E IL MEDITERRANEO SCATENO' IL DILUVIO

E IL MEDITERRANEO SCATENO' IL DILUVIO E IL MEDITERRANEO SCATENO' IL DILUVIO Due geofisici americani abbattono i miti UN certo punto il Dio mesopotamico Enlil non ne potè più degli uomini: erano troppo rumorosi e gli davano tremendamente fastidio. Allora si rivolse ai suoi celesti colleghi e disse: «Il vociare degli uomini mi è diventato insopportabile. A causa del loro strepito non riesco neppure a dormire». Il parlamento divino si riunì e decretò all'unanimità il Diluvio universale. Oh potente, benevolo e misericordioso Enlil, porgi ancora il tuo sensibile orecchio a questa povera Terra, assordata da strepitanti ciarlatani, politici, predicatori, risuolatori di coscienze, miglioratori del mondo, filosofastri, pagliacci di vario tipo e perfino cretini fosforescenti! Urge assolutamente un nuovo Diluvio universale e a questo puoi provvedere solo tu. Il mito del Diluvio è vecchio come il mondo e lo si trova in diverse religioni, comprese quelle più antiche. Nel secolo scorso fece enonne scalpore la scoperta che nell'Epopea di Gilgamesh c'era una descrizione del Diluvio ben pili antica di quella della Bibbia. Ma se ne parla anche nella mitologia indiana, cinese e perfino in quella dell'America precolombiana, il che dimostra che l'uomo, in qualsiasi epoca, sotto qualsiasi cielo e a qualsiasi latitudine, rivela, in fondo, sempre le stesse ansie e le stesse paure. E' proprio quello che dice un frammento di Petronio: «Primus in orbe deos fecit timor (fu la paura a creare per prima gli dei nel mondo)». Così s'invertono le parti: non gli Dei hanno creato l'uomo, ma viceversa. Ora, però, gli autori di questo libro, che sono due bravi geofisici americani, danno una spiegazione scientifica del Diluvio. Lasciando le favole ai teologi, essi si servono dell'oceanografia, della climatologia, della paleontologia e di altre scienze collaterali, come la genetica e la linguistica; e tracciano un quadro ancora più apocalittico di quello dell'Epopea di Gilgamesh e della Bibbia. La loro tesi è questa: migliaia di anni fa il Bosforo non era che un stretta vallata, attraverso la quale l'acqua dolce dell'antico Mar Nero scorreva verso il Mediterraneo. Ma l'innalzamento del livello degli oceani, dovuto allo scioglimento dei ghiacciai dopo l'ultima era glaciale, portò ad una drammatica inversione di quel (lusso, allorché il Mediterraneo, con una forza pari quattrocento volte a quella delle cascate del Niagara, si riversò attraverso lo stretto nel bacino del Mar Nero. Tutto questo sarebbe avvenuto sette o otto mila anni fa. Diamo la parola agli autori, che oltre agli strumenti scientifici sanno maneggiare anche la penna: «La fiumana del Bosforo ruggì e ribollì senza tregua per almeno tre secoli. Probabilmente il punto e il momento della sua nascita violenta ebbero testimoni diretti. Altri, comunque corag- giosi, accorsero per vedere il suo mostruoso deflusso. Chiunque la vide, sicuramente conservò l'agghiacciante immagine della furia e della potenza di quella sinuosa irruzione di acqua salata. Possiamo immaginare la fiumana come il mostruoso e interminabile serpente che, dopo aver attraversato la stretta gola, continuava ad avanzare tortuosamente, mugghiando e sprizzando dalla bocca infuocata getti di spruzzo come di fumo, distruggendo tutto ciò che incontrava sul cammino, fino a versare l'estranea e mortale acqua salata nelle sottostanti acque dolci. A un certo punto, senza causa apparente, il deflusso attraverso il Bosforo rallentò e la superfìcie del Mar Nero raggiunse il livello di quella del Mare Egeo». La memoria di quel cataclisma, che in seguito farà parte dell'Epopea di Gilgamesh, sarebbe stata tramandata dai pochi uomini sopravvissuti, i quali avrebbero anche diffuso la civiltà agricola nel Medio Oriente. Non che ci si debba a tutti i costi lasciar impressionare dalla parola scienza, che oggi molti pronunciano con le narici allargate; ma l'ipotesi dei due americani è affascinante e plausibile nello stesso tempo. Del resto che altro, se non una forza naturale, potrebbe scatenare un diluvio? I miti crollano. I capitoli più appassionanti del libro sono i primi, dove con stile sciolto e fluente si narrano le scoperte meravigliose di Nimrud, di Ninive e di altri luoghi archeologici della Mesopotamia. Io li ho visitati uno per uno, quei luoghi, e sono ancora pieno di stupore per ciò che vidi: mura millenarie, bassorilievi finemente scolpiti, statue gigantesche e altre venerande vestigia. Fu come se un mondo favoloso affiorasse improvvisamente dal deserto. Duale potente impressione esso avrà l'atto sugli archeologi che per primi lo disseppellirono? Nessuno di essi era archeologo. A iniziare gli scavi fu il torinese Paolo Emilio Motta, figlio dello storico Carlo Botta. Trapiantato in Francia, fu nominato prima console francese ad Alessandria d'Egitto e poi, nel 1842, a Mosul, dove fu travolto j dalla passione per gli scavi. Poi arrivarono gli inglesi, ma anch'essi non erano archeologi di professione, bensì diplomatici, addetti militari o viaggiatori. Gli specialisti li chiamerebbero sprezzantemente dilettanti, ma questa boria non serve a niente: Lichtenberg dice che le grandi scoperte sono sempre state fatte proprio dai dilettanti. Anche Schliemann, lo scopritore di Troia, era un dilettante. In questo libro ci sono molte cose che scuotono, ora paurosamente ora romanticamente, la fantasia del lettore: il Mediterraneo che si riversa, come in una scena del Dies irai', attraverso lo stretto del Bosforo e distrugge lutto; il Danubio che viene per cosi dire respinto indietro; il Diluvio descritto dall'Epopea di Gilgamesh; e infine la vita avventurosa e affascinante di quegli archeologi improvvisati, che riportarono alla luce una civiltà millenaria. Come non ammirare Henry Creswicke Rawlison, ufficiale della Compagnia delle Indie, che si arrampica su alta rupi; per decifrare una iscrizione incisa sulla roccia? La traduzione, purtroppo, lascia spesso a desiderare. Però non me ne meraviglio, visto che le traduzioni vengono pagate miseramente. E pensare che tradurre bene un libro costa a volte più fatica che scriverlo. Anacleto Verrecchia Servendosi delle moderne scienze tracciano un quadro ancora più apocalittico di quello che presenta la Bibbia

Persone citate: Anacleto Verrecchia, Carlo Botta, Henry Creswicke Rawlison, Lichtenberg, Paolo Emilio, Primus, Schliemann

Luoghi citati: Alessandria, America, Egitto, Francia, Indie, Medio Oriente, Mesopotamia, Mosul, Ninive