SHAKESPEARE
SHAKESPEARE SHAKESPEARE ARECecinema mquel teatro J : „U: .' r-v a ■ r/-rrnr £g 9Hyr de richiamo esercì DA LEGGERE .J : „U: .' IL grande richiamo esercì tato da Shakespeare in love sul pubblico più disparato (e premiato con sette Oscar) ha acceso in molti spettatori varie, tutte motivate, curiosità sul drammaturgo e sulla vita teatrale del suo tempo. Il film, va detto, rifugge deliberatamente dalla verità sto rica. E' un delizioso pastiche metateatrale (lui e la sua bella recitano, senza pa rere, certi rapinosi passi da Romeo e Giulietta): e ciò dobbiamo al commediografo Tom Stoppard, cooptato alla y ' ' sceneggiatu- J"i ra. D'altra parte, varii particolari realistici, di cui il gio co del «teatro nel film» è intessuto, sono rispondenti, in qualche misura, a verità. Insomma, siamo a mezza strada tra scrupolo documentario, finzione sfrenata, e «finzione nella finzione»: un bel grattacapo, a prenderlo sul serio. Ma lì, al cinema, occorre divertirsi e basta: e poi ricorrere, in libreria, ai nostri migliori studiosi, che hanno negli anni sfornato preziosi strumenti critici, sia come sintesi sia come monografie. Cito Melchiori, Lombardo, Fagnini e, tra gli scomparsi, Baldini e D'Agostino: ma ne lascio troppi nella penna e con tutti mi scuso pubblicamente. Grazie alle loro ricerche possiamo, senza riscriverci all'università, imparare a distinguere ìngu à de tra i pochi lacerti di verità docu mentata e la gran marea di leggende sul Bardo, tutte menzognere. Apprenderemo, ad esempio, che Shakespeare non fu affatto ;arzone macellaio, non fu certo racconiere, non morì papista, e probabilmente non rubò le grazie d'una bella al suo primattore. Richard Burbage, pronunciando la celebre battuta: «Guglielmo William) il Conquistatore precede Riccardo III» (ruolo che l'attore allora recitava)... Se fu bisessuale, ciò non era infrequente ai suoi tempi (e neppur oggi, se molti fossero sinceri): comunque ai suoi Sonetti, capolavoro della Urica manieristica europea, non importa nulla d'esser nati dal supposto triangolo autore - W.H. (William Herbert?) - Dama Bruna (Mary Pittori o l'ex veneziana Emilia Lanier?). Figlio d'una agiata proprietaria terriera, Mary Arden, e di John, sindaco (baili]}) di Stra- tford, Willie, nato il 26 aprile 1564, studia sodo, sposa a scopo riparatore Anne Hathaway (lei venticinquenne è incinta di lui, diciottenne). In giovinezza forse insegna latino in famiglie «bene» della campagna, loro tramite forse contatta i conti di Derby, protettori d'attori. Nell'autunno 1592 il drammaturgo Green attacca «quel Johannes factotum», che si crede il solo «agitascene (Shakescene) del paese». E' il Nostro, che ha già al suo attivo tre, quattro drammi. Nel 1595 è già tra gli attori pagati dal Lord Ciambellano: è e resterà sempre la sua compagnia, i Chamberlain' Men, che nel maggio 1603 passeranno sotto l'ala del re, Giacomo I Stuart, e saranno i celeberrimi King's Men (lui recita poco e molto scrive). Nel 1599 ha firmato con alcuni dei suoi un contratto per ristrutturare il teatro Globe (quello che si vede nel film) nel 1609, con altri sette colleghi ricompra per rifarlo il convento dei Blackfriars (quello del banchiere Calvi, si licet), che diventa la loro nuova sala, più aristocratica e meno grande. Ogni volta che ha un gruzzolo, Willie compra beni immobili, e sempre a Stratford, il paese che ha nel cuore: una bellissima casa, New Place (1597), 5 ettari di terreno coltivabile ( 1602), una parte di fattoria (1605) per 440 libbre, che gliene frutta 38 all'anno. Vita impoetica, forse: ma il più grande poeta teatrale d'ogni tempo è uno che nella vita guarda al sodo. Nel marzo 1616 rifà testamento, per tutelare le figlie: una felice, Susan, sposa a un bravo medico, una infelice, Judith, sposa ad un vinaio fornicatore. Muore ricco, da buon borghese, il 23 aprile 1616, a 52 anni. Invece, è «poetica», cioè passionale e avventurosa, l'esistenza dei suoi avversari, quella dei suoi attori e concorrenti, sempre tra dispute e rivalità, che il film fa intravedere con vari arbitrii. L'irascibile Ben Johnson gli rimprovera la debordante immaginazione («Sufflaminandus erat», cioè: «Avremmo dovuto spegnerlo»). Christopher Marlowe, morto a 29 anni in una rissa d'osteria, affida i suoi rari capolavori agli Admiral's Men, gli attori bravissimi protetti dal Lord Ammiraglio, Charles Howard, e gli incassi dei «nostri» talvolta vacillano. Poi ci mettono lo zampino i «falchetti», compagnie di attoriragazzi (10-14 anni), usciti dai cori delle scuole di Westminster o della cattedrale di St. Paul, che tra il 1600 e il 1608 mettono in scena con grande successo snobistico prolissi drammi romanzeschi di Chapman, Middleton e Webster. I King's Men s'appellano a Willie, e lui di botto sforna Amleto (dove si parla non a caso dei «giovani predatori»), Otello, Re Lear e Macbeth. Nel film non si parla di un italiano, anzi di un astigiano (su cui Luigi Firpo, mai abbastanza lodato, la sapeva lunga): Giovanni Florio, nato in Inghilterra da protestanti italiani rifugiati. Compilò un dizionario italo-inglese, tradusse e pubblicò nel 1603 i Saggi di Montaigne (e Re Lear e La tempesta se ne nutrono). E' probabile che tante delle vicende italiane, reinventate da Shakespeare, gli siano state suggerite dal nostro Giovanni. Guido Davko Bonino Nelfilm che ha vinto 7 Oscar manca l'italiano che avrebbe spesso ispirato il grande Bardo Un buon borghese che nella vita badava al sodo, bollato come un agdascene HAKESPEARECecinema mquel teatro : „U: .' r-v a ■ r/-rrnr £g 9Hyr richiamo esercì Shakespeare in pubblico più di(e premiato con car) ha acceso in ttatori varie, tutate, curiosità sul turgo e sulla vita del suo tempo. 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Luoghi citati: Inghilterra, Stra, Stratford
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