdi per chi vuol saperne di più. E pare abbiano dato buoni risultati». Ritiene, dunque, la legge soltanto un primo passo verso la cultura dei trapianti in Italia? «La legge, per essere sincero, mi ha create più perplessità che cortezze. Non coglie il nodo della trapiantologia nel nostro Paese che non è, come vorrebbe il legislatore, il consenso». Che cos'è, allora? «La mancanza di strutture nel Sud. Tant'è vero che al Centro-Nord le cose funzionano abbastanza bene. Bisogna far crescere il Meridione, in mezzi e in uomini. E poi c'è il mancato comvolgimento delle famiglie dei donatori: un errore madornale». Spieghi perché. «Non si possono escludere, prendendo por buono il solo assenso del donatore. Bisogna comunicare con le famiglie, costruire insieme la donazione. E' vero, legalmente non potranno fare nulla, ma la ricaduta di un atto sentito come obbligato potrebbe essere ben più grave di un'azione legale, spingendo più persone a dichiararsi per il no:). Quanti sono, in Italia, in attesa di trapianto? «Circa ottomila». Professore, non crede che sarebbe bene fare anche qualcosa per la prevenzione, per evitare di dover, un giorno, ricorrere ai trapianti? «Sono perfettamente d'accordo. Questa ò una nota dolente. La no¬ stra sanità è tutta basata sugli ospedali. I medici non sono portati a investire sulla prevenzione. Del resto, tutta la facoltà di medicina e impostata in questo modo: l'Università viaggia per contro proprio, slegata dalla sanità. La prevenzione nasco da un buon medico di famiglia, che conosce bene i suoi pazienti, che ha strutture vabde a disposizione Piutroppo, dobbiamo fare i conti con l'insipienza di chi studia i sistemi sanitari». Lei crede che, con la nuova legge, i trapianti verranno intensificati? «No, non lo credo. Da'/vero, non vedo quale possa essere il meccanismo capace di determinare mi aumento del genere. Gli investimenti che servirebbero, in malta, non ci sono. E senza potenziamento delle strutture...». Daniela Daniele «Ma certo non sarà la legge a far salire le donazioni»

Persone citate: Girolamo B Sirchia

Luoghi citati: Italia, Nord Italia, Spagna