Mandare j malines? Mai, forse, probabile

Mandare j malines? Mai, forse, probabile LO STATO MAGGIORE USA DI FRONTE ALL'EVOLUZIONE DEL CONFLITTO Mandare j malines? Mai, forse, probabile I dubbi del Pentagono dopo una settimana di raid aerei analisi CW WASHINGTON ™ E' molta preoccupazione al Pentagono. Una settimana di bombardamenti contro la Serbia non ha fermato Slobodan Milosevic. La repressione in Kosovo è terribile. I kosovari muoiono o fuggono. Chilometro dopo chilometro le truppe speciali della polizia di Belgrado, le famigerate Mup, «ripuliscono» il territorio da ogni presenza albanese. Sulle montagne ci sono 30 mila guerriglieri dell'Uck male armati e presto mia forza di 20 mila soldati serbi, con 400 carri armati e almeno 350 fra veicoli corazzati per il trasporto delle truppe e pezzi di artiglieria, si abbatterà su di loro. Milosevic, se mai ci saranno trattative, si presenterà al tavolo del negoziato con la parte migliore del Kosovo in mano (miniere, monasteri, memorie religiose e patriottiche dell'antico spirito serbo). E otterrà una tripla vittoria: non avrà ceduto alla Nato, avrà sterminato i nemici kosovari, potrà conservare ai serbi una buona fetta del Kosovo. In tal modo gli obiettivi della Nato, devastare l'apparato militare serbo per impedire ogni offensiva militare in Kosovo non saranno stati raggiunti. Fare in fretta Di tutti questi argomenti si discute al Pentagono, si riflette al Dipartimento di Stato e si ragiona alla Casa Bianca. Si tratta di correre contro il tempo, visto che Milosevic rischia di raggiungere i suoi obiettivi prima degli Stati Uniti e della Nato. Come lamenta il generale Wesley Clark, comandante della Nato, «non si può fare una azione di polizia soltanto dai cielo». I bombardamenti non hanno fermato i serbi La fase uno si è limitata a danneggiare («in maniera non certo irreparabile», ha confessato il generale Spasoe Smiljanic, comandante dell'aviazione serba), le difese aeree, alcune basi di missili terra aria, le comunicazioni e i magazzini di missili, armi e munizioni. La seconda fase si è concentrata sull'apparato militare serbo in Kosovo, con fuso di aerei anticarro A-10 Warthog. La terza fase ha di nuovo puntato alle zone attorno a Belgrado, colpendo basi e aeroporti, fabbriche militari e caserme. La quarta prevede il bombardamento dei ministeri della Polizia e della Difesa e di altre strutture repressive, col rischio evidente di colpire anche i civili. L'ultimo atto potrebbe intimidire Milosevic e ridurlo a miti consigli. Ma non sembra probabile visto l'accanimento di queste ore contro i kosovari. Se Milosevic non si fermerà nonostante l'escalation (è dai tempi del Vietnam che non si sentiva più questa parola) la Nato dovrà esaminare altre opzioni, prima fra tutte l'impiego della forze di terra. Nell'autunno scorso se ne era parlato al comando generale, ma in seguito l'ipotesi fu scartata. Ora è riapparsa nelle analisi degli esperti. Il primo a parlarne è stato Henry Kissinger: «Dobbiamo prendere tutte le misure necessarie, addirittura l'uso delle forze di terra, se è il solo modo per fermarli». Poi il generale Norman Schwarzkopf, l'eroe della guerra del Golfo: «Non c'è altra strada per fermare Milosevic». Seguito da Colin Powell, ex capo di stato maggiore della Difesa: «Milosevic sarà sempre in vantaggio finché non saranno utilizzate le forze di terra». All'unisono il presidente Bill Clinton, il segretario generale della Nato Javier Solana e il ministro della Difesa americano William Cohen hanno escluso ogni possibilità di impiegare truppe. Tutti e tre sostengono che i bombardamenti, sempre più precisi e devastanti, contro la struttura militare serba alla fine avranno la meglio. I risultati si vedranno però nel lungo periodo, quando i kosovari saranno morti o in esilio. Nei prossimi giorni la pressione umanitaria, le critiche della stampa americana, le posizioni del Congresso, spingeranno inevitabilmente la Casa Bianca, sempre molto attenta agli umori della pubblica opinione, a riflettere sull'opzione forze di terra. L'amministrazione Clinton ama l'uso delie tecnologie avanzate in combattimento ma rifiuta l'ipotesi di perdite umane. Sente ancora l'incubo di Mogadiscio, subisce le conseguenze psicologiche della fallimentare spedizione militareumanitaria in Somalia. «Ma quando ci si imbarca in queste avventure come il Kosovo - spiega il senatore repubbbeano John McCain, prigioniero in Vietnam per cinque anni, eroe di guerra l'obiettivo primario non può essere solo l'incolumità delle proprie forze, ma il raggiungimento dei traguardi tattici e strategici». Intervenire Nelle conversazioni private e negli incontri alla Casa Bianca il capo di stato maggiore della Difesa, il generale Hugh Shelton, prevede che per «operare» in Kosovo siano necessari almeno 200 mila uomini e 50 giorni di preparazione. Le truppe Nato, composte da soldati di tutti i 19 Paesi, dovrebbero ammassarsi in Macedonia, così come nella guerra del Golfo si radunarono in Arabia Saudita. Militari e materiali potrebbero arrivare per via aerea, ma soprattutto attraverso il porto greco di Thessalonika. Una sola strada porta dalla Macedonia al Kosovo e i serbi l'hanno già minata. La via per Pristina costerà carissima alla Nato, avvertono tutti gli esperti. Dice Lami Kass del National War College: «I serbi si batteranno come dei leoni, sarà un combattimento molto duro». Molti analisti, come accadde nel 1990 con l'Iraq, tendono a sopravvalutare la forza dell'esercito serbo, super addestrato alla guerriglia ben armato e molto motivato. Il generale William G.Carter e l'ammiraglio Leighton W. Smith dissentono e spiegano: «Le truppe di Milosevic sono meno forti di quel che sembra». Anche il professor John Keegan, uno dei massimi studiosi della seconda guerra mondiale e analista militare fra i più attenti, ha scritto sul Daily Telegraph che lo scontro fra la Nato e i serbi non sarebbe così disastroso per gli alleati. Secondo Keegan i tempi dei partigiani di Tito che umiliavano la Wehrmacht sono lontani. Le forze di terra Nato hanno infatti un addestramento superiore, sistema di informazioni incomparabile, copertura aerea micidiale, armamento ipersofisticato, capacità di interrompere ogni via di comunicazione fra il Kosovo e la Serbia e quindi di isolare e distruggere l'armata di Milosevic in Kosovo. La stagione primaverile e l'estate dovrebbero poi favorire l'operazione. «Se non ora, quando?», si chiedono i kosovari. Al Pentagono, per il momento, non sanno dare alcuna risposta né offrire alcuna alternativa alle bombe. Cario Rossella e j malines? Mai, forse, probabile Pentagono dopo una settimana di raid aerei UNGHERIA Novi Sod #11 OBIETTIVI COLPITI J^, Bau aeiee Basi dell'esercito o delia poluia speciale Deposi'- di munizioni o di carburante 1 Belgrado . VICENZA BOSNIA ERZEGOVINA « f Kroguievoc Vall?vo^ SERBIA \ Kraljevojk. q- s Utice Trs1enik<pj' ^ *R JU0OSLAVA -»jWkKiujuml.,o , MONTENEGRO" - atexianilovorad '^GIosovoc^JP-' ■ ^PÓdgWo VKOSOVO I I) Priirenówi» ALBANIA )J Pancevò ROMANIA <rusevac I Pristina Urose^flc^^j MACEDONIA ROMANIA La maggior porte delle difese antiaeree serbe sono orientate verso Ovest. I raid aerei iniziali' della Nato sono arrivati a sorpresa dall'Est, e per alcuni attacchi viene ancora usata questa rotta BULGARIA LEGENDA siti militari jugoslavi A BASI ESERCITO • BASI AEREE E CONTRAEREE valutazione dei danni MODERATI DISTRUTTO ROMANIA La maggior porte delle difese antiaeree serbe sono orientate verso Ovest. I raid aerei iniziali' della Nato sono arrivati a sorpresa dall'Est, e per alcuni attacchi viene ancora usata questa rotta BULGARIA LEGENDA siti militari jugoslavi A BASI ESERCITO • BASI AEREE E CONTRAEREE valutazione dei danni MODERATI DISTRUTTO