Un giorno davanti a Telemilosevic di Giuseppe Zaccaria

Un giorno davanti a Telemilosevic Un giorno davanti a Telemilosevic Danni delle bombe, insulti alla Nato, share alle stelle ----- ,. SKOPJE DAL NOSTRO INVIATO La guerra vista dall'altra parte ha colori Che virano dal pastello al seppia, zoppica su inquadrature un po' sbilenche ma raggiunge uno share del cento per cento. Questa è la «Srpska Radio Televisja», la rete ufficiale di Belgrado, organizzazione alquanto scalcagnata che nel bombardamento mediatico sovrapposto a quello vero tenta di proporre al mondo la voce dei serbi. Non è un granché, né dal punto di vista tecnico né tanto meno da quello informativo. Una lunga campagna di repressione ne ha fatto l'unica voce del Paese, dopo che radio e tv indipendenti sono state ridotte al mutismo. Eppure, schiacciata com'è dalla propaganda globale del nemico, comincia a catturarsi all'estero come una voce dall'isola, il messaggio che arriva in bottiglia. Ammesso che una guerra possa apportare qualche vantaggio, sul piano interno Telemilosevic sta riscuotendo il maggior successo della sua storia. Fino a pochi mesi fa i serbi la disprezzavano come voce manipolatoria del regime, adesso la seguono come una sorta di Radio Londra slava. Lo spiritaccio belgradese l'ha già ribattezzata «Si-Enne-Enne» - dove la «S» sta per serba - e dal sarcasmo in questo caso sembra affiorare una sorta d'affetto. Oggi i notiziari si aprono con le immagini della «festa» in piazza della Repubblica - solo due anni fa, nello stesso luogo, trecentomila persone cantavano per la fine del regime - e la protesta degli jugoalbanesi, che lanciano insulti dinanzi all'ambasciata americana. Dal giorno della prima incursione, la tv lavora a reti unificate, con interruzioni ogni ora per notizie «flès» e telegionali ogni due. Ieri le immagini dell'incontro tra Milosevic e Primakov sono passate 63 volte sui tre canali e adesso, sul te della sera, il faccione del Presidente continua a dominare la scena. C'è anche Clinton, lo si è visto apparire più volte nel corso della giornata. Si odono soltanto le prime parole del suo discorso, poi alla voce del nemico si sovrappone quella dello speaker jugoslavo. Dice che l'America nazista continua la selvaggia aggressione ma comincia a rendersi conto che il popolo serbo resisterà. Non si capisce se a lanciare la previsione sia lo stesso Clinton, la marmellata informativa è assoluta ma in qualche modo specu¬ lare al folle rincorrersi di voci sulle tv occidentali. «L'aggressione criminale continua, ma le reazioni del mondo si infittiscono...». Se si parla di Londra o Parigi si vedono immagini fisse che paiono cartoline, ma questo solo per un problema di mezzi economici: le sequenze delle proteste pacifiste in Occidente, invece, sono state acquistate. L'anchorman della tv serba si chiama Milorad Komrokov, è un omaccione bruno dall'aria decisa, dal punto di vista fisico non ha nulla da invidiare a Brend Saddler, inviato d'area della Cnn. Quanto alla Christiane Amanpour locale, le cose peggiorano decisamente. Il ruolo dovrebbe spettare a Lijbjana Milanovic, finta bionda che ha il difetto di apparire un po' grassottella e impacciata, però è moglie del direttore. Viene da Nis, parla con un accento strano, è come se da noi lo speaker del telegiornale riferisse le cose con forte accento calabrese. «I neonazisti continuano a bombardare le nostre città, a distruggere monumenti...». Sulle reti occidentali l'immagine non è mai passata: mostra l'antico monastero di Grecanica, in Kosovo, sventrato dalle bombe. Per i serbi l'emozione è pari a quella che colse noi tutti di fronte allo sbriciolarsi degb affreschi di Assisi. La cultura ortodossa è stata prodotta e custodita li, per secoli. Scorrono sequenze di rifugiati: sono albanesi, si trovano (o si trovavano) nei campi del Kosovo che la Cnn definisce «lager» e la tv serba «centri di accoglienza». Nelle immagini trasmesse da Belgrado gli albanesi ricevono cibo e assistenza e la «Pristina che brucia» è quella colpita dalle bombe Nato. Da ogni città giungono video amatoriali che mostrano le devastazioni della fabbrica di Kragujevac, la casa colpita a Pec, la stalla distrutta da una bomba che molto «intelligente» non doveva essere. Un tempo la «Srpska Radio Televisiva» si distingueva anche per una robusta tendenza al pecoreccio, donne prorompenti e molto svestite apparivano sovente negli stacchi pubblicitari come nei videoclip;;. Le reti private che fiancheggiano il Capo - «BK», dei miliardari fratelli Karic, «Palma», appartenente al partito di Milosevic, «Pink», proprietà di quello della moglie, «Kosava», diretta dalla figlia Maria - facevano anche di peggio. Tutto questo non c'è più, la biondona discinta che faceva pubblicità alla lotteria nazionale («può cambiarti la vita...») è svanita col sopraggiungere di altre prospettive di cambiamento. I film sulla guerra partigiana sono finiti: per stasera è in programma «Sesso e potere», quello sul presidente americano che inventa una guerra per distogliere l'attenzione del Paese da uno scandalo sessuale. Fra un notiziario e l'altro gli spazi sono invasi da documentari sulle bellezze del Paese, esecuzioni di musica classica, canti patriottici e funerei dibattiti sulla «bestiale violenza americana» o sul «tradimento francese». Un barbuto intellettuale, nel tardo pomeriggio dice: «Durante la Seconda guerra mondiale i serbi salvarono settecento piloti americani precipitati coi loro caccia. Adesso i figli di quei piloti bombardano i tìgli di chi soccorse i loro genitori...». Se si può azzardare una scala del disprezzo, dopo Stati Uniti e Inghilterra un odio speciale sembra riservato alla Francia, l'alleato storico, l'antico riferimento culturale. Oggi è il Paese dei traditori. Per l'Italia nessuna menzione, se si esclude il continuo ricorrere della parola «Aviano». Forse è un bene. Giuseppe Zaccaria

Persone citate: Christiane Amanpour, Clinton, Karic, Milorad Komrokov, Milosevic, Primakov