TINEBRA E PERO GRASSO, UNA GARA TRA L'IMPERTURBABILE E IL MODERATO di Francesco La Licata

TINEBRA E PERO GRASSO, UNA GARA TRA L'IMPERTURBABILE E IL MODERATO GLI EREDI DI -l'EXXA BL4NCA» TINEBRA E PERO GRASSO, UNA GARA TRA L'IMPERTURBABILE E IL MODERATO EPALERMO adesso? Che ne sarà della Procura che lascia Gian Carlo Caselli? La domanda è forse un tantino prematura, visti i tempi previsti per la «svolta». Eppure soltanto di questo si parla a Palermo negli ambienti interessati alle indagini del Palazzo di Giustizia (le «guardie» ma anche i «ladri») e negli stessi corridoi di piazza Vittorio Emanuele Orlando. La successione a «Penna Bianca» così i palermitani chiamano il procuratore torinese mai completamente «metabolizzato» - rappresenta un vero evento per la città. Speranze, aspettative, rancori ed anche - ovviamente - riconoscenza, sono sentimenti che si mescolano e concorrono ad immaginare quale possa essere il «candidato migliore». Nessuno, com'è comprensìbile, si avventura in un pronostico dichiarato. Ma nel segreto dei dibattiti ristretti i nomi che fanno capolino sono due: Giovanni Tinebra, attualmente capo della Procura di Caltanissetta, e Piero Grasso, uno degli aggiunti di Piero Luigi Vigna alla «Superprocura» di via Giulia, a Roma Se si dovesse dar credito ai tamtam palermitani, si dovrebbero concedere più chances a quest'ultimo Se è vero che sei anni fa era stato ritenuto idoneo dal Csm, ma gli fu preferite Caselli perché ritenuto meno coinvolto nel china dei veleni palermitani. Anclie se la candidatura di Tmebra, uomo impenetrabile ed abilissimo a mascherare gli umori, si presenta di un certo peso, seppure presentata, in passato, dallo stesso magistrato come distante dalle proprie aspirazioni. Ma, queste, sono reazioni vecchie e - soprattutto - registrate quando la partenza eh Caselli appariva molto lontana, se non addirittura improbabile. Se non ci saranno colpi di scena ulteriori, e la corsa a quell'ufficio giustifica qualsiasi accadimento (l'estate della battaglia Meli-Falcone è un buon esempio), la scelta coinvolgerà questi personaggi che sono due protagonisti della stagione delle grandi inchieste, seguita alle stragi del '92 e del '93. Tinebra ha portalo a compimento le indagini sugli attentati di Capaci e via D'Amelio. Piero Grasso sta seguendo il filo rosso che lega la strategia stragista di Cosa Nostra alla ricerca della mente unica che le accumuna agli interessi di mandanti oscuri. E' «vecchio» del mestiere, Piero Grasso, malgrado l'apparenza giovanile. Non tanto «vecchio», pera, da poter contrastare i requisiti di anzianità del procuratore Tmebra. Ma può vantare una «storia» di tutto rispetto. Grasso è arrivato alla soglia dei 55 anni dopo aver percorso le lunghe tappe della storia del «Palazzaccio» di Palermo, Era già sostituto procuratore quando il «capo» era Giovanni Pizzillo, magistrato all'antica che considerava la malìa conio una sorta di bande eliminali senza nessuna capacità di penetrazione nel tessuto sociale e nelle istituzioni. Ed era proprio questa «filosofia» che faceva dire ai giovani sostituti di allora, Grasso, ma anche Sciaccliitano o Signorino, che «battere la malìa equivaleva a l'are la rivoluzione» La protesta, tuttavia, non e nello corde di Piero Grasso Poche interviste, nessuna vocazione per il clamore, grande capacita di concentrazione. K moderazione, abitudine a parlare coi fatti. E' nato a Licata, ma è palermitano di adozione. Figlio di un funzionario del Comune, sembra aver assmiilato alla perfezione l'insegnamento di personaggi alla Falcone, di cui è stato amico e collaboratore. Scuole medie presso i salesiani del Don Bosco, liceo al «Meli». Laurea a 21 anni, magistrato a 24: il più giovane d'Italia. Poi pretore a Barrafranca, quindi la Procura di Palermo Certo, quelli non erano tempi di grandi lotte. Eppure qualcosa si cercava di fare, aggirando le manovre insabbiatorie. Per esempio l'inchiesta sulla costruzione della diga Garda, che era in pratica il primo tenUilivo di portare alla luce le collusioni politiche in favore dei cugini Ignazio e Nino Salvo. Grasso fu pubblico ministero. Indagò miche sull'assassinio del presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella. Poi arrivò il maxiprocesso di Giovanni Falcone e Grasso fu tra gli artefici, da giudice a latore e regista occulto. L'amicizia con Falcone andò oltre. Così Grasso fu chiamato al ministero di Grazia e Giustizia. I due palermitani si capivano e meraviglia. Ecco, la «palermitudine». Viene indicata come la dote migliore per traghettare la Procura di Palermo verso tuia fase più serena, dopo sei armi di frenetica attività emergenziale. La scelta, tuttavia, non può essere soltanto di natura etnica Anche perché l'altro concorrente, Tinebra, ha nel suo cantiere dei buoni «colpi» da sparare. Per esempio il fatto di non essere sgradito - per una certa cautela di comportamenti - anche allo scliieramento garantista. Francesco La Licata

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