Come affrontare la globalizzazione di Mimmo Candito

Come affrontare la globalizzazione VERTICE DI ECONOf L'era della «regulation» Come affrontare la globalizzazione Reportage SANTIAGO DAL NOSTRO INVIATO Nei saloni quieti, morbidamente silenziosi, della Cepal, che per conto delle Nazioni Unite accompagna da qui la difficile storia dell'America I-itina, filtra ben poco di tutto il terremoto che in queste settimane scuote il subcontinente. Il terremoto è sicuramente politico, e rischia di far traballare le ancora incerte forme locali di democrazia, con il golpe mancato del Paraguay l'altro ieri, e poi ora la mezza crisi presidenziale argentina, e la deriva populisti! di Chàvez in Venezuela, e di Banzer in Bolivia; ma è anche un terremoto economico, con il drammatico ripiegamento dello sviluppo brasiliano (che fa, da solo, la metà della ricchezza sudamericana), l'Ecuador ormai sul bordo della bancarotta, e poi la inusuale flessione del sistema-Cile ch'era abituato a crescere da 10 anni a un tasso co¬ stante tra il 6 e il 7 per cento. Se si guarda la mappa del continente, insomma, dal Rio Grande fino alla Terra del Fuoco, non c'è quasi un Paese che possa essere considerato fuori dalla buriana delle crisi; e là dove non è l'instabilità politica, o la tensione finanziaria, a turbare il recupero di queste vecchie, e carenti, società posteuropee, ci ha pensato allora Madre Natura a chiudere il conto, con la furia incontrollabile dell'uragano Mitch, che ha travolto l'intero Caribe. Eppure, nella Cepal non manca affatto la propensione a spendere un primo giudizio di ottimismo, «di moderato ottimismo», come puntualizza il segretario esecutivo José Antonio Ocampo. In questi giorni, sono a convegno qui alcuni dei più celebri economisti ed esperti finanziari del mondo, chiamati a un seminario che Cepal e Istituto Jacques Maritain hanno convocato sul tema «La globalizzazione dei mercati finanziari e i suoi effetti nelle economie emergenti». Ed è proprio da questi scienziati dell'economia (nordamericani, inglesi, svizzeri, francesi, italiani, oltre che sudamericani) che vien fuori un'a¬ nalisi che ha già messo via i timori di un'America Latina travolta dalla crisi asiatica e dal ripiegamento brasiliano. «Sappiamo bene che ci saranno comunque altre crisi», spiega Ocampo, ma l'assorbimento dei traumi finanziari in questi Paesi si è rivelato assai più rapido che al tempo delle crisi russa e asiatica. Però la novità che la lezione dell'ultimo shock monetario va introducendo nello strumentario degli analisti è che l'attenzione degli istituti finanziari mondiali - primo tra tutti il Fmi - debba cambiare di fuoco, e spostarsi dal campo delle soluzioni di una crisi a quello, invece, della gestione dello sviluppo. Appare ormai evidente, insomma, che gli interventi di aiuto e di sostegno ex-post hanno alla fine un costo più elevato che non una politica preventiva, di amministrazione solidale della crescita. E questo seminario sta denunciando la gravità del l'asimmetria tra «un mondo finanziario sempre più sofisticato, ma instabile, e le istituzioni che dovrebbero regolarlo». La globalizzazione dell'economia e dei mercati borsatili ha mutato la faccia del nostro mondo, travolgendo le vecchie abitudmi e stracciando le vecchie ricette; ma, diceva ieri Ocampo, e il presidente del Cile, Eduardo Frei, lo applaudiva con convinzione, questo mondo così cambiato «non ha saputo ancora costruire istituzioni appropriate per la globalizzazione finanziaria». Il risultato è stato drammaticamente evidente in molti Paesi dell'America Latina, dove i rimedi dettati dal Fmi e dalla Banca Mondiale hanno avuto spesso effetti collaterali disastrosi anche perché - spiegava ieri il segretario dell'Istituto Maritain, Roberto Papini «contengono un alto indice di tossicità, cioè vengono ingurgitati a dosi troppo elevate». E questo accade per colpa di un'analisi che considerava le crisi, e «le tragedie umane e politiche che le accompagnano», come un accidente inevitabile della evoluzione dell'economia. «Invece è ormai diffusa la consapevolezza che è la finanza a muovere l'economia reale, e non viceversa», diceva Papini. E citava come negli ultimi anni il peso delle transazioni cartacee abbia superato di ben 12 volte il volume totale dei trasferimenti di beni materiali. I poteri politici del pianeta cominciano ad avvertire la necessità di una fase più appropriata alla regolamentazione dello sviluppo globale, e il G-7 e il Fmi vanno attualizzato ora l'agenda del Nuovo Ordine Economico. Ma il ritardo nell'aggiornamento degli strumenti d'intervento finisce per far pagare alle economie più deboli, quelle dei Paesi in via di sviluppo, il costo di questa arretratezza culturale; e la ricerca ossessiva di benefici nel mercato finanziario globale rischia di travolgere definitivamente le priorità sulle quali si è costruito nel tempo il «modello sociale europeo». In un continente segnato in piofondo dal dibattito tra cultura marxista e dottrina sociale della Chiesa, questo seminario trova radici salde. Tutti i partecipanti accettano l'idea che il mondo sia di fronte a una sfida, nella quale occorra ricomporre il corpo della politica con il dovere dell'etica. Chiamano questa ricomposizione «rarchitettura di un nuovo sistema economico mondiale». Mimmo Candito

Persone citate: Banzer, Eduardo Frei, José Antonio Ocampo, Ocampo, Papini, Roberto Papini

Luoghi citati: America, America Latina, Bolivia, Cile, Paraguay, Venezuela