ROSTROPOVIC, LA LEGGENDA di Leonardo Osella

ROSTROPOVIC, LA LEGGENDA PERLA RAI ROSTROPOVIC, LA LEGGENDA Ciaikovskij, Shostakovic e il pathos di Saint Saèns STISLAV Rostropovic, un nome leggendario, che l'Orchestra della Rai avrà come direttore nel prossimo concerto al Lingotto (attenzione alle date: martedì 30 marzo il concerto è per la serie blu e quindi ha inizio alle ore 21, giovedì replica per la serie rossa alle 20,30). Rostropovic da anni sale sul podio delle più grandi orchestre del mondo, anche se la sua originaria attività è stata quella di violoncellista. E siccome il primo amore non si scorda mai, il violoncello farà ugualmente la sua trionfale comparsa nelle due serate grazie a Enrico Dindo, classe 1965, torinese, nato da una famiglia di musicisti, che ha vinto proprio il Concorso Rostropovic di Parigi. La pagina prescelta è il «Concerto n. 1 in la minore op. 33» di Camillo SaintSaèns: Dindo la dedicherà a Giovanni Camerana, che con lui condivise la passione per il violoncello e l'ammirazione verso Rostropovic. Dopo il «Terzo Concerto per violino» ascoltato nei giorni scorsi, SaintSaéns riappare con questa pagina canea di pathos (eloquente la frase iniziale del solista, che ha come unico preambolo un secco «strappato» dell'orchestra). Sono due ampi tempi in «Allegro ma non troppo» inframmezzati da un delizioso «Allegretto con moto», che richiama un minuetto settecentesco rivisitato con il gusto un po' salottiero di 125 anni fa, quando il Concerto venne composto. Il programma della serata vede l'opera di Saint-Saèns incorniciata fra due capolavori della letteratura russa. Per cominciare, 1' Ouverture Fantasia «Romeo e Giulietta» che Ciaikovskij scrisse e rimaneggiò in più fasi, dedicandola a Mikhail Balakirev e conciliando tre elementi così sintetizzati nel documentato libro di Claudio Casini e Maria Delogu: «Il rispetto della forma sonata; la sintesi del programma mediante pochi spunti caratteristici; l'impiego articolato della grande orchestra». La serata si chiuderà con una delle sinfonie più riuscite di Dmitrì Shostakovic, la «Decima in mi minore op. 93». E' articolata in quattro tempi, dei quali il primo, pres- soché perfetto, muove da un clima di desolazione piuttosto tipico del compositore russo. Di inaudita violenza, nella sua concisione, è 0 secondo tempo «Allegro», che Ferruccio Tammaro definisce appropriatamente «feroce»: vera o no che sia la testimonianza di Vladimir Stasov, secondo la quale qui il musicista avrebbe tracciato un ritratto di Stalin, il breve brano è un'esplosione di brutalità pura. Il terzo e il quarto movimento nascondono un inciso di note che, nella scrittura letterale alla tedesca, si leggono «D. Sch.»: sono le iniziali del compositore, il quale appone così alla grandiosa sinfonia anche il sigillo di una orgogliosa affermazione individualistica, un gesto liberatorio in tempo di «disgelo» dopo il periodo più truce della dittatura sovietica. E sempre la Rai propone domenica 28 alle 10,30 al Piccolo Regio l'appuntamento cameristico con i suoi archi e belle pagine di Barber, Bach, Mozart e Britten. Leonardo Osella

Luoghi citati: Parigi