QUANDO SALGARI DIVENNE AMICO DI BUFFALO BILL di Oreste Del BuonoGiorgio Boatti

QUANDO SALGARI DIVENNE AMICO DI BUFFALO BILL QUANDO SALGARI DIVENNE AMICO DI BUFFALO BILL Un incontro che gli servì per la saga sul West i UANTO sono distanti le prate- "^^^ rie americane dalla Pianura PaMM toeì dana? Tant0< troppo forse: eppu- §R M re Emilio Salgari con i suoi libri BB BA ambientati nel Far West è riu- fifl scito, nella nostra adolescenza, EH sSm a portarci tutti là, a farne un BB luogo percorso dalla nost ra fan ^Bk Èm tasia, territorio comune e condi- JBr viso da generazioni di italiani ^^^^^^1^ come se l'avessero calcato coi loro piedi. BB Ricordate? Le immense prate- ^E^^^, rie percorse da sterminate mandrie di bufali, l'odore del santi ll l fi di i iidi gue delle bestie macellate, la ferocia di scontri senza misericordia, la drammatica tensione degli eroi salgariani che sfuggono ad un incendio che li minaccia da ogni parte rifugiandosi all'interno del tronco - cavo - di una millenaria sequoia. Ce la faranno i nostri eroi a salvarsi? Sì, certo che ce la faranno. Quello che non sapevamo - quando ci lasciavamo catturare dalle pagine di Emilio Salgari - era che quelle saghe del Far West lo scrittore veronese, un bel po' di anni prima di affidarle ai suoi romanzi, le aveva sentite raccontare dalla viva voce di uno dei protagonisti: Buffalo Bill. Un incontro ricostruito da un prezioso libretto intelligentemente pubblicato dall'editore veronese Pierlui gi Perosini. Quando Buffalo Bill, ovvero William Frederick Cody, durante la sua lunga tournée europea fa tappa a Verona per mettere in scena il suo «Wild West Show», Salgari allora cronista del quotidiano L'Arena - non ha certo bisogno di documentarsi per sapere vita e miracoli di quello che è, ormai, un mito vivente. Nato nel 1B46 (morirà nel 1917) il colonnello Cody è l'uomo che ha cavalcato per cinquecento chilometri senza mai mettere piede a terra. Balzando cosi dicono - di cavalcatura in cavalcatura e di sella in sella sino a raggiungere la meta, dopo aver sfiancato ben ventidue cavalli. Ma questi, naturalmente, erano solo gli esordi. Come succintamente scrive Salgari, in una delle suo corrispondenze veronesi dell'aprile del 1890, Buffalo Bill fu «vaccaro, conduttore di diligenza, portatore di dispacci (pony express) quando non vi erano nel Grande Ovest le ferrovie. Fu in seguito conduttore degli emigrati, guida del generale Sidney nella spedizione di Utah, capo di esploratori incaricati di proteggere le costruzioni ferroviarie e fornitore di carni degli operai occupati nella costruzione della ferrovia Kansas-Pacifico. Fu a quel tempo che in una sola stagione uccise 4862 bufali! Combatté - continua Salgari - moltissime volte contro i pellirosse e fu in uno di quei combattimenti, durante la guerra del 1876, che uccise il capo Mano- Gialla con un colpo di fucile in pieno petto e che poi... scotennò, ossia gli levò la capigliatura con un colpo di coltello». Particolare orrido. Però serve a Salgari per aggiungere immediatamente che il nipote di Mano-Gialla fa parte della carovana del «Wild West Show» e questo dovrebbe aggiungere tensione alla messa in scena dello spettacolo al quale partecipano cento indiani, cento tiratori, cacciatori, cow-boys e cavallerizzi nonché duecento animali tra i quali ci sono bufali selvaggi e muli. Bisogna dire che il ventiset- tenne scrittore veronese - già piuttosto conosciuto avendo pubblicato sulla rivista milanese «La Valigia, giornale illustrato di viaggi» le quattro puntate de / selvaggi della Papuasia nonché, sulla Nuova Arena di Verona, La rosa del Dong Giang e la 'rigre della Malesia - s'impegna generosamente per promuovere il successo dello spettacolo. Tanto che i tratti con cui, più volte nei suoi articoli, va a delineare il protagonista dello show («grande cacciatore di bufali, intrepido cavalcatore di cavalli indomiti, formidabile tiratore di carabina...») sembrano fare concorrenza alla stessa pubblicità del circo. Un'attività promozionale all'americana, assolutamente nuova per le abitudini italiane di quei tempi, e agli abitanti di Verona sembra di vivere, per qualche giorno, in un'altra città tanto le mura ( lei le abitazioni e le piazze sono fitte di striscioni, bandiere, manifesti coloratissimi, pieni di immagini esotiche. Sono le stesse tecniche pubblicitarie che hanno imposto l'immagine di Buffalo Bill a folle immense: come quelle di Londra, quando si è esibito nel 1887 in occasione del giubileo della Regina Vittoria, o di Parigi, durante la Prima Esposizione del 1889. Quasi a contraccambiare lo zelo con cui narra ai lettori de L'Arena l'arrivo del circo - giunto in città con una serie di treni speciali che l'hanno già condot¬ to in giro per l'Italia, da Napoli a Roma, da Bologna a Milano al giornalista veronese viene concesso di partecipare in modo quasi diretto a quello che è il momento centrale dello spettacolo: la simulazione dell'attacco alla diligenza da parte degli indiani e il successivo e salvifico «arrivano i nostri». Impersonati, ovviamente, da Buffalo Bill e dai suoi ragazzi. Davanti all'Arena straripante di folla s'arriva dunque al momento dell'andata in scena. Nei posti da tre lire (i migliori, mentre i secondi posti sono venduti a due lire e i terzi, nei popolari, a una lira e si parla di un incasso complessivo a spettacolo di quindicimila lire) prendono posto le gentildonne dell'aristocrazia veronese nonché il generale Planell, personaggio che qualche ruolo ha giocato nelle vicende risorgimentali e che coglie l'occasione per indossare la nuova divisa da generale, da poco modificata da un decreto reale. Si va dunque per cominciare: prima - racconta Salgari - «la lotta tra cavalieri e cavalli che fu bellissima, ma la vittoria rimase ai primi... Qualche cow-boy cadde ma non si fece male a quanto ci parve. Meschina - aggiunge - la caccia ai bisonti che ci parvero molto fiacchi. Malgrado le grida degli indiani e i colpi di fucile di Buffalo Bill, se la prendevano con molto comodo quei villosi ruminanti».Quindi è il momento dell'entrata in scena di Salgari che con un collega prende posto nella diligenza: «una corriera sventrata, tutta bucata dalle palle, tirata da sei bollissi mi muli del Texas». «Dentro presero posto due nostri redat tori - scrive su L'Arena - che ne uscirono assordati dai colpi di fucile e di pistola che gli indiani tiravano proprio dentro le por tiere e ammaccati da trabalzi di quella celebre e malandata car cassa». Assordato e ammaccato Salgari corre in redazione : stendere per i lettori del quoti diano il resoconto dello spettacolo. Anni dopo, nello scrivere la sua saga del West, attingerà ad ampie mani a quanto ha visto, e provato, durante lo spettacolo. Capace, ancora una volta, di rendere la finzione ancor più verosimile della real tà. Oreste del Buono Giorgio Boatti boatti@venus.it Buffalo Bill durante la tournée europea del suo «Wild West Show»