DA CALTANISSETTAA PALERMO IL GRAN RIFIUTO DI TINEBRA di Francesco La Licata

DA CALTANISSETTAA PALERMO IL GRAN RIFIUTO DI TINEBRA IL TOTO-EREDE DA CALTANISSETTAA PALERMO IL GRAN RIFIUTO DI TINEBRA DCALTANISSETTA ALLA procura di Palermo rimbalzano le notizie più contrastanti: sì, no, forse, Caselli va, non va, cede alle pressioni dei «suoi» che lo sollecitano a restare. L'unica cosa certa sembra, invece, che il procuratore di Palermo non ha ancora deciso. Ha tempo per farlo ed è sicuro che si prenderà tutte le pause che saranno consentite. In pratica: non si saprà nulla prima del mese di giugno, quando è previsto il termine ultimo per rispondere al ministro, dopo essersi guardato intorno ed aver valutato i prò e i contro del trasferimento. Oggi, tuttavia, la percentuale a favore di un «ripensamento» di Caselli viene data come non superiore al 15 per cento. Chi, invece, si dice sicuro di quello che vuole è Gianni Tinebra, procuratore di Caltanissetta, accreditato come concorrente quasi imbattibile alla poltrona «palermitana», un passato di qualche «frizione» coi colleglli della «capitale sicula» a causa del ruolo di «giudice dei giudici palermitani» che l'art. 11 del codice gli assegna, essendo Caltanissetta competente per i procedimenti a carico dei magistrati di Palermo. Già, e di cosa è sicuro Gianni Tinebra? Il procuratore non intende rilasciare interviste, né chiarire o spiegare. Tuttavia non trova difficolta a dichiarare testualmente: «Non ho alcuna intenzione di fare domanda per la procura di Palermo, nel caso se ne dovesse andare Giancarlo Caselli. Credetemi, non mi passa neppure per l'anticamera del cervello: è l'ultima cosa a cui penso». E perché mai, una simile, ostentata, avversione per gli uffici giudiziari palermitani? Tinebra, come ha anticipato e posto per condizione, non vuole dire altro. Accampa motivazioni diverse, si rifugia nella «necessità di osservare un po' di silenzio, specialmente di fronte ad avvenimenti ancora in evoluzione». E a Caltanissetta mostrano di credere ai propositi del procuratore. D'altra parte non è la prima volta che Tinebra, decisamente, afferma di non aspirare alla procura di Palermo. Anche oggi fa di tutto per dimostrare di voler rimanere fuori da ogni gioco, preferendo restare al suo posto. Esisterebbero almeno tre «buoni motivi» che inducono il capo della procura nissena a non abbandonare la postazione occupata con qualche successo. Primo: il magistrato, intanto, ha sempre fatto intendere di aver concentrato i propri interessi, anche in termini di camera, più nella zona orientale della Sicilia (abita a Catania) che in direzione di Palermo, città che ha sempre sentito come «estranea». Secondo*: dovrebbe' lasciare incompiute una serie di inchieste che sono ormai quasi a compimento. Per esempio quella sulla strage di via Pipitone Federico che costò la vita al consigliere istruttore Rocco Chinnici, a due carabinieri della scorta ed al portiere dello stabile. Ma l'inchiesta più interessante riguarda i cosiddetti «mandanti occulti» della strage Borsellino. Le indagini sono a buon punto e l'attenzione degli investigatori sembra essersi concentrata sulla pista delle collusioni nella gestione degli appalti pubblici. Terzo: una certa incomunicabilità coi colleghi palermitani. Nessuno fa mistero delle divergenze di vedute tra i due uffici. Proprio l'inchiesta Borsellino è oggetto di simili frizioni. Una sorta di ping-pong a distanza ha più volte evidenziato insanabili dissidi con la interpretazione dei magistrati palermitani che, a proposito del movente prospettato da Caltanissetta, non esitano a definirlo «minimalista». Ma la partita a scacchi è appena all'inizio e la successione a Caselli certamente riserverà più di un colpo di scena. Francesco La Licata

Persone citate: Caselli, Giancarlo Caselli, Gianni Tinebra, Rocco Chinnici, Tinebra

Luoghi citati: Caltanissetta, Catania, Palermo, Sicilia